Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliNino Franchina (1912-87), dopo avere attraversato una fase realista negli anni Trenta e un momento di avvicinamento all’astrazione negli anni Quaranta, scelse come propria lingua il metallo.
Delle sue opere, della speciale lavorazione che aveva adottato per la loro realizzazione, tratta con acutezza la monografia di Valentina Raimondo, che ricostruisce una esistenza strettamente legata a una attività espressiva e a una scelta stilistica. Di particolare interesse l’analisi dei tentativi e delle realizzazioni in spazi urbani, a partire dalla mancata commessa per il monumento a Paisiello a Taranto. In questo senso spiccano la «Commessa 60124» di Cornigliano (Genova) a cui dedicò largo spazio la rivista «Civiltà delle macchine» e la notevolissima «Spoleto 62», che dialogava con lo spazio della città medievale.
Quello che colpisce, nella precisa ricostruzione di una fisionomia artistica e delle relazioni con il suo tempo, è il nesso, assai forte, con la produzione industriale, verificata nella collaborazione con l’Italsider e altre strutture, alla ricerca di una lavorazione del metallo, sempre più duttile alle sue richieste espressive.
L’arte del metallo. Storia di Nino Franchina scultore, di Valentina Raimondo, 259 pp., Fondazione Passaré-Quodlibet, Milano-Macerata 2018, € 24,00
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