Gilda Bruno
Leggi i suoi articoli«Il mio interesse verso la realtà artistica dell’Africa nasce dal desiderio di connettere culture diverse attraverso il linguaggio universale della fotografia», spiega Maria Pia Bernardoni, curatrice italiana e assidua collaboratrice dell’African Artists’ Foundation, associazione nata a Lagos, in Nigeria, nel 2007 con il fine di incentivare la crescita professionale di talenti africani tramite agevolazioni economiche e attività volte a spronarne lo sviluppo creativo.
Fondata da Azu Nwagbogu, l’African Artists’ Foundation è promotrice di numerose iniziative tra cui il LagosPhoto festival (uno dei principali eventi di arte contemporanea del continente africano) di cui Bernardoni ha curato più edizioni. Fu proprio l’incontro con Nwagbogu che, a partire dal 2015, la ispirò a collaborare con le promesse dell’arte locale alla realizzazione di progetti che sottolineassero l’importanza dell’autorappresentatività, racconta la curatrice, ossia «il diritto di un individuo di esercitare il controllo sulla rappresentazione della propria identità socioculturale».
Da anni Bernardoni esplora quest’idea in mostre che conferiscono a ciascun artista partecipante l’opportunità di mettere in risalto la molteplicità dell’esperienza africana, enfatizzando le prerogative politiche, economiche e artistiche dei 54 Paesi del continente. In virtù di un legame duraturo con la comunità creativa africana e della volontà di instaurare un dialogo tra Africa e occidente, la curatrice aspira a «creare ponti che incoraggino interazioni costruttive tra realtà discordanti» attraverso la lente rivelatrice del medium fotografico.
Emblematica della sua devozione alla causa è «Ozangé», prima biennale di fotografia africana in Spagna, inaugurata a Malaga il 4 novembre e aperta fino al 29 gennaio. L’iniziativa vede la collaborazione tra Bernardoni e Owanto, artista gabonese a cui è stata affidata la direzione artistica dell’evento, il cui obiettivo, riassume Bernardoni, è «incoraggiare uno scambio tra contesti solo apparentemente a sé stanti per diffondere un approccio alla fotografia, alla conoscenza e al rapporto tra mondi contrastanti che generi idee e coesione sociale».
Altri articoli dell'autore
In «Happy Valley», prima personale nel Sud-est asiatico del fotografo italiano, la grande metropoli fa da sfondo a momenti di riflessione, scene surreali, e paesaggi misteriosi che, sebbene lontani, ci toccano da vicino
L’intensità del tratto inquieto e ipnotico dell’artista britannica avvolge gli spazi della galleria londinese
Negli spazi di 10 Corso Como la personale dedicata alla fotografa americana ne racconta l’approccio fluido, spavaldo e fuori dagli schemi condiviso dal nuovo concept del negozio milanese
La personale del videoartista ravennate racconta il dilemma tra desiderio e memoria, in un progetto visivo che svela l’inaspettata connessione «tra le rovine di Roma e le rovine di Cinecittà»