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«Re a cavallo con un fiore nella mano destra» (1940) di Pietro Melandri

@ Paolo Soave

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«Re a cavallo con un fiore nella mano destra» (1940) di Pietro Melandri

@ Paolo Soave

Pietro Melandri, il ceramista che piaceva a Gio Ponti e Carrà

Brun Fine Art ha pubblicato un volume in inglese in cui, oltre alla schedatura di oltre 50 opere, sono ampiamente illustrati la carriera e i rapporti del maestro faentino

Carla Cerutti

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A corollario della mostra dedicata alle ceramiche del maestro faentino Pietro Melandri (1885-1976), conclusasi a maggio presso Brun Fine Art di Milano, la galleria ha pubblicato un volume che sarebbe riduttivo considerare un catalogo vista la ricchezza di testi, documentazione e immagini contenuta nelle sue 288 pagine. L’edizione, in inglese, è molto curata sia per quanto riguarda l’introduzione di Claudia Casali, direttrice del Mic-Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, sia per quanto riguarda la puntuale e documentata analisi di periodi e opere tracciata da Roberto Cobianchi, curatore sia del volume sia della mostra, quest’ultima in collaborazione con Marco Arosio.

Claudia Casali illustra brevemente ma con precisione l’importanza della produzione faentina a inizio Novecento, strettamente legata all’opera di rinnovamento attuata da Gaetano Ballardini, e richiama figure importanti per la febbrile attività di Pietro Melandri e non solo, quali furono quelle di Achille Calzi, Francesco Nonni, Giovanni Guerrini, Domenico Rambelli, Riccardo Gatti ed Ercole Drei.

Il saggio «A Lifetime in Ceramics» di Roberto Cobianchi ripercorre tutte le tappe dell’avvincente dedizione alla ceramica di Pietro Melandri, iniziata a soli 12 anni presso la bottega dei Fratelli Minardi e terminata in proprio alla fine degli anni Sessanta, costantemente nella sua amata Faenza. Vari capitoli sono dedicati all’importanza che ricopre la produzione ceramica nei primi trent’anni del XX secolo, anni di gran fermento che vedono fiorire mostre e dibattiti tra figure di primissimo piano come Roberto Papini e Gio Ponti, oltre che periodo del fertile sodalizio di Melandri con l’industriale Umberto Focaccia (1922-1931), fucina di opere mirabili che faranno di Melandri il «nuovo poeta della ceramica».

Nel 1928 Carlo Carrà scriverà: «Dalle fornaci di Pietro Melandri escono vasellami di ogni genere, che sono spesso delle vere e proprie opere d’arte decorativa. La purezza delle forme e le policromie armoniose degli smalti, nelle differenti tecniche impiegate, fanno di questo giovane artefice faentino un esempio di nobiltà che va segnalato». Anche Gio Ponti lo sostiene con gran entusiasmo sulle pagine di «Domus» e di «Stile», con articoli che Cobianchi riporta insieme a illustrazioni d’epoca. La scultura ricopre una grande importanza nel lavoro di Melandri, che ebbe rapporti con Francesco Nonni, Ercole Drei, Enrico Mazzolani, Carlo Lorenzetti e Arturo Martini, esperienze che saranno basilari per la sua attività indipendente dopo il 1932 e per i meravigliosi rivestimenti parietali creati negli anni Cinquanta, cui Cobianchi dedica particolare attenzione.

Precede il catalogo di oltre 50 opere tra le migliori dell’artista schedate e fotografate, un interessante capitolo dedicato ai collezionisti contemporanei di Melandri, tra cui Benito Mussolini, Gabriele D’Annunzio, il chirurgo faentino Aldo Lesi, l’avvocato Giovanni Bolognesi, il conte Raimondo Visconti di Modrone e, ovviamente, Gio Ponti che addirittura scrive su «Stile» nel 1946: «Gli italiani debbono collezionare pezzi di Melandri. Non deve esistere ambiente che si sospetti non abbia un pezzo di Melandri».

The Superfluous Essential. The Ceramics of Pietro Melandri
di Roberto Cobianchi, 288 pp., ill. col. e b/n, Brun Fine Art, 2024, 45€ (richiedere a info@brunfineart.it)

La copertina del volume

Carla Cerutti, 31 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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