Rocco Moliterni
Leggi i suoi articoliIl bello di Georges, la caffetteria ristorante sul tetto del Centre Pompidou a Parigi, è che anche quando ci sono code infinite per entrare al museo basta prendere l’ascensore dedicato per trovarsi subito sulla terrazza. Il Pompidou (o Beaubourg, dal nome dell’area) avrebbe dovuto essere già chiuso per ristrutturazione, ma le imminenti Olimpiadi hanno consigliato di rinviare l’inizio dei lavori al 2025, quindi ancora per un anno si potrà godere dello splendido panorama offerto dall’edificio progettato da Renzo Piano e Richard Rogers nel 1971 e aperto al pubblico dal 1977.
Si può mangiare qualcosa a qualsiasi ora, sia nelle sale interne sia all’esterno (dipende dal tempo: quando ci sono stato io pioveva e faceva freddo). Appena entrate vi guidano a prendere posto a uno degli eleganti tavolini su cui non manca mai una rosa, ma, anche se c’è poca gente, non sono altrettanto solerti nel chiedervi che cosa desiderate ordinare. Non è però un male, perché avrete il tempo sufficiente per esplorare la chilometrica carta che vi propone ogni ben di Dio: potete spendere pochi euro per un caffè (ricordatevi che siete in Francia) e un croissant, o pasteggiare con caviale Oscietra Royal e Dom Pérignon Rosé da 950 euro a bottiglia. I prezzi se si pranza o se si cena sono mediamente alti, ma non da mutuo se si pensa ai prezzi dell’alta ristorazione parigina.
Se prendete un piatto di rigatoni pomodoro basilico e spezie leggere (ma ve lo sconsiglio: la pasta mangiatela in Italia) ve la cavate con 22 euro, che è forse meno di quello che spendereste in un ristorante stellato in Italia. E per un omelette 20 euro. Certo il «Fameux Silver Cod du Georges» costa ben 52 euro e le capesante in salsa Tom Yam 42 euro. Io ci sono passato di pomeriggio all’ora del tè e mi ha colpito che me lo servissero non in teiere di ceramica o ghisa ma in semplici contenitori d’acciaio, che chi ama il tè mediamente aborre. In compenso si è rivelata strepitosa la Pavlova con i frutti rossi, anche se io avrei desiderato una fetta di tropeziénne che, ahimè, non era in carta.
Anni fa al Georges rimediai una figuraccia da provinciale perché, venendo da Torino, rimasi sorpreso nello scoprire che era fatta di pan brioches e non di pasta choux, come la tropeziénne di rinomate pasticcerie subalpine. Ovviamente avevano ragione loro, perché la tropeziénne fu inventata non da un pasticciere ma dal padrone di una boulangerie di Saint-Tropez che si era innamorato di Brigitte Bardot, in Costa Azzurra a girare un film. Ho speso 25 euro ma direi che il panorama non ha prezzo. Meglio approfittarne prima che chiudano il Pompidou fino al 2030.
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