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Erica Roccella
Leggi i suoi articoliLa mostra di quest’anno comprende oltre 20 opere site specific incentrate sul tema «Second Nature», che esplora i confini sempre più sfumati tra natura e artificio. Perché è così importante affrontare questo tema attraverso l’arte oggi?
«Second Nature» è un termine polivalente. Si riferisce a un’abitudine talmente radicata da non sembrare più esterna, ma parte integrante del nostro essere. Può indicare la natura che è stata alterata al punto da diventare di un ordine diverso, o al contrario qualcosa di artificiale creato dall’uomo che passa per natura. Mi interessano i vari livelli di significato del termine in relazione al comportamento e alla percezione. Se le azioni si ripetono più e più volte, alterano il mondo che ci circonda, ma anche chi siamo. Questo vale per il cambiamento climatico e l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi da cui dipendiamo. Ed è vero per le mitologie, i rituali e anche per gli algoritmi che modellano la nostra visione del mondo, così come per le immagini che si ripetono incessantemente, circolano e plasmano i nostri desideri. Attraverso le opere di 21 artisti in spazi pubblici, Parcours esplora questi processi complessi, che modellano gran parte della nostra realtà odierna.
In che modo la materialità di un’opera, come l’enorme installazione tessile di 80 metri di Hylozoic/Desires in Münsterplatz, suggerisce l’idea di una natura trasformata o «cucita» artificialmente?
Hylozoic/Desires presenta un’installazione tessile su larga scala la cui forma ricalca la linea doganale interna. Di questo confine lungo 4mila km che attraversava il subcontinente indiano, 2.500 km sono stati creati con una siepe composta inizialmente da cespugli spinosi essiccati e successivamente da piante medicinali autoctone. La linea è stata installata dalla Compagnia delle Indie Orientali a partire dal 1830 e successivamente proseguita sotto il dominio britannico per intercettare i «contrabbandieri» e applicare la tassa sul sale. La doppia natura della siepe rimanda a diversi modi di vedere la natura: come risorsa da sfruttare o come sistema mutualistico. Parimenti, nei timbri stampati sui tessuti dagli artisti coesistono diversi sistemi di conoscenza: le categorizzazioni botaniche coloniali e l’abbondanza caotica e incontrollabile della natura. L’installazione considera la siepe sia un’architettura del dominio coloniale che un luogo di resistenza. Queste dualità coesistono nell’opera e offrono letture stratificate del tema di «Second Nature».
Nel contesto di una fiera come Art Basel, quale tensione o equilibrio si instaura tra la vocazione immersiva e sperimentale di Parcours e la logica del mercato dell’arte?
Parcours è il settore pubblico di Art Basel. È accessibile a tutti gratuitamente per tutta la durata della fiera. I progetti sono tutti presentati in spazi non artistici: all’aperto, in negozi vuoti e funzionanti, in un hotel, in un appartamento. I visitatori possono incontrarli mentre si recano alla fiera o mentre vanno al lavoro, nel corso della loro vita quotidiana. Questa è la bellezza dell’arte pubblica: incontra le persone là dove si trovano. Le location speciali offrono anche contesti inediti e, con essi, nuove interpretazioni delle opere d’arte, molte delle quali sono state create appositamente per Parcours. Svolgendosi al di fuori del quartiere fieristico, il settore interagisce con la città e riunisce il pubblico locale e i visitatori in un percorso di scoperta condiviso.