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«Il bagnino», immagine tratta dal volume «The Beginning» di Tina Barney

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«Il bagnino», immagine tratta dal volume «The Beginning» di Tina Barney

Tina Barney: i suoi primi anni

In un libro circa 50 opere della fotografa, molte delle quali mai viste prima ed eseguite dal 1976 al 1981

Giada De Agostinis

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È appena stato pubblicato dalla casa editrice Radius Books The Beginning, ultimo libro della celebre fotografa americana Tina Barney. Il volume include la collezione dei suoi primi lavori, circa 50 opere, molte delle quali mai viste prima ed eseguite dal 1976 al 1981. Una mostra dallo stesso titolo, che presentava una trentina di lavori tra quelli inclusi nel volume, si è chiusa lo scorso aprile alla Kasmin Gallery a New York. Esposizione e libro sono il risultato di un progetto portato avanti durante la pandemia dalla fotografa americana, che rimettendo mano al suo archivio ha riesumato circa mille negativi 35 mm.

Tina Barney nasce nel 1945 a New York come Tina Isles e cresce nell’Upper East Side. La sua appartenenza a un ceto benestante della società diventa un tratto distintivo del suo lavoro, tanto che dal 1981 comincia a fotografare scene di vita borghese in cui «dirige» come una regista gruppi di famiglia, amici e conoscenti delle élite americane ed europee, creando dei veri e propri affreschi di vita domestica. Sono questi ritratti di gruppo che, catturando la dissonanza tra un’apparenza esasperata e il silenzio di emozioni veritiere, la rendono una fotografa famosa in America e nel mondo.

Le fotografie nel libro appena uscito risalgono all’inizio della sua carriera. All’epoca era già madre di due figli e aveva finito da poco la scuola al Sun Valley Center for the Arts in Idaho. Sarà stato questo periodo di passaggio (quello in cui finisce un percorso formativo e si inizia a sondare quello artistico) o l’ambiente in cui è cresciuta, ma questi primi scatti trasudano un’atmosfera spensierata, giocosa e conviviale; a guardarli sembra quasi sia sempre estate. Per chi conosce i suoi lavori più tardivi, quello che colpisce di queste prime opere è una certa imperfezione. Iniziando a esplorare e a definire il suo stile, in questi primi scatti Barney sta ancora cercando il modo di catturare il privilegio del suo mondo e le diverse sfumature del milieu sociale dal quale proviene.

I suoi lavori più conosciuti ci mostrano un senso della composizione e dell’arrangiamento dei suoi personaggi quasi maniacale, veri e propri «tableaux vivants» in cui nulla è lasciato al caso; nelle sue prime opere invece si sofferma sui momenti più strani, gesti bizzarri che interpretano diversi modi di stare al mondo. Queste fotografie sembrano descrivere azioni più spontanee, perlopiù colte in ambienti all’aperto. Ci sono momenti furtivi catturati in piscina, lo sguardo di un uomo prima di una premiazione, bambini che cercano di toccare un pesce spada appena pescato o una donna che si prepara nella camera degli ospiti.

Azioni usuali e non performanti per la macchina fotografica, anche se, come Vince Aletti nota in un recente articolo sul «New Yorker», ci resta sempre il dubbio che tutto sia studiato e non così casuale come sembra. Questi tentativi di cogliere momenti spontanei sarebbero forse fin troppo consapevoli? L’incognita resta, ma si rimane comunque affascinati nello scoprire come si muoveva l’artista ai suoi inizi.

Con queste istantanee Tina Barney ci porta in punta di piedi nel suo mondo, ci invita ad avvicinarci al suo lavoro per osservare quello che poi diventerà il motivo ricorrente del suo sguardo: la casa, l’interno, il rituale della convenzione sociale borghese. È questo approccio introspettivo che rende speciale le sue prime opere. Barney stessa le descrive come «schizzi che un pittore potrebbe usare per un dipinto più grande». E in effetti le immagini che ci regala sono state esposte presso la Kasmin Gallery come stampe più piccole rispetto a quelle a cui ci ha abituato la fotografa (40x60 cm invece dei soliti 120x150), presentandosi con un’intimità diversa rispetto alla sua più accurata e pianificata staged photography.

The Beginning rivela un talento che si andrà raffinando nei lavori successivi ed è un piacere scoprire con l’artista il processo che l’ha portata dal bianco e nero al colore, e dalla Pentax, utilizzata in questi primi scatti, a una camera 4x5, che diventerà il suo strumento prediletto. Per chi è affascinato dalle fotografie di gruppo, dalle dinamiche relazionali, familiari e non, dai movimenti coreografici nascosti che ci avvicinano e allontanano nei gesti quotidiani, The Beginning rappresenta un lavoro essenziale da includere nella propria biblioteca personale.

Tina Barney. The Beginning,
a cura di James Welling, 112 pp., ill., Radius Books, Santa Fe 2023, $ 60
 

La copertina del libro

Giada De Agostinis, 17 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

Tina Barney: i suoi primi anni | Giada De Agostinis

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