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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. È stato presentato ieri a Palazzo Patrizi Clementi, introdotto dalla soprintendente Alfonsina Russo, il progetto «Tecnologie avanzate per la grande pittura etrusca da Veio a Tarquinia», ramo di CO.B.RA, ampio progetto Enea più che di ricerca di vero e proprio trasferimento tecnologico, ovvero di messa a punto e fornitura di metodi, tecnologie e strumenti avanzati per la conservazione dei beni culturali, persino con modifiche ad hoc, per Soprintendenze e restauratori operanti sul patrimonio del Lazio (la Regione è l’ente finanziatore).
«Gli interventi finora eseguiti sono una decina in tutto il Lazio, riferisce la responsabile scientifica di CO.B.RA Roberta Fantoni (Enea), specie ma non solamente su ambienti ipogei». Il primo outdoor/open laboratory, che ha preso il via il 26 settembre scorso sulla Tomba dei Demoni Azzurri della necropoli dei Monterozzi a Tarquinia, scoperta nel 1985 e che presto sarà aperta al pubblico, è stato esteso ad altre tre delle celebri tombe dipinte della città etrusca, che si dice furono visitate a suo tempo anche da Michelangelo e che Massimo Pallottino definì «il primo capitolo della storia della pittura italiana»: la 6222, la 5203, la Tomba Querciola. E a due delle più importanti di Veio: la Tomba dei Leoni Ruggenti, riemersa nel 2006 con le pitture parietali più antiche di tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, e la Tomba Campana, scoperta dall’omonimo marchese Giovanni Pietro a metà Ottocento, le cui pitture però oggi sono praticamente scomparse. Su di esse si sono sperimentati avveniristici sistemi a laser scanner, a luce strutturale, di monitoraggio statico, di spettroscopia Raman, e altro ancora.

Un particolare delle pitture parietali della Tomba dei Leoni Ruggenti a Veio

Ricostruzione della Tomba dei Demoni
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