Julia Halperin
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Alla vigilia dell’apertura allo Stedelijk Museum di un’importante rassegna di Tino Sehgal (Londra, 1976), è stata resa nota solo una delle opere. Si tratta di un’eccezione nella strategia comunicativa del museo, che presenterà per un anno, a cadenza mensile, un’opera di Seghal: un menu da dodici portate al posto del tradizionale buffet. La mostra parte il primo gennaio con «Instead of allowing some thing to rise up to your face dancing bruce and dan and other things» (2000) acquistata dal museo nel 2005: nella performance, una figura che giace sul pavimento si contorce in posizioni che alludono alle opere di Bruce Nauman e Dan Graham. Che cosa succederà dopo è un mistero. Sappiamo solo che la presentazione sarà un crescendo che culminerà in estate con l’opera più imponente dell’artista berlinese d’adozione: le performance di Sehgal possono infatti coinvolgere centinaia di persone. A partire dall’inizio dell’autunno le performance diventerrano via via più contenute e intime. La rassegna terminerà a dicembre con un intervento nella collezione permanente del museo. Ogni opera sarà rappresentata regolarmente durante l’orario di apertura del museo, sette giorni su sette. Sehgal è diventato celebre per le sue performance coreografate e le conferenze in musei, biennali e fiere. I suoi lavori non possono essere fotografati né ripresi. Si acquistano con accordo verbale, senza contratto scritto. Quando vengono allestite dalla gente del posto, selezionata e istruita dallo stesso artista, le performance sopravvivono solo come ricordo. «Seguendo la sua opera per più di un anno, diamo forma a quello che Tino ci chiede, cioè il tempo», dichiara Beatrix Ruf, direttrice dello Stedelijk e curatrice della mostra con Martijn van Nieuwenhuyzen. Nel corso di un anno il museo potrebbe impiegare centinaia di persone nel ruolo di attori: «Ci saranno audizioni, preparativi e altro, il tutto connesso con i diversi aspetti della città», conclude la direttrice.
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