Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliUna comunicazione di «fine rapporto» arrivata improvvisa, il 29 ottobre, con decorrenza due giorni dopo. È andata così per la storica dell’arte Maria Luisa Pacelli, direttrice negli ultimi 4 anni della Pinacoteca Nazionale di Bologna, che non è stata «confermata» per un secondo quadriennio dopo quello svolto dal 2 novembre 2020 al primo novembre scorso. Il motivo, come riferisce la studiosa, non sarebbe dovuto a mancanza di fiducia da parte del neoministro alla Cultura Alessandro Giuli, ma al fatto che con la «riforma» del predecessore Sangiuliano il museo bolognese ha assunto una nuova forma giuridica, aggregando 13 ulteriori realtà del territorio. Pacelli così è tornata al posto di lavoro per il quale era in aspettativa, quello di funzionaria museale al Comune di Ferrara, città da cui era partita dopo essere stata, dal 2009 al 2019, direttrice delle Gallerie d’arte moderna e contemporanea e responsabile della programmazione di Ferrara Arte a Palazzo dei Diamanti. Intanto alla Pinacoteca Nazionale di Bologna il Ministero ha nominato direttore ad interim Costantino D’Orazio, da dieci mesi alla guida dei Musei nazionali di Perugia-Direzione regionale Musei nazionali dell’Umbria.
Dottoressa Pacelli, come è andata la vicenda? Il ministro Giuli le ha anche telefonato…
In realtà sono venuta a conoscenza della decisione dal mio capo, Massimo Osanna (direttore generale Musei del Ministero, Ndr) che mi ha spiegato che la natura del museo per il quale avevo concorso era cambiata e non poteva esserci una conferma diretta, poi sì mi ha chiamata il ministro definendomi più volte una «riserva della Repubblica delle Arti». Mi è stato detto che arriverà un bando per la direzione.
Vi parteciperà?
Non ho ancora deciso, in questi giorni non sono ancora riuscita a riflettere. Voglio però dire che quanto avvenuto non è stata una decisione politica nei miei confronti. In passato ne ho subite e le so riconoscere, ma sono ugualmente rammaricata per non essere riuscita a organizzare una conferenza stampa in cui raccontare quanto portato a termine a Bologna. Mi sono però emozionata per l’affetto espresso pubblicamente dal sindaco di Bologna Matteo Lepore e da tantissimi altri a livello locale, nazionale, internazionale con cui abbiamo collaborato in questi anni perseguendo l’obiettivo di restituire alla Pinacoteca il ruolo che le compete. Ora sono già al mio posto di lavoro al Comune di Ferrara: ho ritrovato la mia stanza ferma nel tempo, dominata da una gigantografia di Lucia Bosè sul set di Michelangelo Antonioni.
Che cosa farà da domani?
Sono in attesa, anche in Comune a Ferrara sono spiazzati. Attualmente la Fondazione Ferrara Arte è presieduta da Vittorio Sgarbi e diretta da Pietro Di Natale mentre in Comune è vacante la direzione musei, ma c’è un caposettore cultura, una dirigente del servizio d’arte a cui fanno capo musei e biblioteche.
A Bologna lascia dei progetti interrotti?
A novembre curo la mostra «La favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti» e un convegno su Carlo Cesare Malvasia (1616-93). Ma soprattutto sono in corso gli importanti progetti legati al Pnrr per Pinacoteca e per la sede staccata di Palazzo Pepoli Campogrande. Nel 2025 avrei voluto istituire il gruppo di lavoro per il catalogo delle sculture del museo.
Quali sono e quanto valgono i progetti del Pnrr?
Dal punto di vista economico siamo sui 2,5 milioni di euro per la Pinacoteca e per Palazzo Pepoli Campogrande. Nel primo museo li abbiamo utilizzati in particolare per l’accessibilità, l’efficientamento energetico e l’abbattimento delle barriere architettoniche anche all’esterno, dove abbiamo pulito i muri dai numerosi graffiti. Ma sono più evidenti i lavori a Pepoli, edificio di proprietà comunale dove riqualifichiamo la parte del piano nobile, depositi compresi che vogliamo aprire al pubblico. Qui mi sarebbe piaciuto procedere anche a disegnare il percorso sul Settecento bolognese.
Quali sono state le attività principali in questi anni in Pinacoteca?
Il museo è anche un luogo di ricerca e attraverso alcune mostre abbiamo riallestito parzialmente le sezioni interessate. Con «Rinascimento bolognese. Giulio II e Raffaello» abbiamo riallestito l’area del ’500 mentre con «Guercino nello studio» quella del ’600 e ’700. Si è lavorato molto anche sui rapporti con le istituzioni, tra cui la vicina Accademia di Belle Arti con la quale abbiamo creato dipartimenti trasversali per il restauro e la comunicazione didattica.
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