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Magnum Photos and The Martin Parr Foundation

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Magnum Photos and The Martin Parr Foundation

Martin Parr, maestro della fotografia britannica, si spegne a 73 anni

Le sue immagini, spesso caratterizzate da colori saturi e un’ironia tagliente, hanno ridefinito il mondo della fotografia documentaria

Martin Parr, tra i più influenti fotografi documentaristi del Regno Unito, è morto a 73 anni dopo una lunga battaglia contro un cancro diagnosticato nel 2021. La notizia è stata resa pubblica domenica dalla Martin Parr Foundation, che ha comunicato che l’artista si è spento nella sua abitazione di Bristol. Nel messaggio diffuso si legge: «È con profonda tristezza che annunciamo la scomparsa di Martin Parr, avvenuta ieri. Lascia la moglie Susie, la figlia Ellen, la sorella Vivien e il nipote George. La famiglia chiede riservatezza in questo momento difficile». La Fondazione e Magnum Photos, l’agenzia con cui Parr ha lavorato a lungo, hanno annunciato future iniziative per preservare e valorizzare il suo lascito artistico.

Considerato uno degli osservatori più lucidi delle dinamiche sociali britanniche, Parr ha dedicato la sua carriera a raccontare la vita quotidiana nelle sue molteplici sfumature. Dai litorali affollati ai circoli conservatori, dalle fiere di paese ai caffè parrocchiali. Le sue immagini, spesso caratterizzate da colori saturi e un’ironia tagliente, hanno ridefinito il modo di fare fotografia documentaria nel Regno Unito. Il suo lavoro più emblematico, «The Last Resort» (1986), frutto di tre estati trascorse a New Brighton sul Merseyside, immortalava le vacanze della classe operaia tra caos, suoni, sporcizia e umanità. Il libro segnò un punto di svolta, spostando l’attenzione dalla tradizione monocromatica e più austera verso un linguaggio visivo più diretto, colorato e provocatorio.

Parr, nato nel Surrey nel 1952 e cresciuto a Epsom, scoprì presto la fotografia grazie al nonno. Dopo gli studi al Politecnico di Manchester lavorò nei villaggi turistici di Butlin’s, dove rimase colpito dall’estetica ipercolorata delle cartoline di John Hinde, che avrebbe influenzato profondamente il suo stile. Successivamente visse nel West Yorkshire, documentando comunità locali, e poi in Irlanda occidentale, dove pubblicò «Bad Weather» (1982), realizzato utilizzando una fotocamera subacquea per ritrarre persone sotto la pioggia. Negli anni successivi Parr rivolse il suo sguardo alla classe media, quella di cui faceva lui stesso parte. 

Martin Parr, The Last Resort New Brighton, England. 1983-85. © Martin Parr | Magnum Photos

Martin Parr, Benidorm, Spain, 1997 © Martin Parr | Magnum Photos

Trasferitosi a Bristol negli anni della trasformazione thatcheriana, documentò giardini curati, shopping e rituali borghesi nel volume «The Cost of Living» (1989). A partire dagli anni ’90 la sua fotografia assunse un respiro più globale, affrontando temi come il turismo di massa («Small World») e il consumismo («Common Sense»). La sua ammissione in Magnum nel 1994 fu controversa. Figure storiche dell’agenzia, come Henri Cartier-Bresson e Philip Jones Griffiths, lo accusarono di rompere con la tradizione. Entrò comunque con un solo voto di scarto, segnando una fase di cambiamento per Magnum, di cui divenne presidente dal 2014 al 2017.

Un capitolo significativo, sebbene meno spesso messo in primo piano rispetto ad altri ambiti della sua produzione, riguarda il rapporto di Parr con lo sport e i suoi rituali collettivi. Attratto non tanto dalla competizione quanto dall’umanità che la circonda, Parr fotografò alcuni dei più iconici eventi sportivi britannici — dalle corse ippiche di Cheltenham al torneo di Wimbledon, fino ai campionati di rugby e alle sagre sportive locali. Anche in questo contesto, il suo sguardo ironico e spietatamente osservatore si concentrava più sul pubblico che sugli atleti: cappellini eccentrici, picnic improvvisati, code ai chioschi, scommettitori assorti, tifosi esuberanti. Le sue immagini restituivano lo sport come rito sociale, luogo in cui abitudini, mode e stravaganze della classe media e popolare britannica si manifestavano con particolare chiarezza. Questa attenzione costante ai comportamenti collettivi confermava ancora una volta la capacità di Parr di trasformare il quotidiano – anche quello apparentemente più banale – in un racconto visivo di grande forza antropologica.

Oltre a essere fotografo, Parr era un instancabile collezionista: libri fotografici, cartoline, souvenir insoliti. Tra i suoi progetti editoriali più curiosi si ricordano «Space Dogs» (2019), dedicato ai cimeli dei celebri cani cosmonauti, e un volume del 2004 sulla sua collezione di orologi raffiguranti Saddam Hussein. Nel 2014 fondò la Martin Parr Foundation, oggi custode del suo archivio e della sua vasta raccolta di opere britanniche e irlandesi.

Redazione, 07 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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