Sophia Kishkovsky
Leggi i suoi articoliGià lo scorso anno aveva espresso il suo sostegno all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ora il direttore del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il settantottenne Mikhail Piotrovskij, ha rilasciato una nuova intervista in cui descrive la guerra come «un mezzo di scambio culturale» che può arricchire reciprocamente le culture in conflitto.
Piotrovskij ha ribadito la sua posizione il 2 aprile su «Rossiiskaya Gazeta», organo di informazione ufficiale del Governo russo: «Per me, ha affermato, è importante essere con il mio Paese quando compie una scelta storica», nonostante le critiche ricevute «da tutte le parti». Piotrovskij è un sostenitore di lunga data del presidente Vladimir Putin, assiduo visitatore dell’Ermitage. Anche suo figlio, Boris Piotrovskij, è coinvolto nella politica russa come vicegovernatore di San Pietroburgo; l’anno scorso ha visitato Mariupol, la città portuale nell’Ucraina orientale assediata e occupata dai russi.
Alla guida dell’Ermitage addirittura da trent’anni, fin dal 1990 (quando morì il precedente direttore, suo padre Boris) e specialista di cultura araba e islamica, Piotrovskij riconosce che nel corso della storia le guerre «naturalmente hanno in parte distrutto la cultura», ma sostiene che «in generale hanno prodotto uno scambio culturale». E porta in particolare l’esempio delle Crociate: «I musulmani impararono dai crociati a costruire possenti fortezze, e i cristiani ricominciarono a fare il bagno nelle terme, come ai tempi dei Romani, e presero in prestito beni di lusso: il livello generale di cultura tra i musulmani era allora più alto che in Europa».
L’anziano direttore ha dichiarato a «Rossiiskaya Gazeta» che la guerra sta contribuendo a rafforzare un senso di «autocoscienza nazionale» in Ucraina. «Vedete con quanta forza si sta formando la Nazione ucraina», ha osservato.
Putin, che inizialmente aveva promesso una rapida campagna per «denazificare» l’Ucraina, ha spostato la sua retorica per indicare che la Russia sarà in guerra con l’Occidente a tempo indeterminato. Per Piotrovskij la «nuova generazione» di russi deve capire che «la comodità precedente non esiste più», non solo a causa delle «operazioni militari», ma anche come risultato delle «sfide interne».
Nella sua ultima rubrica mensile per un giornale di San Pietroburgo, pubblicata anche in inglese sul sito web dell’Ermitage, Piotrovskij sottolinea la necessità del museo di rafforzare i legami culturali con il Medio Oriente e la Cina, poiché «stiamo cambiando il nostro vettore di attenzione, allontanandoci un po’ dall’Europa». Si riferisce a una recente visita a Muscat, in Oman, e a una serie di nuove collaborazioni internazionali in via di definizione. «Stiamo conducendo trattative con l’Oman per il ripristino di relazioni museali complete, scrive. I restauratori vengono da noi per imparare. Insieme contribuiremo a preservare i monumenti della Siria [...]. Siamo in trattative con la Cina per partecipare a una mostra sulla cerimonia del tè; stiamo preparando le Giornate dell’Ermitage a Belgrado [...]. Insomma, ci sono molti Paesi in cui siamo ben compresi».
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