Allo Spazialismo veneziano la Galleria Gracis, in collaborazione con la Galleria Reve Art di Bologna, dedica dal 12 novembre al 17 gennaio 2025 una mostra, «Edmondo Bacci e lo Spazialismo veneziano», che raccoglie circa 30 opere, alcune delle quali provenienti da importanti collezioni private venete, dei suoi esponenti di spicco: Edmondo Bacci, Mario Deluigi, Ennio Finzi, Bruna Gasparini, Luciano Gaspari, Virgilio Guidi, Gino Morandis, Saverio Rampin e Vinicio Vianello.
Il progetto espositivo accende i riflettori sulla declinazione lagunare, ancora poco conosciuta e oggi oggetto di rivalutazione critica, del movimento Spaziale nato per mano di Lucio Fontana, che nella natia Argentina, nel 1946 insieme a un gruppo di studenti, aveva redatto il «Manifesto Bianco». I successivi, a partire da quello sottoscritto a Milano nel 1947 quando fece ritorno in Italia, non furono che approfondimenti delle stesse istanze: da un lato la necessità di adeguare il linguaggio dell’arte alle conquiste del progresso e dall’altro la possibilità di lavorare su uno spazio pluridimensionale, capace di espandersi oltre il perimetro definito del quadro o del volume scultoreo.
Al consolidamento dell’asse Milano-Venezia contribuì in maniera significativa in quegli anni il gallerista Carlo Cardazzo, che nel capoluogo lombardo con la Galleria del Naviglio e in quello veneto con la Galleria del Cavallino divenne a sua volta centro di diffusione del pensiero spaziale. Tanto che nel 1951 parteciparono alla stesura del quarto documento anche alcuni artisti veneziani, tra cui Virgilio Guidi, Mario Deluigi e il giovane Vinicio Vianello. Due anni dopo, fu «Lo spazialismo e la pittura italiana del XX secolo» (pubblicato come volantino a Venezia dal critico-artista Antonio Giulio Ambrosini in occasione della «Mostra Spaziale» a Ca’ Giustinian) a mettere in evidenza le peculiarità, che ne hanno fatto un complesso a ben vedere autonomo. La parte lirica del Movimento è germinata proprio nella Serenissima dove, nonostante la diversità di stili e poetiche, gli autori afferenti al gruppo sono stati capaci di generare la propria idea e il proprio sentimento di spazio.
Colore ed energia, o meglio «colore che esplode e che genera spazio grazie all’energia che trova nella sua stessa materia», come ebbe modo di scrivere lo storico e critico d’arte Toni Toniato, in occasione della personale di Bacci alla Galleria Il Naviglio tenutasi nel 1955, diventano gli strumenti grazie ai quali gli esponenti della tendenza veneziana indagano l’essenza del vedere. In altri termini: la luce, che definisce lo spazio e senza la quale «il colore e la forma non posseggono alcuna verità», sosteneva Guidi. L’urgenza resta ovviamente quella di svincolarsi da strutture formali rigide e limitanti della libertà espressiva, di superare la nozione tradizionale di spazio quale campo bidimensionale dell’immagine pittorica. Il modo in cui gli artisti in mostra lo fanno è più strettamente legato alla sfera dei sentimenti, complice, probabilmente, la specificità geografica di Venezia e la sua luce a definire lo spazio stesso dell’esistenza.