Giorgio de Chirico, «Bagnanti sopra una spiaggia», 1934

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Giorgio de Chirico, «Bagnanti sopra una spiaggia», 1934

Le muse che hanno ispirato gli artisti tra Otto e Novecento

A Roma, la Galleria Russo compie un viaggio nell’iconografia del femminile a partire da una coppia di opere di grande significato: il ritratto della «Principessa di Beaumont» di Sargent e la donna senza nome di Antonio Mancini

Presso la Galleria Russo, dal 21 febbraio al 13 marzo, 55 opere d’arte realizzate nei più svariati idiomi espressivi tra ’800 e ’900 danno corpo alla mostra romana «Ninfa e Musa. Un secolo del femminile nell’arte». A curarla è Daniela Fonti, con l’idea di perseguire un fil rouge al contempo classico e moderno, fondamentalmente senza tempo. 

Il viaggio nell’iconografia del femminile prende avvio con una coppia di opere di grande significato: il ritratto della «Principessa di Beaumont», del 1884, di John Singer Sargent e la donna senza nome tratteggiata a pastose pennellate e vivide luci da Antonio Mancini qualche anno dopo, ovvero un ritratto aristocratico e un ritratto popolano. Plasmata nella cera nel 1895 (e fusa nel 1928) è la «Femme à la voilette (Impression de bolulevard)» di Medardo Rosso, capolavoro della plastica atmosferica dell’artista italiano di Parigi, un’opera in cui, secondo le parole della curatrice nel testo in catalogo Gangemi, «egli seppe restituire quell’impressione di un volto o di una figura che si fissa nella mente oltre lo sguardo di un istante e diventa una sorta di ritratto interiore». Il genio di Duilio Cambellotti è illustrato in mostra da una varietà di opere, rappresentativa della sua proteiforme e inarrestabile inventiva: cartelloni pubblicitari, cartoni per vetrate liberty, sculture, disegni. Altro artista ampiamente rappresentato, con opere futuriste e figurative, è Giacomo Balla. Preziosi i disegni del 1904, in cui elabora i dettagli de «La pazza» (1905), ora in collezione Gnamc-Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Di Boccioni, un vibrante e vitalistico «Ritratto di bambina» del 1911, una vera perla (rara perché poco nota) della poetica a filamenti di luce-colore di ascendenza divisionista, ma con un’energia già proto-futurista.

Poche linee bastano ad artisti come Matisse, Derain, Donghi e Marino Marini per campire sul foglio fattezze di donna, che in Modigliani si fa cariatide, in uno studio del 1910-14. Nell’olio «Nudo di schiena» (1921-22) di Felice Casorati e in «Bagnanti sopra una spiaggia» di de Chirico (1935), un corpo muliebre si distende per tutta l’opera, nell’esaltazione luminosa dell’epidermide. Nel Ritratto di Margherita Sarfatti tratteggiato a pastello e tempera su carta da Mario Sironi nel 1916, «la signora delle arti» e raffinata intellettuale è colta in un atteggiamento di fuggevole sorriso che ne fotografa l’anima. Con pennellate pastose che scavano nella forma Carlo Levi e Fausto Pirandello scolpiscono con luci e ombre i loro nudi. Alberto Savinio attinge invece al lato fantasmagorico dell’inventiva umana, immaginando, per la sua «Nascita di Venere» del 1950, un orroroso quanto ironico ibrido di uomo-animale-mostro. Tra un Severini futurista e uno figurativo, il «Ritratto della sorella» di Achille Funi si rivela opera esemplare di quella modernità che fa sua la profondità e la poesia dell’antico, come in Carlo Socrate e in Arturo Martini. Per tutti la figura di donna fu motivo formale, emblema, mito, realtà, sogno. Ovvero, «ninfa e musa».

Guglielmo Gigliotti, 18 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Le muse che hanno ispirato gli artisti tra Otto e Novecento | Guglielmo Gigliotti

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