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Lusso, genio e povertà

L’incredibile incontro tra Martin Margiela ed Hermès: così lo stilista belga che utilizzava materiali di riciclo e ricorreva all’assemblaggio di tessuti usati «vinse l’ossessione della moda per l’innovazione e l’eterna giovinezza» e inventò lo slowfashion

Fino al 27 agosto al MoMu di Anversa ha luogo la mostra «Margiela, the Hermès years», curata dalla direttrice del museo Kaat Debo e dedicata allo stilista belga (Genk, 1957) e al suo rapporto con la grande maison francese del lusso. Quando nel 1997 Hermès nomina Martin Margiela (il più iconoclasta tra gli stilisti di tutti i tempi) direttore artistico per le collezioni femminili, sembra a tutti un paradosso perché lo stilista è ormai famoso per la sua attitudine avanguardistica più legata a un’estetica che va contro la spettacolarizzazione piuttosto che alla ricerca del bello supremo (come spesso accade e come ci si aspetta da un mondo come quello della moda).

All’epoca il ceo di Hermès era Jean Louis Dumas, «un uomo molto intelligente e visionario che, secondo Katt Debo, comprese l’importanza dell’innovazione per mantenere ad alto livello la maison».  I due riuscirono a intersecare le necessità di Dumas con il gusto di Margiela, aiutati dal fatto che lo stilista provasse «un grande interesse e amore per la sartoria più classica e l’artigianalità, prosegue la Debo. Da Hermès Margiela potè impratichirsi, oltre a essere assistito dai migliori sarti e artigiani della maison lavorando i materiali più raffinati».

Al momento della sua nomina Margiela è famoso da quasi un decennio per essere uno degli stilisti più influenti a livello mondiale, una notorietà raggiunta attraverso la decostruzione, il riciclo, il recupero di materiali, lo smontare e rimontare capi in un modo sconosciuto nel mondo della moda di quel tempo. «Smontare» e «rimontare» significa per Margiela cambiare il significato mantenendo immutato il significante e, dunque, un gruppo di calzettoni militari cuciti insieme formano un maglione.

Per contro, se si pensa a Hermès, l’immagine di riferimento è quella del lusso supremo, di pelletterie e abiti che rappresentano il massimo dell’esclusività e che quindi, al primo impatto, sono in antitesi con la filosofia dello stilista anche se, in quei sei anni, diventa chiaro a tutti che i valori aziendali di eleganza, di comfort e di lusso legati all’artigianalità sono condivisi. Quelle dodici collezioni rappresentano un unicum nella moda e una fonte inesauribile di ispirazione, tanto che per la stagione autunno-inverno 2016 «la stampa internazionale ha descritto Martin Margiela, che si è ritirato più di otto anni fa, come il vero protagonista della settimana della moda, aggiunge Kaat Debo. 

Ci è sembrato dunque giunto il momento di mettere in mostra alcuni dei suoi migliori pezzi. Tutti gli stilisti che sono riusciti a resistere alla moda come spettacolo o glamour e si sono messi alla ricerca di un’alternativa più realistica hanno prima o poi guardato a Margiela come ispirazione. Basta pensare a concetti come lo slow fashion: nella maison lavorava con materiali di seconda mano, mostrando lo scorrere del tempo sui suoi capi utilizzando, appunto, tessuti consumati. 

In questo modo ha resistito alle tendenze e all’ossessione della moda per l’innovazione o l’eterna giovinezza. Da Hermès la sua visione era simile ma tradotta in un modo completamente diverso. Per Hermès significava creare un guardaroba eterno che voleva resistere alle tendenze, non riguardava il rinnovamento del proprio guardaroba ogni singola stagione ma aveva a che fare con l’aggiungere un certo numero di pezzi creando, dunque, la quintessenza del guardaroba senza tempo. Si può dire si sia cimentato da precursore con lo slow fashion».

Martin Margiela, con il suo lavoro per sottrazione, raggiunge lo status di cult assoluto: non si tratta solo di sottrazione (e dunque «semplificazione») sui suoi capi ma anche della sua assenza fisica dal sistema moda che, durante la sua carriera, porta a chiedersi se davvero lui esista e a osservare quell’unica sua immagine esistente (scattata a una festa chissà dove e chissà quando) come un possibile falso.

Maurizio Francesconi, 15 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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