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Viktor Norkin, «Paradise Somewhere»

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Viktor Norkin, «Paradise Somewhere»

Tra dissenso e repressione, i musei privati russi sono minacciati

Rimanere aperti può significare affrontare attacchi dei servizi di sicurezza, vessazioni, insulti e minacce da parte dei politici e la fuga del personale

Sophia Kishkovsky

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Dal momento in cui il Garage Museum of Contemporary Art, fondato da Roman Abramovich e Dasha Zhukova, ha aperto a Mosca nel 2008, i musei d’arte privati sono diventati un sofisticato indicatore dell’integrazione della Russia post-sovietica nella cultura occidentale d’élite. Ora quelli ancora aperti stanno lottando per sopravvivere.

Quindici anni fa, i miliardari russi sedevano nei consigli di amministrazione dei musei internazionali e l’élite culturale del Paese frequentava fiere d’arte e biennali in Europa e oltreoceano. Anche dopo l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia nel 2014, il jet-set del mondo dell’arte si è riunito nel Gorky Park di Mosca nel 2015 per il rilancio del Garage come museo, progettato da Rem Koolhaas. Nel frattempo, il presidente Vladimir Putin rafforzava la sua presa sul potere e reprimeva sempre più le libertà artistiche. Il contesto per i musei privati è diventato sempre più ostile.

Nel 2019, un importante museo privato, l’Istituto di Arte realista russa, ha chiuso i battenti e il suo fondatore, Aleksei Ananyev, è fuggito con l’accusa di appropriazione indebita e i suoi beni sono stati sequestrati dallo Stato. Ananyev è ancora ricercato dalle autorità russe, anche se l’Interpol ha archiviato le ricerche cinque anni fa sulla base del fatto che le accuse erano di natura politica, secondo quanto riportato dai media all’epoca. 

Nel 2024 Art4.ru, il primo museo privato di arte contemporanea della Russia, è stato chiuso dal suo fondatore Igor Markin, che ha fatto fortuna vendendo frigoriferi e tende per finestre negli anni ’90. Markin ha aperto Art4.ru vicino al Cremlino nel 2007, trasformandolo in uno spazio artistico commerciale nel 2016 e chiudendolo lo scorso anno dopo che alcuni nazionalisti hanno fatto irruzione durante un vernissage. «Oggi è stato l’ultimo giorno, ha scritto Markin su Instagram. Il Museo Art4.ru, dopo 17 anni di attività, è chiuso. È diventato troppo rischioso». Nel gennaio di quest’anno, ha scritto su Facebook che stava cercando una villa in Gran Bretagna da adibire ad abitazione e spazio artistico.

Dall’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Putin nel 2022, i musei privati russi stanno seguendo una linea pericolosa. Molti operatori culturali e alcuni miliardari fondatori di musei hanno scelto di lasciare la Russia; altri si sono sentiti costretti a farlo dopo aver ricevuto avvertimenti che avrebbero potuto essere incarcerati. Ecco come stanno andando quattro musei privati russi in questo difficile contesto.

Il sindaco di Mosca (a sinistra) e il presidente Putin al GES-2 con il fondatore del centro artistico Leonid Mikhelson. Foto: Kremlin.ru

Garage Museum of Contemporary Art

I servizi di sicurezza hanno fatto irruzione negli uffici del Garage nell’aprile 2024. Mesi dopo, il museo è stato visitato da attivisti di destra che hanno chiesto perché non promuovesse la guerra. Il direttore fondatore, Anton Belov, è stato sostituito nell’aprile di quest’anno da Daria Kotova, ex direttrice del fondo di dotazione del museo. Una delle fondatrici, Dasha Zhukova, ora vive a New York; l’altro, Roman Abramovich, soggetto a sanzioni in Gran Bretagna e nell’Unione Europea, starebbe dividendo il suo tempo tra Russia, Turchia e Israele.

New Holland Island, un’isola di epoca zarista a San Pietroburgo, inaugurata dall’ex coppia (Zhukova ne è stata a lungo direttore creativo), avrebbe cambiato proprietà legale lo scorso anno. L’ex direttrice della sede, Roxana Shatunovskaya, si è dimessa nel marzo 2024, dopo che suo marito aveva espresso online una critica contro i funzionari del Cremlino a seguito di un attacco terroristico in una sala da concerto di Mosca. Quest’ultimo è stato accusato di terrorismo ed estremismo e incarcerato. Il suo processo presso un tribunale militare di San Pietroburgo è iniziato nel maggio 2025. Il Garage aveva annunciato nel 2022 che avrebbe sospeso le mostre fino alla fine della guerra, ma nel 2024 il museo ha esposto la sua collezione di arte russa dagli anni ’80 agli anni 2020.

GES-2 Casa della Cultura

Il vasto spazio artistico di fronte al Cremlino, finanziato dal magnate del gas Leonid Mikhelson, quarto uomo più ricco della Russia, è stato inaugurato nel 2021 dopo che questi ha speso almeno 300 milioni di dollari per trasformare una centrale elettrica dei primi del XX secolo su progetto di Renzo Piano. Teresa Iarocci Mavica, che ha ricoperto il ruolo di direttrice della Fondazione V-A-C creata dal miliardario, ha lasciato l’incarico nel dicembre 2021, infliggendo un duro colpo al GES-2 poche settimane dopo la sua apertura e dopo che lei e Mikhelson avevano fatto visitare personalmente lo spazio a Putin.

Mavica è stata sostituita da Artem Bondarevsky, un avvocato che era vicedirettore della V-A-C. Diversi membri chiave dello staff della V-A-C hanno dato le dimissioni dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Tra questi, nel marzo 2022 anche Francesco Manacorda, che della V-A-C Foundation  era stato direttore artistico dal 2017. Nel 2024 il curatore italiano Francesco Bonami ha curato una mostra di grande successo, «Square and Space: From Malevich to GES-2», con l’ex direttrice della Galleria Tret’jakov, Zelfira Tregulova.

Museo dell'Impressionismo Russo

L’ex miliardario Boris Mints ha creato il museo nel 2016, in una fabbrica di dolciumi di epoca bolscevica nella capitale russa. Nel 2018 è fuggito in Gran Bretagna durante un’indagine statale sulle transazioni bancarie della sua società immobiliare. Il museo si concentra su un periodo e uno stile di nicchia dell’arte russa, che abbraccia la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, sia prima che dopo la rivoluzione bolscevica, includendo artisti rimasti in Russia ed emigrati.

In un’intervista del 2022 alla Bbc, Mints ha denunciato Putin come «vile» e l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia come «l’evento più tragico della storia recente, non solo dell’Ucraina e della Russia, ma a livello globale». L’anno scorso la direttrice del museo, Yulia Petrova, ha annunciato che il museo aveva un nuovo mecenate, Vladimir Voronin, anch’egli imprenditore immobiliare. Ha dichiarato che continua a consultarsi regolarmente con Mints sul museo, ma che lui non può sostenerlo finanziariamente dall’estero.

Erarta

Il più grande museo d’arte contemporanea privata della Russia, ospitato sui cinque piani di un edificio neoclassico di epoca stalinista a San Pietroburgo, è stato inaugurato nel 2010 e ha mantenuto filiali a Londra e Hong Kong fino al 2016. Poco si sa della fondatrice del museo, Marina Varvarina, il cui marito, uomo d’affari, è stato assassinato nel 2000; il suo omicidio rimane irrisolto.

Sergei Mironov, un politico di San Pietroburgo a capo di un partito chiamato Russia Giusta-Patrioti-Per la Verità, ha denunciato Erarta in un discorso alla Duma di Stato, la camera bassa del Parlamento, nel gennaio 2025. Si dichiarava particolarmente indignato da un’opera del 2014 intitolata «Welcome to Russia» di Yevgeny Kondratyev. Una porta su una bambola matrioska a grandezza naturale si apre su punte che ricordano una camera di tortura. «[Gli agenti stranieri] gridano elogi: che museo, che meraviglia!, ha lamentato Mironov. Stanno ingannando i nostri giovani e tutti fingono che sia giusto così».

Tuttavia, un’altra deputata della Duma, Ksenia Goryacheva, ha difeso l’Erarta Museum sul suo canale Telegram come «una parte vitale della vita culturale di San Pietroburgo» e ha avvertito che la sua chiusura sarebbe una «pagina tragica» nella storia della città.

Sophia Kishkovsky, 16 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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