«Quanto vale la costola di Adamo?», si interroga un servizio su «Il lavoro illustrato» nel 1954, che dal censimento della popolazione italiana fatto tre anni prima prende atto del dato più sbalorditivo registrato: l’avanzata inarrestabile della donna nel campo professionale. La giovane Titina Maselli (1924-2005) fa parte di questa schiera, in una posizione pionieristica rispetto ai colleghi artisti. Artista dalla forte individualità, animata da una speculazione intellettuale, in piena epoca informale e di socialismo realista matura una pittura nuova, che rigetta qualsiasi «sentimentalismo» espressivo. Ama la notte, dove fruga in solitudine per respirare il ritmo della vita moderna. Un carrozziere le prepara il fondo nero della tela con la nitrocellulosa e con questa legata al corpo esplora la zona intorno alla Stazione Termini.
Mette in cantiere altri temi con tagli inediti, trovati sempre nella strada, come dirà a Lea Vergine nel 1984: «Detriti urbani, relitti, scarti, avanzi, scatole stropicciate di sigarette, giornalacci strappati (…) il panta rei, il continuo andare e della volontà e della perdizione», oltre a temi sportivi presi dalla carta stampata, la parte bassa dei camion che divorano le strade di notte, ovvero lampi di memoria della guerra, della deportazione, allo stesso tempo delle autostrade del boom economico. La pasta pittorica è materica e accesa da contrasti luminosi derivanti dal bianco e nero della pellicola cinematografica, che conferisce «drammaticità» alla rappresentazione. Tra il 1952 e il 1955 è a New York, una metropoli bloccata tra i fari delle auto e i lampi del magnesio. Ora ripercorre la ricerca di Maselli (Roma 1924-2005), una delle artiste italiane più moderne e complesse del ’900, pressoché sconosciuta al grande pubblico e per 53 anni moglie di Toti Scialoja, un’attenta antologica nel Casino dei Principi a Villa Torlonia e al Mlac (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’ateneo la Sapienza) dal 12 dicembre al 21 aprile 2025. Curata nella prima sede da Claudio Crescentini, Federica Pirani e Claudia Terenzi, nella seconda da Giulia Tulino e Ilaria Schiaffini, è promossa da Roma Capitale con l’Università la Sapienza, l’Archivio Titina Maselli e il Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario di Titina Maselli (catalogo Electa). Sono indagati i principali temi iconografici della pittrice: autoritratti, ritratti, lo sport, i paesaggi urbani, i camion, le nature morte oggettuali.
Il Casino dei Principi riunisce opere dalla fine degli anni Quaranta fino ai Sessant, compresi approfondimenti tematici trasversali all’indagine dell’artista. Sono esposte, per esempio, «Natura Morta Lucky Strike II» (1948), notturni romani, essenziali visioni notturne di New York, «Impalcatura» (1953), che riflette sul Futurismo per esprimere le forze primarie che sottendono la vita moderna. Al Mlac è allestito il periodo dagli anni Sessanta fino alla morte di Maselli, con attenzione ai dipinti di grande formato e al teatro, al quale l’artista si dedica intensamente tra Parigi e la Germania. Sono incluse opere come «Boxeurs (nero, rosso, verde)», fili elettrici dei filobus e della metro sopraelevata saettanti nei cieli urbani rossi. Qui è presente anche un apparato documentale storico. «Figlia di Ercole Maselli, noto critico d’arte, e di Elena Labroca, animatrice della scena artistica, letteraria e musicale di Roma, Titina si è nutrita del mondo intellettuale romano, che l’ha aiutata a plasmare una personalità coraggiosa, autonoma, per cui si potrà affidare a sé stessa, spiega Tulino. Dagli anni Sessanta il suo obiettivo è di rendere il colore con una forte intensità cromatica, il più efficace possibile nella comunicazione dell’opera, così apre una diversa stagione pittorica. In “Calciatori” (1959) la nota dominante è il rosso puro, cadmio: l’artista stessa racconta come si sia impegnata a raggiungere un “colore inventato”, non naturalistico ma simbolico, che sapesse comunicare “l’urlo dello stadio, che si alza e grida”, il “tono psicologico-collettivo”».