Daniela Ventrelli
Leggi i suoi articoliÈ nel cuore della Puglia il parco archeologico più esteso della regione, Monte Sannace, situato sul primo gradino delle Murge, nel comune di Gioia del Colle (Bari). Qui si conservano i resti dell’antica Thuriae, città indigena ricca e popolosa citata da Tito Livio (X, 2). Con oltre 30 ettari di estensione, il parco offre ai visitatori un percorso archeologico che si intreccia a un sentiero naturalistico dal quale osservare le caratteristiche topografiche e strutturali della città antica, a partire dalle mura difensive di cui resta un lungo tratto con un’altezza superiore ai tre metri. Il sito è stato indagato sistematicamente dalla metà del Novecento a oggi; dal 1994 gli scavi sono condotti dalla Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Bari con la direzione nell’ultimo decennio di Paola Palmentola, docente di Archeologia italica nello stesso Ateneo.
Le lunghe ricerche hanno consentito di riportare alla luce porzioni molto ampie tra case, strade, monumenti pubblici e sepolture, contribuendo a delinearne storia e caratteri distintivi. Se numerose sono le evidenze di frequentazione dell’area dall’Età del Ferro fino al Medioevo, il periodo di maggior splendore del sito è ascrivibile ai secoli VI-III a.C. e, in particolare, alla fase ellenistica. A questo tempo appartengono i resti più numerosi e ben conservati di edifici con struttura di pietre e mattoni di argilla e copertura solida in tegole, a destinazione pubblica e privata. Nella parte pianeggiante è visitabile una grande area abitativa, vicina al circuito murario, organizzata in cinque insulae grazie all’incrociarsi di più strade, con vani a destinazione domestica, case/bottega e, in alcuni casi, con la presenza di impianti artigianali e produttivi.
Numerosi anche i resti funerari collocati non lontano dalle zone destinate alle abitazioni e, nel caso di bambini o neonati, anche all’interno delle case stesse come da consuetudine degli Iapigi. Nella suggestiva acropoli, numerose tombe monumentali dalle pareti affrescate e tracce di edifici destinati al culto e alla vita pubblica. Ed è proprio qui, sulla sommità della collina, che nell’ultima campagna di scavo (autunno 2024) una scoperta significativa ha destato l’attenzione della comunità scientifica: «Abbiamo ritrovato in un’area al margine nordoccidentale dell’acropoli un grosso complesso produttivo oleario databile fra la seconda metà del III e la fine del II secolo a.C., composto da quattro ambienti in stretto collegamento funzionale attraverso la presenza di una canalizzazione, dichiara Paola Palmentola. La pulitura, la molitura e la spremitura delle olive dovevano avvenire in un grande spiazzo, cinto da zoccoli murari, ma privo di muri in elevato e dunque anche di tetto».
Secondo gli studi eseguiti, la vasca di decantazione era collocata in un ambiente finora interpretato come stanza da bagno, per la sua pavimentazione in cocciopesto e per la presenza della vasca fittile.
Nella lettura attuale, invece, il lacus oleario doveva essere corrispondente all’intero ambiente e la vasca fittile doveva costituirne il pozzetto di decantazione. «Nella stessa area ci sono documenti che attestano la compresenza di altre attività produttive, crediamo anche legate alla fusione e realizzazione di oggetti in ferro, testimoniata dal rinvenimento di un gran numero di calotte di fusione», conclude la studiosa.
Oltre alle attività di scavo e ricerca, l’équipe conduce una serie di iniziative finalizzate al coinvolgimento delle scuole, «Excavation at Monte Sannace», e di tutti i cittadini, «Storie dalla nostra Terra», in collaborazione con la Direzione regionale Musei nazionali della Puglia.

Panoramica dei quartieri abitativi di Monte Sannace
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