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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliMilano si prepara a un nuovo appuntamento con la grande arte: il 13 novembre, la sede di Pandolfini Casa d’Aste in via Manzoni accoglie la vendita di Arte Moderna e Contemporanea, anticipando il consueto calendario autunnale. Un catalogo di straordinario interesse, che attraversa l’intero Novecento con opere di Picasso, Botero, de Chirico, Burri, Guttuso, Turcato, Ligabue, Campigli, Casorati e altri protagonisti di primo piano.
Tra i lotti più prestigiosi, spicca Giorgio de Chirico con «La grande torre» (prima metà degli anni Settanta), opera della fase matura in cui l’artista torna ai suoi temi più iconici, piazze metafisiche, architetture sospese, cavalli e statue antiche, restituendoli con nuova intensità e rigore formale. Stimata 80mila–120mila euro, la tela colpisce per la costruzione prospettica impeccabile e la tensione onirica che attraversa la composizione.
Un altro momento di grande interesse è offerto dall’inedito «Autoritratto triste» di Antonio Ligabue, proveniente dalla collezione di Bruno Bertacchini, amico e testimone diretto del pittore di Gualtieri. L’opera, databile al terzo periodo, è stimata 50mila–90mila euro e si distingue per la sua intensità psicologica e il tono pacato, quasi malinconico, che la differenzia dai celebri autoritratti più violenti e sanguigni. Gli anni che videro nascere l’amicizia tra Ligabue e Bertacchini segnarono una fase di ritrovato equilibrio nella vita del pittore, ormai più consapevole e meno dominato dalle pulsioni autodistruttive del passato. Bertacchini, uomo corpulento dallo sguardo vivo e dai modi insieme bruschi e gentili, trovò in Antonio un interlocutore autentico e un compagno d’animo. Entrambi figli di emigrati italiani in Svizzera, condividevano una doppia appartenenza culturale: «Scorrevano nelle vene di entrambi sangue e cultura teutoniche e bassaiolo insieme - non potevano non capirsi», raccontava Bertacchini. Il pittore si presentò per la prima volta avvolto nel suo eterno impermeabile di plastica, con un autoritratto sottobraccio, restituendo la verità di un uomo fragile e fiero, consapevole del proprio talento e deciso a essere riconosciuto come artista. Nel dipinto, gli occhi languidi su uno sfondo di cielo blu Prussia solcato dalle cornacchie sintetizzano malinconia e forza vitale.
Antonio Ligabue, «Autoritratto triste» III periodo (1952-1962) [1957], stimato tra 50mila e 90mila euro. Courtesy of Pandolfini
Di straordinaria intensità anche «Finestra e tavolo da lavoro» (1961) di Renato Guttuso, stimata 50mila–80mila euro, un’opera che si configura come un autentico omaggio a Giorgio Morandi. Se Morandi indaga il silenzio e la purezza degli oggetti quotidiani, Guttuso oppone la vitalità della materia e il fervore della realtà vissuta. La scena si concentra su un tavolo ingombro di pennelli, barattoli, ritagli di giornale e oggetti immersi in una luce calda e diffusa che penetra da una finestra parzialmente velata. Tra i collage di carta e il disordine poetico dell’atelier, compare il volto di Morandi, circondato da bottiglie e ciotole che rimandano alle sue nature morte, ma reinterpretate attraverso la gestualità energica e il colore acceso di Guttuso. Il pittore siciliano trasforma così il tributo in un dialogo visivo e critico: il collage diventa ponte tra due visioni opposte e complementari del reale. Nel disordine vitale della composizione, Guttuso riflette sull’eredità artistica del maestro bolognese e sul senso stesso della pittura come gesto civile e umano, fondendo realismo e lirismo in una materia incandescente.
Giorgio De Chirico, «La grande torre» prima metà anni Settanta, stimata 80mila-120mila euro. Courtesy of Pandolfini
Tra i protagonisti più raffinati del catalogo figura Giulio Turcato, con «Composizione» (1961–1962), un capolavoro che segna una svolta nella sua ricerca. In questi anni, l’artista si apre a un concetto di spazio nuovo, inteso non più come luogo pittorico, ma come campo energetico e percettivo. La superficie diventa materia viva: una distesa compatta e densa, animata da increspature e bagliori rossi che emergono da una base scura e corposa, evocando profondità telluriche o orizzonti cosmici. Composizione anticipa la serie delle «Superfici Lunari», traducendo nella pittura il fervore per la conquista dello spazio e le scoperte scientifiche di quegli anni. Turcato, sensibile al clima culturale del tempo, fa dello spazio pittorico una metafora dell’ignoto e della tensione verso l’infinito. L’opera, di importante provenienza - Marlborough (Roma), Martano (Torino, Milano) e Biasutti & Biasutti - sintetizza alla perfezione la poetica dell’artista: la pittura come territorio, il colore come energia, la materia come strumento di conoscenza. La stima? 15mila-25mila euro.
Si passa poi ad un autore genericamente molto apprezzato dal grande pubblico, Fernando Botero. C’è qualcosa di profondamente familiare e al tempo stesso enigmatico nei suoi personaggi. Le figure, immobili e solenni, sembrano appartenere a un mondo sospeso, a una realtà che ha perso il ritmo frenetico del presente per ritrovare la calma, la lentezza e la misura del tempo interiore. La figura ritratta («Ritratto», 1966; stima: 150mila-250mila euro) in quest’opera del 1966 all’asta è un esempio della dimensione poetica dell’artista: un ritratto che parla di quotidianità e di memoria, di intimità e distanza, di un’umanità che si offre allo sguardo senza mai svelarsi del tutto. L’uomo raffigurato, con l’abito borghese d’altri tempi e la sigaretta tra le dita, sembra immerso in una quieta meditazione, custodendo un piccolo mistero. Nella tavolozza calda e nei volumi ampi e morbidi si avverte la sensualità della forma che Botero ha sempre perseguito: «Non dipingo persone grasse, diceva, ma il volume, la pienezza della vita». Il dipinto diventa così un’interpretazione della realtà, un modo di restituire dignità e monumentalità all’esperienza umana. Le figure di Botero, sospese nel tempo, ricordano per certi aspetti i personaggi di Antonio Donghi: il quotidiano si trasforma in scena metafisica, la luce nitida e le pose immobili creano un’atmosfera rarefatta dove il tempo sembra fermarsi. Il legame di Botero con l’Italia è profondo: i lunghi soggiorni a Firenze gli permisero di assimilare la lezione rinascimentale, che fonde armonia e misura europea con la memoria viva della Colombia natale, dando vita a immagini quiete e potenti, simboli universali della condizione umana.
Completano l’asta nomi di primo piano come Alberto Burri («Combustione», 1964; 40mila-70mila euro) dove la materia bruciata si fa canto lirico e dramma formale. Nel settore scultoreo spiccano il «Cardinale in piedi» di Giacomo Manzù (25mila–35mila euro), «Cestino della Discordia» di Bertozzi & Casoni (8mila–12mila euro) e «Californiana Nana» di Niki de Saint Phalle (12mila-20mila euro). Non mancano opere di Picasso, Rouault, Appel, Lüpertz, Rauschenberg e Keith Haring, a conferma della vocazione internazionale della maison fiorentina.
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