Il pittore e teorico dell’arte John Graham fu il primo a scoprire il talento di Jackson Pollock. Era il gennaio 1942. Graham curò per la McMillen Gallery di New York la grande collettiva «American and French Painting», in cui venivano accostate le opere di noti artisti europei, Matisse, Braque, Derain, Modigliani, De Chirico e ovviamente Picasso, e un gruppo di artisti statunitensi ancora sostanzialmente sconosciuti, come Stuart Davis, Walt Kuhn, Lee Krasner e Virginia Diaz. Tra loro c’era anche Pollock, che espose la tela «Birth» (del 1941), una composizione verticale costituita da frammenti di figure deformi e stilizzate, che evoca un totem. L’influenza delle avanguardie europee e in particolare di Picasso, la scoperta di «Guernica» alla Valentine Gallery e delle «Demoiselles d’Avignon» nella grande retrospettiva del MoMA del 1939, risulta fondamentale nella costruzione della successiva Action painting di Jackson Pollock.
È su questo periodo «laboratorio», in cui si pongono le basi dell’opera successiva, più nota ed esposta, dell’artista statunitense, che si concentra la nuova mostra del Musée Picasso, «Jackson Pollock. I primi anni (1934-1947)», dal 15 ottobre al 19 gennaio 2025: l’occasione per osservare i primi lavori, raramente esposti, di uno dei maggiori esponenti dell’Espressionismo astratto. Opere che arrivano dai musei americani, tra cui il MoMA e il Metropolitan Museum of Art di New York, ma anche dalla Tate di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam o ancora dal Centre Pompidou di Parigi. Ovviamente il museo parigino ha anche attinto alle sue ricche collezioni per creare un dialogo tra i due grandi maestri dell’arte moderna. Le curatrici, Joanne Snrech, responsabile dei dipinti al Musée Picasso dal 2020, e la conservatrice Orane Stalpers, hanno scavato nella biografia di Pollock, prima dei grandi dribbling numerati, risalendo alle sue fonti di ispirazione. All’Art Students League Jackson Pollock (1912-56) fu allievo del pittore Thomas Hans Benton, uno dei maggiori esponenti del Realismo americano. Si interessò alla tecnica dell’affresco rinascimentale italiano e al Muralismo messicano, percorrendo gli Stati Uniti per osservare i murali monumentali, a tema sociale, di José Clemente Orozco.
Nel 1941 scoprì l’arte dei nativi americani, che il MoMA aveva esposto nella grande mostra «Indian Art of the United States», e vi attinse il motivo ricorrente della maschera. Nel corso degli anni Quaranta, a New York, frequentò la cerchia dei surrealisti, da André Breton a Max Ernst, Roberto Matta e Yves Tanguy. La sua prima monografica si svolse nel novembre 1943 nella nuova galleria Art of this Century aperta da Peggy Guggenheim. Nell’autunno del 1945 Pollock si trasferì con la moglie, Lee Krasner, a Long Island. Nel suo nuovo studio realizzò la serie «Accabonac Creek Series», ispirata ai paesaggi naturali della regione, tra cui «The Key» (1946), che dipinse stendendo la tela sul pavimento, ma usando il pennello ancora in modo tradizionale. L’opera è prestata a Parigi dall’Art Institute of Chicago. È così che Pollock inventò e perfezionò via via la sua tecnica del dripping, che consiste nel far colare il colore sulla tela. La prima serie di dripping fu esposta alla galleria Betty Parsons nel 1948. Più tardi, nel ’56, per il suo stile singolare, il magazine «Time» dette a Pollock il soprannome di «Jack the Dripper».