Sophia Kishkovsky
Leggi i suoi articoliTre dei quattro principali musei russi (la Galleria Statale Tret’jakov, il Museo Statale Russo e il Museo Statale di Belle Arti Puškin) hanno visto la sostituzione dei propri direttori. A un anno dall’invasione dell’Ucraina le istituzioni culturali russe sono sempre più controllate dalla politica e dal Governo di Vladimir Putin. La nuova direttrice della Tret’jakov, Elena Pronicheva, è la figlia di un ex alto funzionario del Servizio di sicurezza federale fedele al presidente russo. Sotto la sua guida, Putin ha ordinato il trasferimento dell’icona più famosa della Russia, la «Trinità» di Andrej Rublëv, dal museo alla Chiesa ortodossa russa.
Alla Manilova, ex viceministro della Cultura, è stata nominata direttrice del Museo Statale Russo alla fine di aprile, mentre a marzo l’amatissima direttrice del Puškin, Marina Loshak, è stata sostituita da Elizaveta Likhacheva, ex direttrice del Museo Statale di Architettura Ščusev di Mosca. Mikhail Piotrovskij, direttore del Museo Statale dell’Ermitage, rimane al suo posto ma pronuncia regolarmente pubbliche giustificazioni della guerra e ha concordato un altro trasferimento alla Chiesa russa, il sarcofago del santo guerriero medievale Alexandr Nevskij.
Suo figlio, Boris, è vicegovernatore di San Pietroburgo con delega alla Cultura. Le sue responsabilità includono le relazioni culturali con Mariupol, la città ucraina designata come «città sorella» di San Pietroburgo poco dopo che la Russia l’aveva quasi rasa al suolo e occupata nel 2022. Nella sua rubrica di aprile per un giornale di San Pietroburgo, l’anziano Piotrovskij si è riferito ai territori ucraini occupati dalla Russia come «Nuova Russia» e ha parlato di «salvare» le collezioni museali che la Russia vi ha sequestrato.
Recentemente il Centro Sacharov di Mosca, dedicato al fisico sovietico dissidente Andrej Sacharov e apprezzato per le sue mostre sulla storia dei Gulag e di arte contemporanea, è stato chiuso dai funzionari della città di Mosca dopo che la Fondazione Sacharov è stata definita un’organizzazione «indesiderata» dall’ufficio del procuratore generale russo. Anche il maggiore spazio di Mosca per eventi pubblici, il Salone delle Esposizioni nell’ex Maneggio, ha un nuovo direttore che in maggio ha inaugurato una mostra di dipinti di battaglie contemporanee e storiche di Vassili Nesterenko, uno degli artisti preferiti dagli alti funzionari di Stato.
Nesterenko è l’autore delle decorazioni nella Cattedrale delle Forze armate russe nel Parco del Patriota, vicino a Mosca. La sua mostra è intitolata «Siamo russi, Dio è con noi», parole attribuite al generale zarista Alexander Suvorov nella sua guerra (1799-1801) contro le forze francesi. Il Maneggio è ora gestito da Ivan Demidov, ex veejay di fama negli anni ’90, poi convertitosi all’ortodossia russa ed è diventato viceministro della Cultura. Demidov aveva in precedenza diretto il Parco Zarjad’e, progettato da Diller Scofidio + Renfro (creatori dell’High Line a Manhattan), dove aveva promosso un’arte contemporanea rigorosamente «patriottica».
Questi recenti rivolgimenti hanno rafforzato l’esodo dalla Russia anche di numerosi lavoratori nei musei; già in settembre molti giovani erano espatriati dopo che Putin aveva annunciato una «mobilitazione parziale» per intensificare lo sforzo bellico.
...e «restituisce» icone simbolo al patriarca Cirillo
Vladimir Putin ha firmato un decreto («su molteplici richieste dei credenti») in base al quale uno dei capolavori dell’arte russa, l’icona della «Trinità» di Andrej Rublëv (1422 ca) finora conservata nella Galleria Tret’jakov, viene restituita alla Chiesa russa. Verrà esposta nella Cattedrale del Redentore di Mosca, poi sarà trasferita nella Cattedrale della Trinità del Monastero di San Sergio, per la quale era stata commissionata.
La decisione, secondo gli esperti, potrebbe risultare fatale per l’icona: «Verrà distrutta, e al suo posto vi verrà mostrato un simulacro», pronostica addirittura al quotidiano «Moskovskij Komsomolets» Lev Lifshitz, responsabile dell’arte antica russa all’Istituto Statale di Studio dell’Arte. Analoga sorte è toccata al sarcofago di Aleksandr Nevskij (una tonnellata e mezzo di argento dalla finissima decorazione barocca), trasferito dal Museo dell’Ermitage al monastero di San Pietroburgo che porta il nome dell’eroe russo.
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