Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Photo London, alla sua decima edizione e con una nuova direttrice, prometteva un nuovo approccio

Foto Graham Carlow

Image

Photo London, alla sua decima edizione e con una nuova direttrice, prometteva un nuovo approccio

Foto Graham Carlow

Photo London cambia e si allontana dalla tradizione e dalle folle

La decima edizione della fiera londinese ha provato a mettere in pratica il piano della nuova direttrice Sophie Parker di «premiare le gallerie che corrono dei rischi». Ecco com’è andata     

Philippa Kelly

Leggi i suoi articoli

Il mondo dell’arte e quello della fotografia non sono dei compagni di letto facili. A dispetto delle evidenti somiglianze e delle preoccupazioni comuni, le comunità che popolano questi due spazi sono spesso assai diverse. Nelle giornata di anteprima di Photo London 2025 (dal 15 al 18 maggio) le differenze sono state evidenziate in modo sorprendente, ma altrettanto sorprendentemente i risultati si sono rivelati positivi.

La fiera, al suo decimo anno di vita e sotto la guida della nuova direttrice Sophie Parker, prometteva per questa edizione un nuovo approccio. In una recente intervista a «The Art Newspaper», Parker aveva confermato la decisione di mettere fine a una delle tradizioni della fiera, consistente nel nominare un Maestro della Fotografia, spesso un uomo bianco eterosessuale. Aggiungendo poi che, per quanto ne sapeva, «questa edizione non conterrà immagini di Kate Moss», riferendosi al famigerato «indice Kate Moss» (nel gergo del settore indica il numero di foto della top model esposte nelle gallerie partecipanti Parker ha anche supervisionato il ritorno della sezione Positions, dedicata ai fotografi non rappresentati da gallerie, che quest’anno proponeva le opere dell’image maker palestinese-americano Adam Rouhana e del fotografo documentarista britannico-indiano Kavi Pujara.

Nel padiglione principale di Photo London, nel cortile della Somerset House, i segni del cambiamento non erano comunque così percepibili: in perfetto stile fiera d’arte tradizionale, verso sera lo champagne scorreva a fiumi e i tacchi alti ticchettavano davanti a impressionanti, ma prevedibili, opere di Sebastião Salgado e a paesaggi pesantemente manipolati. Stand affollati e interesse all’apparenza alto, ma gli ambìti bollini rossi (segno di «venduto») scarseggiavano. 

Tra le gallerie più recenti, tuttavia, si percepivano il successo commerciale e il cambiamento dei gusti. Già prima di mezzogiorno la Chini Gallery di Taipei aveva venduto alla collezione di un museo norvegese un ritratto di Chou Ching Hui alto un metro e 20. Entusiasti della vendita (tra le 10mila e le 15mila sterline), ovviamente, gli espositori, presenti per la prima volta a Photo London. «[Partecipare alla fiera] è molto costoso e richiede un lungo viaggio, ammette Chiwen Tu, responsabile dello sviluppo internazionale della galleria. Ma l’apprezzamento di quest’opera ha superato le mie aspettative».

In un mercato instabile, caratterizzato da dazi e timori legati all’Intelligenza Artificiale generativa, è comprensibile che gli acquirenti tornino a fotografi e soggetti immediatamente riconoscibili. Con tutto ciò, nell’ala ovest della Somerset House, presso la Iconic Images di Londra, nota per le stampe in bianco e nero in edizione limitata di star del teatro e del cinema realizzate da artisti del calibro di Gered Mankowitz e Norman Parkinson, le vendite non si erano ancora concretizzate. L’umore del personale della galleria era comunque tendente all’ottimismo, così come nella vicina Peter Fetterman Gallery.

Fetterman, fornitore di lunga data di opere di alcuni dei più grandi nomi della fotografia, come Henri Cartier Bresson, Robert Capa e Don McCullin, attendeva ancora le prime vendite, ma non sembrava preoccupato. Negli Stati Uniti, dove la sua galleria ha sede, vige un approccio aggressivo, da lui descritto come «cash and carry», paga e porta via, mentre in Gran Bretagna gli acquirenti a suo avviso si prendono più tempo per valutare gli acquisti. «Ho speso soldi prima ancora di incassare», commenta divertito il gallerista, dimostrando in qualche modo la sua tesi.

In altre zone dei tentacolari corridoi della sede, considerata, almeno da alcune gallerie, una location più caratteristica rispetto al padiglione temporaneo, denaro ne circolava. La Galerie XII di Parigi ha venduto tre opere di Susanne Wellm, che crea lavori tattili combinando fotografia e tessitura, a prezzi tra le 6.500 e le 7mila sterline ciascuna.

Nel frattempo, la Hungry Eye Gallery di Amsterdam, tornata a Photo London dopo sette anni, nella prima ora della fiera vendeva tre immagini del duo Schilte & Portielje, ciascuna a 1.450 sterline. All'inizio della serata accanto alle opere di quasi tutti gli artisti della galleria comparivano i bollini rossi: due opere di Sara Punt hanno trovato un acquirente a 1.800 sterline ciascuna, due di Asha Swillens a 3.495 e 1.995 sterline rispettivamente, e una stampa d’archivio di Nina Hauben a 3.450 sterline. Di nessuno di loro si può dire che abbia un approccio tradizionale: tutti mescolano tecniche digitali, astrazione e collage.

 

La galleria Hungry Eye di Amsterdam ha venduto due opere di Asha Swillens, artista digitale influenzata dalla sua esperienza nel settore tessile. Foto Graham Carlow

La tendenza al non tradizionale era evidente nel cortile della Somerset House, dove scarpe da ginnastica e birra avevano preso il posto di champagne e tacchi alti. L’impressione è che il pubblico fosse più giovane rispetto agli anni passati, più in linea con l’evento satellite Peckham 24, più alternativo e senza scopo di lucro, che con le fiere del mondo dell’arte. Sarà proprio questo pubblico più giovane, con le tasche non ancora così piene e gusti diversi da quelli della generazione precedente, la forza trainante di questi prezzi più bassi e di queste vendite meno convenzionali?

Questa teoria sembra trovare conferma nella sezione Discovery della fiera, allestita nelle viscere di Somerset House e dedicata ai fotografi e alle gallerie emergenti. Gli stand sono più piccoli, l’atmosfera è più festosa e sia il pubblico che le opere sono più variegati rispetto al padiglione e alle ali superiori. La curatrice della sezione, Charlotte Jansen, per la quale questa è sempre stata l’area più emozionante della fiera, parla di un «netto passaggio, in molti stand, dalla ritrattistica alla semiastrazione e all'astrazione». Ne è una riprova la galleria londinese Victoria Law. Qui hanno attirato l’attenzione le opere fotografiche e le sculture della venezuelana Lucia Pizzani, che attraverso materiali come la carta di corteccia precolombiana esplorano il colonialismo e la natura. Dietro all’affollata sala, Doyle Wham, che si autodefinisce «la prima e unica galleria contemporanea di fotografia e luce africana del Regno Unito», presentava i trasferimenti termici su lino di Justin Dingwall, insieme a un trittico della popolare serie «ego death» (2022) di Heather Agyepong. Fondata nel 2020, Doyle Wham, è tornata a Photo London per quello che definisce un quarto anno «speciale». Per Sofia Carreira-Wham, cofondatrice della galleria, questo pare essere l’anno migliore per la sezione Discovery, un successo che attribuisce alla collaborazione tra Jansen e la nuova direttrice della fiera, Parker: «Sembra davvero di avere una visione di ciò che nella fotografia di oggi è all’avanguardia e stimolante». Prima della fine della serata la giovane galleria aveva anche concluso la sua prima vendita: l’opera «Orí Inú 7» dell’artista multidisciplinare nigeriana Isha Seriki, passata di mano per 1.250 sterline.

Nel padiglione centrale di Photo London, mentre i visitatori cominciavano a diradarsi, sono apparsi alcuni bollini rossi, e anche qui, dove i prezzi sono notevolmente più alti rispetto agli stand sottostanti, gli acquirenti sembravano aver fatto scelte meno tradizionali. La galleria Homecoming di Amsterdam ha venduto due opere di Aldo van den Broek, rispettivamente a 15mila e 14.750 sterline. Si tratta di opere di grandi dimensioni realizzate con acrilico, terra, legno e cartone; le didascalie non fanno riferimento a una pratica fotografica.

Naturalmente non tutto è cambiato. Certo, rispetto a quelle degli scorsi anni l’edizione 2025 otterrà un punteggio inferiore nell’indice «Kate Moss», ma alcuni ritratti della top model si sono ancora visti. Nel complesso, comunque, il piano di Parker di «premiare le gallerie che corrono dei rischi» ha dato i suoi frutti. E se Photo London sta davvero abbandonando i tropi del mondo dell’arte a favore delle tradizioni del mondo della fotografia, pare che questa scelta stia pagando.

 

Ha contributo Mali Dun

Philippa Kelly, 19 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Photo London cambia e si allontana dalla tradizione e dalle folle | Philippa Kelly

Photo London cambia e si allontana dalla tradizione e dalle folle | Philippa Kelly