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Tiziano inflessibile monopolista

L’uso della grafica per saturare il mercato

Alfonso Frigerio

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Il volume di Peter Lüdemann è la recente aggiunta alla meritoria produzione scientifico-editoriale del Centro Studi Tizianeschi. Rappresenta programmaticamente il coronamento del precedente saggio Le botteghe di Tiziano, del 2009, curato da Bernard Aikema, Giorgio Tagliaferro, Matteo Mancini e Andrew John Martin (cfr. n. 304, dic. ’10, p. 62). Ben articolato, con capitoli che seguono lo svolgimento della lunga carriera del cadorino, analizzando il ruolo delle opere su carta all’interno di quello che è stato definito il «sistema Tiziano». Il maestro lavorava, infatti, con un modello organizzativo fortemente pragmatico, capace di evolvere nel corso dei decenni per rispondere alle esigenze di una clientela sempre più vasta e internazionale.

In una successione fitta di analisi rigorose, Lüdemann parte concretamente dalla produzione incisoria degli esordi, approfondendo i rapporti non sempre semplici con silografi tedeschi e con gli incisori Domenico e Giulio Campagnola, ma anche quelli con i più stretti collaboratori, a partire dal fratello Francesco. La bottega silografica assume un ruolo centrale dapprima nella fase di conquista del mercato, poi nella costruzione di una strategia autopromozionale, destinata a evolvere negli anni della maturità e della vecchiaia in nuove collaborazioni, in primis con Cornelis Cort, finalizzate a capitalizzare il marchio di «Titianus inventor» attraverso una stampa di riproduzione. La lettura è impegnativa, ma ricca di continui stimoli.

Il volume rappresenta il frutto di un denso lavoro destinato a entrare tra le opere di riferimento per gli studi tizianeschi. Ciò anche per scelte di metodo intelligenti, come quella di non porre «la piena e sicura autografia delle opere prese in esame» come condizione obbligatoria, riconoscendo invece come proprio i disegni di paternità incerta possono ai fini della ricerca rivelarsi più significativi dei capolavori riconosciuti. Uno degli obiettivi ben centrati dall’autore è quello di scardinare la faziosa e fuorviante rappresentazione vasariana dell’arte veneta e della statura artistica di Tiziano come costituzionalmente indebolita da un carente studio del disegno.

Al contrario, l’impiego della grafica è approfondito in tutti i suoi aspetti, ma sempre entro la prospettiva organizzativa delle officine pittoriche a gestione familiare. In queste, il disegno poteva di volta in volta svolgere funzioni di apprendimento, perfezionamento e sperimentazione, non raramente finalizzato anche alla produzione di opere grafiche dotate di un loro valore autonomo.

La tesi conclusiva di Lüdemann riconosce nella particolare declinazione rigorosamente gerarchica della bottega tizianesca, in cui il maestro monopolizzava gelosamente la prerogativa dell’inventio, con collaboratori attivissimi pronti a replicare, ma scoraggiati dall’innovare, la vera causa del rapido dissolvimento della sua eredità professionale e spirituale.

Tiziano. Le botteghe e la grafica
di Peter Lüdemann
288 pp., ill.
Alinari Idea, Firenze 2016
€ 45,00
 

Alfonso Frigerio, 07 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

Tiziano inflessibile monopolista | Alfonso Frigerio

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