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Marie Potard
Leggi i suoi articoliNon ha attratto gli stranieri il Parcours de la céramique et des arts du feu: mancava la sinergia con la Biennale
Il Parcours de la céramique et des arts du feu (22-27 settembre), ospitato dagli spazi del Carré Rive Gauche, secondo l’opinione generale ha ricevuto una buona risposta di pubblico. I mercanti hanno constatato, quasi con sorpresa, che c’era molta gente, in un periodo in cui peraltro non c’erano altre manifestazioni di rilievo in programma a Parigi. Molti francesi e belgi «e persino francesi che non si erano più visti», ha notato un espositore. Gli organizzatori avevano preparato l’evento con cura: le conferenze tenute durante la rassegna hanno attirato molte persone. L’omaggio alla collezione di Fernand Adda, che festeggiava il cinquantesimo anniversario della sua dispersione (una vendita all’asta tenutasi nel 1965 al Palais Galliera), ha fatto il pieno, con la presenza, tra gli altri, del conservatore del Louvre e di quello del museo di Sèvres.
C’è un rovescio della medaglia, però: gli stranieri, a parte i belgi, non si sono mossi molto. «Quest’anno, senza grandi manifestazioni parallele (non c’era la Biennale), i cinesi non si sono fatti molto vedere», ha constatato Bertrand de Lavergne, specializzato in ceramiche dell’Estremo Oriente. «I viaggi costano cari, quindi i visitatori intendono metterli a frutto», ha notato. Uguali considerazioni valevano per gli americani, che pure sono numerosi nel sesto arrondissement, di cui sono habitués, ma mancavano i grandi collezionisti e mercanti che per la Biennale invece si spostano. «C’era molta gente e io ho venduto qualche pezzo. Gli italiani però erano assenti; se non c’era la Biennale a Parigi, c’era però la Biennale a Firenze», osservava Justin Raccanello della galleria Bazaart di Londra, che esponeva una collezione di 35 alberelli, la maggior parte dei quali siciliani, per 125mila euro. Il problema della mancanza di una sinergia con altri eventi non si porrà più a partire dall’anno prossimo, poiché la Biennale des Antiquaires diventerà una rassegna annuale.
I mercanti hanno fatto degli sforzi per proporre pezzi di qualità, come John Whitehead di Londra, che approfittava della mostra a Sèvres per presentare delle sculture in biscuit della celebre manifattura. La Galerie Arcanes esponeva un bel nucleo di ceramiche contemporanee di Jean Girel e Valérie Hermans ispirate dai Song, mentre Vincent L’Herrou della Galerie Théoreme proponeva una collezione di ceramiche «blu persiane» della manifattura di Nevers (per prezzi compresi tra i 3mila e i 12mila euro) e Valérie Levesque presentava un vaso pechinese in smalto che dimostrava il gusto dell’imperatore Qianlong per l’Europa (con un decoro di due riserve dipinte e montature in bronzo dorato; in vendita per una somma a sei cifre). «Ciò che è apprezzabile in questa rassegna è la qualità del pubblico, composto da veri conoscitori», ha commentato la Levesque. Dal punto di vista delle vendite realizzate, ogni mercante ha venduto ma piuttosto pezzi piccoli e all’inizio della manifestazione. Al di sopra dei 10mila euro c’è una sorta di barriera psicologica che non è sempre facile superare e che richiede riflessione.