«Sabine Azéma aux Baux de Provence» (1991) di Robert Doisneau (particolare)

© Atelier Robert Doisneau

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«Sabine Azéma aux Baux de Provence» (1991) di Robert Doisneau (particolare)

© Atelier Robert Doisneau

Nel setificio piemontese l’era industriale di Doisneau

Un centinaio di fotografie del padre del fotogiornalismo di strada documentano le similitudini della Francia del secondo dopoguerra con l’Italia del tempo nel Filatoio di Caraglio

Trovare lo straordinario nell’ordinarietà del quotidiano. Sembra essere questo il giudizio sulla realtà che muoveva la mente e il cuore di Robert Doisneau (1912-94), uno dei maestri della fotografia del Novecento, protagonista di una mostra al Filatoio di Caraglio visitabile fino al 23 febbraio 2025. Esposte un centinaio di fotografie originali, soprattutto in bianco e nero, divise in otto sezioni cronologiche che ripercorrono la vita artistica di un padre del fotogiornalismo di strada. 

Cattura subito l’attenzione una serie inedita di fotografie tratte da un réportage realizzato nel 1945 nella manifattura tessile di Aubusson, che trovano una cornice ideale nell’edificio ospitante, il Filatoio, espressione degli albori dell’era industriale, uno dei setifici più antichi d’Europa. Gli scatti di Aubusson fanno parte di un progetto con il quale Doisneau documentò l’evoluzione del mondo produttivo in Francia nel secondo dopoguerra, descrivendo per immagini la vita nelle fabbriche e le condizioni lavorative. Una luce morbida e naturale, da film neorealista, accarezza le figure palesando una narrazione sincera e non edulcorata, senza filtri né retorica. 

L’obiettivo di Doisneau rivela poi una particolare empatia nel cogliere istantanee del mondo della periferia parigina. Volti, gesti ed espressioni che a lui, vissuto a lungo nel sobborgo di Montrouge, erano particolarmente cari. Questi frammenti dell’esistenza quotidiana di gente semplice assumono una spiccata vivacità. Su tutti svettano per freschezza e sensibilità le foto dei bambini che giocano, come quella che ritrae due coppie di fratelli: i fanciulli della upper class, un po’ goffi e impacciati nelle loro divise, osservano in un misto di perplessità e di invidia i due popolani, che fanno acrobazie liberi e spensierati in mezzo alla via.

La poesia dell’artista rifugge però facili spontaneismi, traendo linfa invece da accurate analisi e da studi pazienti che costruiscono l’immagine. È il caso della celebre «Le baiser de l’hôtel de ville», non uno scatto «rubato» fra la folla, ma la scelta di una foto di posa che tuttavia non perde l’immediatezza del gesto, il famoso bacio di due innamorati indifferenti alla frenesia della città che scorre intorno a loro. La cura nel definire la scena e la sapienza tecnica donano alle immagini di Doisneau un’efficacia che cattura subito lo spettatore e talvolta riesce ad attribuire nuovi significati al vero, con sfumature surrealiste. 

Lo testimoniano anche ritratti come quello di Sabine Azéma, di cui spunta solo il capo con un basco nero quasi fluttuante fra le architetture di Baux de Provence e il suo sguardo curioso verso un cane, altrettanto nero. «Robert Doisneau. Trame di vita» è un progetto della Fondazione Artea, realizzato in collaborazione con l’Atelier Robert Doisneau e il Comune di Caraglio, e curato da Gabriel Bauret

«Aubusson, basse lisse» (1945) di Robert Doisneau © Atelier Robert Doisneau

Elena Correggia, 29 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Nel setificio piemontese l’era industriale di Doisneau | Elena Correggia

Nel setificio piemontese l’era industriale di Doisneau | Elena Correggia