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Una veduta della mostra «I Am The Last Woman Object» di Nicola L., 2025, Bolzano, Museion

Photo: Luca Guadagnini

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Una veduta della mostra «I Am The Last Woman Object» di Nicola L., 2025, Bolzano, Museion

Photo: Luca Guadagnini

Nicola L. e l’arte come pratica di resistenza non violenta

Per la prima volta in Italia, al Museion di Bolzano, 50 anni di ricerca dell’artista francese, tra corpo, partecipazione e attivismo. E 43 torce olimpiche

Mariella Rossi

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Quella che Museion-Museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano dedica all’artista francese Nicola L. (Marocco, 1932-Stati Uniti, 2018) è la sua prima mostra in un’istituzione pubblica italiana e la più ampia mai realizzata. Intitolata «I Am The Last Woman Object» (fino al primo marzo 2026), a cura di Leonie Radine, questa retrospettiva riunisce oltre ottanta opere realizzate nell’arco di cinquant’anni. A partire dagli anni Sessanta le sue sperimentazioni lambiscono arte, design, cinema e attivismo politico, operando tra Parigi, Bruxelles, Ibiza e New York e dando vita a una produzione ampia e variegata di cui il percorso espositivo restituisce un’accurata testimonianza. 

La selezione di opere esposte include le sue lampade a forma di occhi e di labbra e le chaise longue morbide e flessibili ispirate a figure umane giganti e anche ad arti superiori e inferiori di proporzioni monumentali. Anche le sculture antropomorfe di grandi dimensioni, progettate come elementi d’arredo, richiamano la fisicità. I cassetti sembrano aprire parti del corpo femminile, innescando una riflessione su tematiche legate al femminismo, all’ambientalismo e alla spiritualità. In questa direzione si collocano in particolare le sue opere definite «pénétrables»: grandi tele estese con cappucci, maniche o pantaloni, che invitano a calarsi simbolicamente nei panni di elementi naturali e universali.

A testimoniare questa dimensione partecipativa sono i numerosi documenti filmici che accompagnano la mostra. Il film «The Red Coat for 11 People 70-09» del 2009, per esempio, mostra undici persone che in luoghi diversi indossano un enorme impermeabile collettivo di plastica. Sono lavori nati dall’idea di generare un corpo collettivo, un’unica forma abitata simultaneamente da più persone, dove i confini individuali sfumano in un superorganismo. Alla stessa serie appartiene la monumentale «Fur Room» (1970-2020), presentata in mostra con una ricostruzione in velluto color porpora. Il ricorso costante alla morbidezza, nelle intenzioni dell’artista, mirava a facilitare un avvicinamento tra le persone, creando condizioni di contatto e prossimità reciproca. 

Nell’ottica della programmazione culturale del museo, l’esposizione si inserisce nella nuova linea di ricerca di Museion intitolata «The Softest Hard», volta a esplorare l’arte come pratica urbana e sociale di resistenza non violenta. La mostra è accompagnata da una monografia illustrata che raccoglie saggi critici e testi dedicati ai principali nuclei dell’opera dell’artista. 

La mostra è realizzata in collaborazione con Camden Art Centre di Londra, Frac Bretagne di Rennes, e Kunsthalle Wien-Stadt Wien Kunst GmbH di Vienna. 

Fino al 29 marzo, Museion ospita inoltre la mostra «What We Carry», realizzata nell’ambito delle Olimpiadi Culturali di Milano Cortina 2026. Sono esposte opere inedite degli artisti Sonia Leimer e Christian Kosmas Mayer, insieme a una straordinaria collezione di 43 torce olimpiche datate tra il 1936 e il 2024. Spiega Bart van der Heide (direttore di Museion): «Il titolo “What We Carry” riflette un duplice significato, da un lato, richiama il gesto simbolico di portare la torcia durante i Giochi Olimpici, un atto potente di continuità e connessione; dall’altro, rimanda ai temi più ampi dell’eredità e della trasmissione dei valori». Tra i lavori in mostra «Solar» (2025), il nuovo video di Sonia Leimer, e un progetto di Christian Kosmas Mayer dedicato all’atleta afroamericano Cornelius Cooper Johnson (medaglia d’oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Berlino del 1936), ignorato nella Germania nazista nonostante la vittoria ed escluso nel suo Paese, gli Stati Uniti, a causa del colore della sua pelle. 

Una veduta della mostra «I Am The Last Woman Object» di Nicola L., 2025, Bolzano, Museion. Photo: Luca Guadagnini

Mariella Rossi, 17 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Nicola L. e l’arte come pratica di resistenza non violenta | Mariella Rossi

Nicola L. e l’arte come pratica di resistenza non violenta | Mariella Rossi