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David Ekserdjian
Leggi i suoi articoliCon l’espressione «in the right place at the right time» ci convinciamo, molto raramente, che il nostro angelo custode abbia deciso che tutto andrà bene. A me è capitato trent’anni fa con un bellissimo dipinto. Il 5 novembre scorso, a Parigi, Sotheby’s ha venduto una tela di Michael Sweerts (1618-64) a un milione e 567mila euro (da una base d’asta di 800mila-1,2 milioni di euro). Faceva parte della raccolta di Manny Davidson (1921-2024), noto collezionista britannico che abitava a Monaco. Il titolo del dipinto è «Giovane con turbante che tiene in mano un römer capovolto: la prova dell’unghia» (il römer è un calice da vino di colore verde tipico della Renania) e il medesimo soggetto si ritrova anche in un quadro di Frans Hals al Metropolitan di New York. In ambedue le opere il bicchiere risulta svuotato così bene da non far cadere nemmeno una goccia sulle dita.
Ho un rapporto molto speciale e personale con questo dipinto andato da poco in asta, perché sono stato io a scoprirlo. Da 1991 al 1997 ho lavorato per Christie’s a Londra e nel 1995, quando ero a capo della sezione delle sculture antiche, era arrivata una richiesta dalla Svizzera per valutare le sculture di una collezione privata. Da Christie’s ho passato quasi tutto il mio tempo a viaggiare (in un anno sono riuscito a prendere oltre 50 voli!) nella speranza di acquisire opere da vendere all’incanto. Spesso però accadeva che le sculture non fossero un granché, ma quando i miei occhi si sono posati su questo «Giovane con turbante», sono stato subito sicuro dell’autore. Talvolta studiosi e persone del mercato antiquario si vantano dell’attribuzione di un dipinto, ma molte volte sono gli stessi proprietari ad averla già compiuta, ma non in questo caso. Ne sono certo perché quando ho proposto il nome di Sweerts, mi è stato chiesto: «Chi è Sweerts?». Quando ho spiegato la sua importanza, il proprietario ha deciso di vendere, e il quadro è venuto a Londra. Per confermare l’attribuzione ci siamo rivolti a due esperti di Sweerts, Malcolm Waddingham e Lindsey Shaw-Miller, che hanno dato parere favorevole. In seguito, l’8 dicembre 1995, il quadro è passato all’asta a King Street con una stima di 60-80mila sterline e Manny Davidson l’ha comprato per 200mila (tasse escluse).
Per gli specialisti del Seicento fiammingo il fatto che Sweerts è l’autore della tela è evidente, ma è sempre più facile confermare che fare un’attribuzione. Inoltre, pur non essendo uno specialista di questo periodo né di questa regione (il mio campo principale è il Rinascimento italiano) e nemmeno onnisciente, conoscevo già benissimo la mano di Sweerts. Alcuni anni prima, nel 1988, alla Royal Academy avevo curato una mostra dedicata a una selezione dei migliori Antichi Maestri della Collezione Thyssen-Bornemisza, e uno dei capolavori era proprio una tela di Sweerts rappresentante «L’olfatto». Prima di intraprendere quel progetto, confesso che il suo nome era a me sconosciuto (è uno dei pittori più notevoli assenti alla National Gallery), ma successivamente l’ho adorato. Inoltre, le dimensioni delle due tele sono quasi identiche, e non è inverosimile che il «Giovane con turbante» (ex Davidson) raffiguri «Il tatto» e che insieme a «L’olfatto» facessero parte di una serie di dipinti dedicati ai cinque sensi. Sempre di più, specialmente nel mondo accademico, si parla con riverenza del ruolo cruciale della ricerca, ma è un termine che non ho mai compreso fino in fondo, a meno che sia solo un modo pretenzioso di riferirsi alla lettura di libri pertinenti a un tema che ci interessa. Sembra implicare un compito titanico, ma, come ho spiegato, in questo caso, come per quasi tutte le attribuzioni, l’identificazione dell’autore è stata immediata.
Le attribuzioni non hanno niente a che fare con riflessioni profonde, sono invece istintive come quando si riconosce un vecchio amico a una grande festa.
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