Barbara Antonetto
Leggi i suoi articoli«Un restauro riabilitativo, non una ricostruzione», ci tiene a sottolineare Luisa Papotti, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Torino, annunciando per il 27 settembre l’inaugurazione alla presenza del ministro Bonisoli del restauro che a Torino, e non solo, si attendeva dalla notte dell’11 aprile 1997, quando un incendio distrusse la Cappella della Sindone. Capolavoro barocco di Guarino Guarini, la Cappella gli era stata commissionata nel 1668 dai Savoia per custodire la preziosa reliquia trasferita, come la capitale del ducato, da Chambéry a Torino.
Nel 1694 la Sindone veniva collocata nell’altare di Antonio Bertola al centro della cappella incastonata tra il Duomo e Palazzo Reale (non all’altezza della chiesa, da cui infatti si accede attraverso due scalinate, bensì al piano degli appartamenti reali di rappresentanza per ribadire la supremazia sabauda). Nella fase d’emergenza i Vigili del Fuoco, appesi a funi, avevano bloccato il dissesto della cupola con una cerchiatura esterna in trefoli d’acciaio sotto la direzione dell’ingegner Vittorio Nascè.
Nel corso del 1998 all’interno della Cappella è stato innalzato un «castello di puntellazione » che, oltre alla funzione di ponteggio, avrebbe svolto quella di sostegno statico in caso di cedimento. Successivamente il cantiere è stato sequestrato per appurare le cause e le responsabilità dell’incendio (quella sera si era tenuta in locali adiacenti una cena in onore del segretario generale dell’Onu Kofi Annan), oggetto di una lunga vicenda giudiziaria conclusasi senza riconoscimento di responsabilità a carico della Soprintendenza.
Lo stanziamento dello Stato di 25,8 milioni di euro (legge 270 del 1997) fece sperare in un recupero dell’edificio in tempi relativamente brevi. Nella realtà un iter complesso e accidentato ha negato la Cappella per 21 anni, anzi 28 se si tiene conto del fatto che era inaccessibile dal 1990. Il 5 maggio di quell’anno era infatti stata chiusa in seguito alla caduta di un frammento marmoreo di un cornicione per infiltrazioni d’acqua e tre anni dopo era stato avviato un intervento di restauro quasi concluso quando è divampato l’incendio.
Furono proprio i ponteggi lignei di quei lavori ad alimentare la vampata che ha letteralmente cotto l’ardita struttura marmorea autoportante progettata dal geniale monaco teatino modenese: le superfici scure e lucide del marmo nero e bigio di Frabosa Soprana (Cn) virarono in pietra calcificata, esplosa, di tonalità chiare e rossastre. In assenza di disegni e documenti, la decorazione marmorea è stata oggetto di un accurato «cantiere della conoscenza» che ha svelato il sistema a incastro dei conci contraffortati alla struttura esterna. Il dibattito sulle modalità di intervento nel frattempo prendeva in analisi tutte le possibili soluzioni per un restauro tanto difficoltoso da far pensare a qualcuno che l’unica soluzione fosse un rifacimento, una «ricostruzione com’era dov’era».
Domate le fiamme, sul pavimento della cappella si erano infatti accumulati detriti per uno spessore di un metro e ad alcuni esperti non sembrava percorribile la via che invece è poi stata intrapresa: la sostituzione (previa riapertura di una cava di marmo a Frabosa ormai chiusa) dei 1.550 elementi gravemente danneggiati e il consolidamento dei restanti 4mila (in alcuni casi sfilando i singoli conci e poi reinserendoli a consolidamento avvenuto, in altri casi procedendo al consolidamento in loco). Il cantiere di riabilitazione delle strutture in elevazione, su progetto di Paolo Napoli e Giorgio Macchi, è stato rallentato da due ostensioni della Sindone (nel 1998 e nel 2000) e da un contenzioso con la Corit, la ditta cui era stato assegnato nel 2009 (nonostante i ricorsi delle altre partecipanti alla gara) e revocato nel 2011 per inadempienze. Infine è stato affidato alla Arcas il 30 aprile 2012 e si è concluso nel 2015.
Per la riapertura della Cappella si era parlato dell’Expo di Milano del 2015 e poi del ventennale dell’incendio nel 2017, ma il lavoro di restauro delle superfici interne, metodologicamente all’avanguardia, è stato lungo e difficile in quanto si è scelto di consolidare le parti originali, riutilizzare tutti i frammenti del crollo e patinare le superfici alterate nel colore per assimilarle a quelle di integrazione.
La fase conclusiva ha riguardato il rifacimento dei tetti, degli infissi, degli impianti e lo smontaggio della struttura di sostegno e dei ponteggi. Oggi la Cappella ha finalmente ritrovato la piena efficienza delle strutture portanti originali e l’immagine straordinaria della sua archittettura interna. Il costo complessivo dell’intervento, diretto da Marina Feroggio, ammonta a oltre 30 milioni di euro, finanziati per la maggior parte dal Ministero per i Beni e le Attività culturali (28 milioni) con il sostegno di Compagnia di San Paolo (2,7), Consulta per la Valorizzazione dei Beni artistici e culturali di Torino (150mila), Fondazione La Stampa - Specchio dei Tempi, Iren e Performance in Lighting.
Alla Cappella non si accederà più dalle scalinate del Duomo, i cui cancelli rimarranno chiusi, ma dal portale in marmo di Frabosa della Galleria della Sindone di Palazzo Reale in quanto entrerà a far parte del percorso dei Musei Reali (la reliquia rimane in Duomo). La direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella ha dichiarato: «La riapertura della Cappella è una scommessa vinta grazie alla tenacia dei tanti, soprattutto i tecnici della Soprintendenza, che non hanno mai ceduto di fronte alle enormi difficoltà che si sono presentate».
Altri articoli dell'autore
L’edizione 2025 della più antica mostra mercato europea si terrà a Bruxelles dal 26 gennaio al 2 febbraio nella veste eclettica che ormai da anni la contraddistingue: ospite d’onore Joana Vasconcelos a sottolineare il dialogo tra arte antica e arte contemporanea
Con quattro mostre Anversa celebra lo spirito innovatore e satirico del pittore e incisore belga che prese le mosse dal Realismo, dall’Impressionismo e dagli antichi Maestri e li fece propri fino a diventare uno degli artisti dell’avanguardia europea che rivoluzionarono l’arte di fine Ottocento
Con il finanziamento del Pnrr il restauro del Ninfeo ha riservato delle sorprese. Proseguono i lavori per aprire ai visitatori serre, scuderie, giardino delle rose, bosco, frutteto e orto
Federico Cesi, scienziato e sostenitore di Galileo Galilei, diede impulso alla prima accademia di carattere scientifico d’Europa nel cinquecentesco palazzo di famiglia. Da 25 anni il borgo in provincia di Terni celebra l’evento con una Festa