Nonostante le voci del tentativo di vendita da parte di Endeavor e la tragedia degli incendi incontrollabili che si sono diffusi da Pacific Palisades fino all’iconica scritta di Hollywood a poco più di un mese dall’evento, Frieze Los Angeles torna anche quest’anno allo storico aeroporto di Santa Monica dal 20 al 23 febbraio. Se in passato i visitatori si sono lamentati della difficoltà nel visitarla fra le due tende separate, questa volta Frieze promette una migliore esperienza grazie a un design attentamente studiato dallo studio di architettura Why di Kulapat Yantrasast.
Sono oltre 100 le gallerie partecipanti che provengono da più di 20 Paesi del mondo, tra cui leader del settore come Gagosian, Gladstone, Marian Goodman Gallery, Hauser & Wirth, Pace Gallery, White Cube e David Zwirner. Quattordici sono le «debuttanti», tra cui Southern Guild, Mariane Ibrahim, Linseed, Monique Meloche Gallery, Galleria Lorcan O’Neill e Timothy Taylor. Fra le internazionali anche Bank, Taka Ishii Gallery, Galerie Max Hetzler, Xavier Hufkens, Kukje Gallery, Victoria Miro, Maureen Paley, kaufmann repetto, Thaddaeus Ropac e Mendes Wood Dm. La fiera conta di mettere in luce la scena galleristica di Los Angeles, con alcuni dei suoi protagonisti consolidati Blum, Regen Projects, David Kordansky Gallery e The Box, così come altri in rapida crescita che quest’anno sono passati alla sezione principale (Matthew Brown, Sebastian Gladstone, Charlie James e Nazarian/Curcio). Curata da Essence Harden (cocuratrice di Made in L.A. 2025), la sezione «Focus» quest’anno permetterà di scoprire nuovi talenti emergenti, con presentazioni personali di 12 gallerie emergenti fra cui Bel Ami, Dominique Gallery, Make Room, Sow & Tailor, Superposition Gallery e Tyler Park Presents.
La fiera diventa motore di una vivace sebbene non ancora satura art week, affiancata da varie mostre istituzionali di qualità tra cui la personale di María Magdalena Campos-Pons «Behold» che arriva al Getty dopo il Brooklyn Museum, quella di Olafur Eliasson, «Open», al Museum of Contemporary Art e un focus sulla figura di Joseph Beuys al The Broad. La mostra di Alice Coltrane, «Monument Eternal», continua invece all’Hammer Museum, mentre il Lacma ospita una collettiva sulla diaspora black, «Imagining Black Diasporas: 21st Century Art and Poetics», e l’Ica una mostra dall’accattivante titolo «Scientia Sexualis».
In parallelo a Frieze si svolge la più glamour Felix Art fair. A esporre nella cornice storica delle stanze e bordo piscina dell’iconico Roosvelt Hotel 64 espositori, di cui almeno la metà esporrà per la prima volta in fiera. Fra questi, ILY2 da Portland, Oregon, Coma da Chippendale, Australia, Povos da Chicago, e sobering galerie da Parigi. Questi si aggiungono a nomi consolidati come 56 Henry, Charles Moffett, Mrs., Document, Lomex, Magenta Plains e Tara Downs.
Dopo un periodo di fioritura con l’arrivo di Frieze e gli ampliamenti della pandemia, la scena artistica di Los Angeles ha subìto alcune perdite, con più di una galleria che ha chiuso o ridimensionato i propri avamposti in città. Fra queste, non solo Nino Meier dopo il recente scandalo, ma anche Vito Schnabel, Uta, Gavlak e Harper’s, realtà emergenti e di ricerca come Carlye Packer e Smart Objects, uno spazio gestito da artisti noto per aver individuato star come Lucy Bull e Half Gallery, che ha sospeso le operazioni fino alla primavera 2025.
Secondo alcuni la scena di Los Angeles era diventata semplicemente sovrasatura, rispetto a quanto la domanda, con risorse economiche ma spesso inesperta o difficile da avvicinare ed educare, sia in grado veramente di assorbire. Questa nuova settimana dell’arte offrirà sicuramente un’idea sia sulla resistenza e resilienza della città e della sua scena artistica sia sulla ripartenza del mercato Usa come aveva fatto sperare Miami.