Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliA oltre trent’anni dalla posa della prima pietra (e a un secolo dalla prima ipotesi progettuale del 1916; cfr. n. 315, dic. ’11, p. 40) con l’inaugurazione (parziale) del 9 dicembre scorso della nuova sede, il Museo Regionale Interdisciplinare ha messo la parola fine a un’incredibile storia di indifferenza politica e inefficienza tecnica e amministrativa. Fino all’apertura integrale nel prossimo aprile, sono visitabili la sezioneArcheologica (tra i reperti più preziosi, la statua romana di «Igea» e il rostro bronzeo di Acqualadroni, del III-I sec. a.C.), non presente nella precedente sede dell’ex Filanda Mellinghoff, e, solo nei fine settimana, l’ala nord del primo livello con i due Caravaggio, «Adorazione dei pastori» e «Resurrezione di Lazzaro». Resta off limits, insieme alle altre, anche la sezione dedicata ad Antonello da Messina, con un’altra opera d’arte identificativa del museo come il «Polittico di San Gregorio». Per il momento niente servizi al pubblico (bar, ristorante, bookshop ecc.). Evento espositivo inaugurale, la mostra «Mediterraneo. Luoghi e miti», con 100 opere in prestito dal Mart di Rovereto, allestita nell’ex Filanda, 1.100 metri quadrati riqualificati e destinati d’ora in poi solo ad eventi temporanei.
Proprio le dimensioni, 7.500 metri quadrati, di cui 4.476 di spazi espositivi (i restanti per depositi, caveau, biblioteca ecc.), quadruplicati rispetto alla vecchia sede, sono sicuramente un punto di forza del nuovo museo, che insiste su un’area di oltre 17mila mq. Se non ci si limita alle superfici espositive interne, ma si considerano anche gli oltre 5mila mq di aree esterne in parte allestite e i 1.100 dell’ex Filanda, si conferma il secondo museo più grande del Meridione dopo Capodimonte. Altro punto a favore, e che lo differenzia dagli altri musei meridionali sul podio, è l’interdisciplinarietà, che accosta una delle più importanti collezioni pittoriche e scultoree siciliane, con i suoi Caravaggio, Alibrandi, Rodriguez, Antonello, Montorsoli e Gagini, alle collezioni archeologiche, numismatiche, di arti decorative e arredi sacri: 300 opere, il triplo di quelle esposte nella precedente sede. Secondo un ordinamento storicistico integrato a cui hanno dato apporto i diversi direttori succedutisi a Francesca Campagna Cicala (Gioacchino Barbera, Giovanna Bacci e l’attuale direttrice Caterina Di Giacomo) che lo aveva definito tra gli anni ’80 e il 2000, il patrimonio del museo, costituito dai materiali storico artistici recuperati tra le macerie del terremoto del 1908 e dalle collezioni dell’ottocentesco Museo Civico Peloritano, è organizzato in nove sezioni espositive, dal Medioevo al primo Novecento, e si conclude simbolicamente con un dipinto di Salvatore De Pasquale del 1907, a ridosso del sisma.
Con le dimensioni, però, crescono anche i problemi legati alla gestione (budget finanziario non adeguato, quello attuale non ci è stato comunicato; 28 nuove unità di personale assegnato, non qualificato, si occuperanno di giardinaggio e pulizie) e alla manutenzione. «Le emergenze di natura tecnica, ci ha spiegato l’ultimo progettista e direttore dei lavori, Gianfranco Anastasio (impegnato come il predecessore Antonio Virgilio, a mettere le pezze all’originario progetto Basile e Manganaro, De Fiore, Fleres del 1983 che faceva acqua da tutte le parti), sono state risolte da interventi straordinari che richiederanno comunque una manutenzione periodica, in attesa di soluzioni tecnologiche e architettoniche, da noi già proposte, che possano abbattere costi di gestione, manutenzione e consumo energetico». E dire che la Regione aveva pronto un progetto degli anni ’70 firmato da Carlo Scarpa.
Costruito tra il 1985 e il 1994, oggetto fino al 2009 di interventi frammentari condizionati dall’esiguità delle risorse, il museo ha visto avviare il definitivo progetto d’integrazione, adeguamento e modifica delle dotazioni e degli impianti (1,9 milioni di euro, Po Fesr 2007-14) nel marzo 2014, conclusosi nel settembre del 2015. In totale dal 1985 ad oggi sono stati 11.088.800 gli euro spesi.
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