Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Fabio Benzi
Leggi i suoi articoliEsiste da anni un problema che riguarda molti artisti del Futurismo, in particolare Giacomo Balla (ma anche Boccioni, Depero, Baldessari e tanti altri...), e che è ormai arrivato a un punto critico. Cioè la proliferazione di opere a mio parere non autografe, prive di provenienze plausibili, avallate però da singoli studiosi che di fatto autenticano unilateralmente la produzione di questi artisti. Il problema è più complesso di quanto sembri ed è giunto ormai ad avere una dimensione macroscopica e inquietante. E credo che il momento di affrontarlo sia arrivato e non sia più differibile.
La responsabilità è dei molti (e anche io mi metto tra questi) che finora hanno taciuto pensando che il fenomeno fosse limitato e recuperabile grazie al progredire degli studi. Nello specifico, io personalmente ho ingenuamente creduto che il mio ruolo fosse principalmente quello di studioso, che producendo libri, articoli, mostre, del livello più alto possibile e su palcoscenici di oggettiva rilevanza (monografie pubblicate con importanti editori, riviste di valore scientifico indiscutibile, cioè quelle che il Ministero dell’Università e della Ricerca definisce di «classe A», mostre in musei internazionali, cataloghi accurati e documentati...), avrei potuto chiarire e dare un senso profondo alle riflessioni estetiche di questi artisti, parallelamente salvaguardandone la produzione, anche da evidenti contraffazioni. Esse risultano però evidenti solo agli occhi di esperti (e sono molti i colleghi del mio parere) ed era invece un’illusione che chiunque, nel confronto con opere autentiche e spiegate nella loro complessità intellettuale, potesse percepire un eventuale inganno.
Se quindi ora faccio un mea culpa da studioso forse troppo platonico, a parziale discolpa posso portare una serie di fattori oggettivi che mi hanno di fatto impedito di attuare un programma di maggiore tutela, almeno nei confronti di un artista che amo molto, e a cui ho dedicato un cospicuo numero di pubblicazioni (una monografia, diverse mostre, decine di articoli) credo decisamente innovative e fondamentali per la sua conoscenza: Giacomo Balla.
Esperti o commissioni
Premetto che oggi, per il livello raggiunto dagli studi di storia dell’arte, e parallelamente per l’abilità ormai raffinatissima cui sono giunti i falsari, incoraggiati da guadagni ingenti, non è più possibile affrontare il difficile compito di attestare l’autenticità, la collocazione storica, la datazione di un dipinto, come si faceva fino a non molti anni fa: cioè con una sola persona che rabdomanticamente diviene interprete assoluta e arbitra dell’autenticità di un’opera. È un sistema arcaico, superato in tutto il mondo, che solo in Italia ancora mostra qualche brano di sopravvivenza. Ve lo immaginate, ad esempio, un quadro di Picasso esaminato da un oscuro, lontano parente dell’artista, o da un suo amico fiduciario? Le opere di Picasso oggi sono datate se non al giorno, quantomeno alla settimana o al mese di esecuzione. Questo conferisce loro valore, stabilità sul mercato, certezza museale e soprattutto certezza di autenticità. Una commissione di specialisti evita in maniera sensibile l’errore del singolo (sempre possibile, anche in assenza di intenzioni criminose, come peraltro talvolta avviene per motivi sostanzialmente economici), precisa attraverso il dibattito tra studiosi competenti elementi stilistici, tecnici, materiali e immateriali più o meno nascosti. Insomma, conferisce nella maggior misura possibile certezza al dipinto.
Esiste anche in Italia un’associazione (AitArt, Associazione Italiana Archivi d’Artista) che indica il livello minimo per costituire una commissione atta a garantire la validità di giudizio, cui molti archivi di artista aderiscono (non sono ammessi nell’associazione quelli con un singolo referente). Da parte mia, sono nella commissione per le autentiche di alcuni grandi artisti italiani ai quali ho dedicato molti contributi (anche grazie alla mia non più giovane età, ho avuto il tempo e la forza di studiarne a fondo diversi). Tra queste commissioni ricordo la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico (cinque membri, più alcuni altri interpellati a seconda dei casi: grafologi, analisti chimici ecc.); l’Associazione Mario Sironi (tre membri, tra cui Andrea Sironi); l’Associazione Fausto Pirandello (quattro membri); l’Associazione per il Catalogo generale di Francesco Paolo Michetti (quattro membri). Sottolineo che in nessun caso questo mio impegno è retribuito, salvo per coprire spese minime e necessarie: ciò che conferisce oggettività e imparzialità di giudizio. Per almeno tre dei quattro artisti menzionati, infestati da falsi ben prima della loro stessa morte, stiamo operando una severa revisione della loro opera, che non solo sta rassicurando il mercato nazionale e internazionale, ma soprattutto sta restituendo agli artisti stessi un profilo alto e non inquinato da opere spurie.

Fabio Benzi
Il problema dei futuristi
Il problema di Balla, come di altri artisti futuristi, è che per diverse ragioni non esistono fondazioni o associazioni con più membri (e di adeguata qualificazione) che possano garantire la qualità dei giudizi. Questo problema nacque già più di un decennio fa, quando la famiglia Balla si rese conto che la figura dell’artista, di cui essi detenevano i diritti morali e d’immagine, era troppo grande, per importanza, complessità e problematiche, per poter essere amministrata da un’unica persona. Io e il compianto Enrico Crispolti venimmo dunque convocati per organizzare, in innumerevoli riunioni tenute a casa mia, un comitato che prendesse in carico tale difficile compito (a cui pensavamo di associare anche altri studiosi). Purtroppo, dopo discussioni lunghissime, sia Crispolti che io decidemmo di abbandonare il progetto per i troppi limiti posti alla nostra autonomia scientifica da parte della famiglia stessa. La conseguenza fu che un’aiutante di Maurizio Fagiolo, mancato nel 2002, che aveva copia del suo archivio (lo studioso andava raccogliendo il materiale per un nuovo catalogo generale), ne continuasse l’attività, prima in sordina, poi in maniera sempre più pervasiva, avendo Crispolti e io definitivamente rinunciato all’incarico (come dicevo, per nostre ragioni esclusivamente professionali). In ciò una responsabilità significativa l’hanno avuta le case d’aste e i mercanti, ai quali la soluzione di un’unica persona (sempre fallibile) che possa dare riprova immediata e senza dover attendere tempi lunghi (come avviene per una commissione di diverse persone) è indubbiamente comoda. Il vero problema è che tra la quantità di opere nuove, forse troppe e con provenienze incerte, che emergono costantemente ve ne sono a mio parere diverse assai dubbie, che io non accetterei mai di riconoscere come autografe. Per innumerevoli motivi. La figura di Balla è dunque, secondo me, ormai offuscata da opere incerte, che inizialmente erano di portata ridotta, ma recentemente ho dovuto invece riscontrare opere apparentemente importanti su cui nutro personalmente (e con me altri studiosi di riconosciuto valore) dubbi di autenticità, esposte in gallerie e importanti fiere di arte moderna. Diversi direttori di musei stranieri, e vari collezionisti, già inquieti per la vacuità della storia dei nuovi dipinti presentati oltreché per la loro imprecisa sintassi pittorica, mi hanno recentemente chiesto informazioni e pareri su alcune opere esposte pubblicamente: è stato imbarazzante doverli sconsigliare dal prenderne in considerazione l’acquisto, fomentando un clima di diffuso sospetto sull’arte italiana e sulla solidità delle sue strutture scientifiche e protettive. Tuttavia quell’imbarazzo mi ha imposto di uscire da un silenzio ormai impossibile da mantenere.
Falsari sempre più scaltri
Il fenomeno appare a mio giudizio ormai massiccio, fuori controllo. Collezionisti cui sono stati offerti alcuni dipinti, hanno fatto eseguire analisi tecniche sui colori impiegati, che non corrispondono ai parametri dell’epoca indicata per l’esecuzione, confermando i miei dubbi. Tuttavia oggi i falsari sono diventati assai scaltri, e sono più attenti a non utilizzare materiali incongruenti con le analisi chimiche, che sanno potersi eseguire con una certa maggior facilità rispetto al passato. Le opere su carta, ma non solo, possono ormai realizzarsi con competenze tecniche che riducono enormemente la possibilità di accertarne l’epoca di esecuzione. Sicché il compito di smascherare opere contraffatte con analisi dei materiali, oltre agli strumenti forniti dall’occhio e dall’esperienza, che rimangono fondamentali, va diventando man mano più arduo.
Evito di parlare di altri artisti, che pure, sull’onda del successo internazionale del Futurismo, cui credo di aver dato un personale contributo, presentano analoghe criticità. Spero che altri studiosi seri e come me impegnati in questa crociata morale, seguano le orme di questa mia denuncia focalizzando i problemi relativi anche ad altri pittori assaliti da opere dubbie o impossibili, che ne offuscano la grandezza, o comunque l’integrità e il riconoscimento internazionale. E spero che gli operatori di mercato più seri, davanti ai costanti dubbi di collezionisti italiani e internazionali, di curatori di musei, che sempre più si manifestano, possano fare qualcosa per restituire credibilità a Giacomo Balla, uno dei maggiori artisti italiani del Novecento, come ad altri importanti artisti del periodo, prima che sia troppo tardi.
In questo frangente, la mancanza di regole ufficiali, e persino di un albo degli operatori artistici, rende gli strumenti di intervento più limitati, sensibili solo nel caso in cui ci si spinga a fare una denuncia personale alla Magistratura. Tuttavia questa prassi impone le lungaggini del processo, le spese relative, che nessuno si sente di affrontare personalmente, senza un supporto pubblico, e talvolta anche un esito incerto per via del sistema stesso dei processi, ove non esistano giudici esperti di questioni artistiche (estremamente specifiche e delicate), e spesso l’esito dipende dalla casualità di consulenti del tribunale non sempre all’altezza della situazione: ne ho esperienza diretta e indiretta. Questo può sembrare, e lo è, un accorato appello a chi voglia dare regole più severe ed efficaci, e porre un argine a una situazione imbarazzante: il ministro della Cultura Giuli, quello della Giustizia Nordio, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, i mercanti e le case d’asta che operano seriamente sul mercato, chiunque abbia a cuore l’arte del Novecento italiano.
Che cosa fare? Onestamente non so che cosa si debba o possa fare (le opzioni sono molte), ma è fondamentale fare qualcosa. A questo punto il problema è sollevato, e spero possa essere il primo passo verso una maggiore chiarezza sulla nostra grandissima arte del Novecento storico.
Altri articoli dell'autore
La mostra alla Gnamc è appannata e confusa: allestimento arredativo e disorientante, selezione delle opere opinabile e manchevole, inquietanti presenze mimetizzate...