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Javier Pes
Leggi i suoi articoliNon ci sono opere di Andy Warhol o Robert Rauschenberg nella mostra «The World Goes Pop», allestita alla Tate Modern dal 17 settembre al 24 gennaio. Lo ha chiarito la cocuratrice della rassegna Flavia Frigeri che, insieme a Jessica Morgan, ha preferito puntare su figure meno note del movimento, «dal Giappone al Brasile, dalla Slovacchia alla Spagna».
Le curatrici hanno scoperto «molti pops» durante i loro sopralluoghi in vari studi e collezioni pubbliche e private nel mondo. In Spagna, alla fine degli anni Sessanta, esponenti dell’Equipo Crónica, un collettivo impegnato politicamente, usavano gli stilemi della Pop art per sfidare la dittatura del generale Franco. In Brasile, dopo il colpo di Stato del 1964, avvenuto con il tacito sostegno del Governo degli Stati Uniti, artisti come Marcello Nitsche realizzavano opere d’arte ancora in stile pop con palesi riferimenti al potere politico e all’impotenza delle vittime di quei regimi. Anche gli artisti attivi nell’Europa dell’Est, oltre la «Cortina di ferro», vennero a conoscenza della Pop art grazie alle riviste illustrate.
La cultura consumistica dei diversi Paesi forniva il materiale agli artisti desiderosi di rifiutare la dogmatica arte figurativa, generalmente in accezione realista-socialista, sostenuta da quei Governi.