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Pablo Picasso, «Femme dans un rocking-chair», 1956

Courtesy Christie’s

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Pablo Picasso, «Femme dans un rocking-chair», 1956

Courtesy Christie’s

L’ombra del narcotraffico su un capolavoro di Picasso

«Femme dans un rocking-chair» del 1956, prima di essere acquistato nel 2023 da Sasan Ghandehari, era appartenuto ad un imprenditore spagnolo condannato nel 2014 per traffico internazionale di droga

Margherita Panaciciu

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Un curioso contenzioso sta scuotendo le fondamenta di una delle istituzioni più prestigiose del settore. Sasan Ghandehari, imprenditore e collezionista d’arte britannico, ha intentato una causa contro Christie’s, la celebre casa d’aste londinese, accusandola di non avergli rivelato un dettaglio cruciale: il dipinto di Pablo Picasso da lui acquistato, «Femme dans un rocking-chair» (1956), era stato precedentemente posseduto da José Mestre Sr., un imprenditore spagnolo condannato nel 2014 per traffico internazionale di droga.

La vicenda ruota intorno alla vendita all’asta del quadro, proposta da Christie’s nel febbraio 2023. L’opera non trovò un acquirente durante l’asta pubblica, ma fu comunque venduta a Ghandehari tramite la sua società, Brewer Management Corporation, con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Una «garanzia d’asta», precedentemente sottoscritta dall’investitore, lo impegnava ad acquistare l’opera a un prezzo prestabilito (14,5 milioni di sterline, oltre 16 milioni di euro) nel caso non fosse stata aggiudicata a terzi. Questo tipo di clausola è pratica comune nel mercato dell’arte: il garante ottiene una commissione se l’opera viene venduta a un altro acquirente, ma in caso contrario si assume l’obbligo di acquistarla personalmente. Pare che Ghandehari, collezionista esperto con alle spalle numerosi affari simili, aveva già garantito in passato altre opere, inclusi lavori dello stesso Picasso (sempre tramite Christie’s).

 

 

Paolo Picasso, «Femme dans un rocking-chair», 1956. Courtesy Christie’s

Il punto centrale della controversia riguarda la provenienza dell’opera. Secondo Ghandehari e i suoi avvocati, Christie’s non avrebbe correttamente divulgato che il quadro era stato parte della collezione di José Mestre Sr., il quale, sebbene formalmente non fosse più il proprietario al momento della vendita, risulta essere il padre del venditore ufficiale, José Mestre Jr. Nel 2014, Mestre Sr. fu condannato per traffico di droga dopo il sequestro di 202 chili di cocaina su una delle navi della sua compagnia marittima. La notizia, secondo Ghandehari, non gli era stata comunicata in fase di trattativa. Anzi, un dirigente di Christie’s gli avrebbe addirittura detto che Mestre Sr. era deceduto e che la provenienza dell’opera era perfettamente in regola.

Ghandehari afferma di aver scoperto il passato criminale di Mestre Sr. solo dopo la conclusione dell’asta, attraverso una semplice ricerca online. Ritiene che questa informazione avrebbe influito significativamente sulla sua decisione di garantire l’opera e ora chiede l’annullamento del contratto e la restituzione di 5,5 milioni di euro già versati come acconto. Per Ghandehari, la questione non è solo legale ma anche finanziaria e reputazionale. Secondo i suoi legali, la connessione con un criminale condannato potrebbe compromettere il valore dell’opera e renderne più difficile una futura rivendita. Nel mondo dell’arte, la provenienza di un’opera è cruciale: non si tratta solo di autenticità, ma anche del percorso che l’opera ha seguito attraverso le mani di precedenti proprietari. Un passato legato a traffici illeciti — o anche solo a personaggi controversi — può trasformare un capolavoro in una «patata bollente», difficile da piazzare anche presso i collezionisti più audaci.

Dal canto suo, Christie’s respingerebbe le accuse. In una dichiarazione ufficiale, la casa d’aste afferma che si tratta di una «semplice richiesta di pagamento» e che si difenderà con forza. Inoltre, sostiene di aver rispettato tutti gli obblighi di due diligence (processo di verifica, analisi e controllo approfondito che viene effettuato prima di concludere un’operazione importante) in merito all’opera e alla sua provenienza, agendo sempre in conformità con le normative internazionali. Christie’s ricorda anche che Ghandehari è un collezionista esperto, ben consigliato e perfettamente consapevole delle dinamiche contrattuali e dei rischi legati alla pratica della garanzia d’asta.

Secondo Elizabeth Weeks, partner dello studio legale Rosenblatt e specialista in diritto dell’arte, l’azione legale potrebbe rivelarsi complessa per Ghandehari. Le case d’asta come Christie’s operano con termini e condizioni blindati, inclusi disclaimer e limitazioni di responsabilità molto stringenti. Inoltre, sottolinea, la due diligence spetta anche all’acquirente, che dovrebbe sempre verificare con attenzione le informazioni ricevute — in particolare quando si parla di somme a otto cifre.

Margherita Panaciciu, 18 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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