Veduta della mostra di Remo Salvadori

Cortesia della Galleria Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio.

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Veduta della mostra di Remo Salvadori

Cortesia della Galleria Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio.

Le opere vibranti di Salvadori

La mostra milanese è strettamente connessa al passaggio dei visitatori che «attivano» il percorso


 

Fuori, in corso Monforte, il traffico convulso e la fretta concitata della quotidianità milanese; dentro, nel salone candido della Galleria Christian Stein, la pace, il silenzio, la quiete. È una sensazione immediata di armonia con sé stessi e con il mondo, un’emozione sacrale, in una dimensione panteistica di fusione con il tutto, quella che avvolge chiunque entri in questo spazio di Palazzo Cicogna, non tanto per «visitare» quanto piuttosto per entrare in connessione con la personale di Remo Salvadori (visibile fino al 22 febbraio). Tutto, qui, converge verso l’opera posta al centro dello spazio: quattro grandi campane di vetro rovesciate, colme d’acqua fino all’orlo (ognuna intitolata «Lente liquida»), tutte della stessa altezza ma di diametri diversi, circondate dal grande cerchio di treccia di ferro di «Continuo infinito presente» posato sul pavimento. Un altro cerchio più piccolo, d’oro questo, e modellato a mano, a simboleggiare l’assoluto, è posato sull’orlo delle campane, connettendole fra loro.

«Nel momento» (2024) di Remo Salvadori. Cortesia della Galleria Christian Stein, Milano. Foto Agostino Osio.

Ogni passo, ogni movimento dei visitatori genera una vibrazione, un’increspatura, un «trasalimento» dell’acqua, che talora trabocca lievemente, «come un pianto più o meno leggero», scrive Sergio Risaliti nel suo testo, mentre il grande cerchio di «Continuo infinito presente», che abbraccia le campane, allude a quel tempo circolare che gli antichi simboleggiavano con l’Uroboro, il serpente che si morde la coda. Tutt’intorno, alle pareti, sette opere di metalli (alchemicamente) diversi, tutte formate da lamine di forma quadrata, ripiegate secondo rapporti numerici rigorosi, a loro volta emettono vibrazioni luminose diverse, in relazione con le vibrazioni della superficie acquea delle «Lenti liquide». Oggi questo approccio al reale, non più fondato su quella razionalità illuminista che ha guidato lungamente la nostra cultura, bensì innervato dal «pensiero magico», praticato per millenni in tante culture del mondo e fondato sull’interconnessione armonica tra micro e macrocosmo, è tornato in grande voga (supportato per altro anche da principi della fisica quantistica), ma Remo Salvadori se ne avvale sin dal 1974, dando vita a opere per così dire «iniziatiche», che scaturiscono tutte dall’identica matrice quadrata pur senza ripetersi mai, comunicando di volta in volta messaggi differenti, sempre benefici. La mostra da Christian Stein (la sedicesima dell’artista in galleria, prima a Torino poi a Milano) coincide temporalmente con la personale di Salvadori con cui Building celebra i suoi sette anni di vita, riallacciandosi (in un tempo circolare, appunto) alla mostra dello stesso artista con cui questa galleria milanese si inaugurava nel 2017.


 

Ada Masoero, 14 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Le opere vibranti di Salvadori | Ada Masoero

Le opere vibranti di Salvadori | Ada Masoero