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Top doll top model

Massimiliano Capella

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Al Mudec 427 pezzi illustrano il mito di Barbie, la bambola della Mattel a un tempo indossatrice e ispiratrice di celebri stilisti, nonché di un ritratto di Andy Warhol

Dal 28 ottobre al 13 marzo 2016 il Mudec - Museo delle culture a Milano, ospita «Barbie. The Icon»,la prima mostra che presenta in modo ufficiale la storia di Barbara Millicent Roberts, a tutti nota semplicemente come Barbie. Attraverso l’esposizione di 427 pezzi provenienti dagli archivi di Mattel US e Italia e da collezioni private, suddivisi in sei sezioni tematiche dedicate ai grandi temi che hanno segnato lo sviluppo della sua «vita», Barbie ci guida lungo i grandi cambiamenti sociali, culturali e di costume dell’intera società occidentale nella seconda metà del XX secolo. Barbara Millecent Roberts debutta infatti come Teen Age Fashion Model Doll sul mercato del giocattolo in occasione della Toy Fair di New York il 9 marzo 1959.

Fin dalla sua prima apparizione l’immagine di Barbie rispecchia perfettamente i nuovi modelli sofisticati e sensuali delle star più celebrate del grande schermo e delle modelle dell’epoca, da Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor e Sandra Dee a Dorima e Bettina. Il fascino suscitato da queste nuove icone di bellezza non è limitato a una platea adulta ma, grazie alle immagini divulgate dai giornali e dalla pubblicità, conquista presto anche i sogni dei più piccoli.

Da una semplice intuizione di Ruth Handler (Ruth Marianna Mosko, Denver 1916 - Los Angeles, 2002), moglie di Elliot Handler, fondatore nel 1945 con l’amico Harold Mattson della Mattel, nasce l’idea di Barbie: la loro figlia Barbara (Los Angeles, 1941) preferiva infatti giocare con le immagini di attrici ritagliate dalle riviste piuttosto che con le più tradizionali bambole di pezza ed è così che sua madre capisce che può esistere una nuova amica del cuore per le bambine di tutto il mondo e suggerisce l’idea al marito.

Fin dal suo esordio Barbie appare come una vera icona di stile. Il suo grande successo è infatti da subito legato alla possibilità di comprare separatamente i diversi outfit cuciti ogni anno per il suo guardaroba, lasciando alle bambine la libertà di creare nuovi abbinamenti e stili infiniti. Fin dal 1959 alcune creazioni sfoggiate da Barbie sono talmente in linea con le nuove tendenze estetiche internazionali che rappresentano un vero campionario in miniatura dell’evoluzione della moda e dello stile negli anni che hanno registrato il predominio dell’haute couture francese, l’affermazione internazionale dell’italian look e la nascita del ready to wear americano e inglese.

Sono tre i modelli sfoggiati da Barbie nel 1959 e presentati in mostra e che sintetizzano meglio di altri le trasformazioni culturali ed estetiche degli anni Cinquanta: Gay Parisienne trasforma infatti Barbie in una donna parigina con un abito a palloncino ispirato alla linea sartoriale lanciata da Hubert de Givenchy nel 1956; il tailleur di Commuter Set sembra uscire direttamente dall’atelier di madame Coco Chanel, mentre Roman Holiday immortala Barbie in una mise studiata sui modelli di Emilio Schuberth e delle Sorelle Fontana, grandi protagonisti della nuova couture italiana. Quella di Barbie è una collezione di moda che si arricchisce di anno in anno e che rispecchia totalmente il processo creativo e di confezione tipico delle case di moda più prestigiose al mondo, in modo particolare negli anni tra il 1959 e il 1970.

Dopo aver incarnato la moda del suo tempo, Barbie diventa poi, dalla metà degli anni Ottanta, fonte di ispirazione per la moda stessa. Nascono, a partire dal 1985, collaborazioni con alcuni dei più importanti fashion designer con produzioni personalizzate ricercatissime che hanno rafforzato di volta in volta l’immagine di Barbie quale icona di stile. Il primo stilista ad apporre la sua firma sul box di Barbie è BillyBoy*, che nel 1984 realizza una serie di bozzetti e prototipi in cui la bambola sfoggia creazioni haute couture raffinatissime, presentate a Parigi insieme all’inedito modello Barbie BillyBoy* creato in occasione della mostra itinerante «Nouveau Théâtre de la Mode» (1985), a cui seguirà la sofisticata Feelin’ Groovy Barbie (prodotta nel 1987). Dalla moda all’arte il passo è breve. Così nel 1986 Barbie viene immortalata da Andy Warhol nel celebre ritratto «BillyBoy* as Barbie».

All’insistenza di Warhol per realizzare un suo ritratto, BillyBoy* rispose: «Se vuoi farmi un ritratto, fai Barbie, perché Barbie c’est moi». Questa risposta dal sapore letterario (Gustave Flaubert disse: «Emma Bovary, c’est moi») suggerisce a Warhol il doppio ritratto di Barbie, il primo con fondo blu molto brillante, ispirato alla giacca Surreal Couture BillyBoy*, donato allo stesso stilista, il secondo con fondo rosso-arancio, acquistato da Mattel.

Il volto immortalato da Warhol è quello della Barbie Superstar (1977), la più americana tra tutti i modelli prodotti, le cui fattezze vengono inizialmente tratteggiate da Warhol sulla fotografia di una Barbie del 1980 della collezione privata di BillyBoy*. Allo stesso livello dei miti commerciali immortalati da Warhol (dalle lattine della zuppa Campbell alle bottiglie di Coca-Cola) anche Barbie era famosa in tutto il mondo come puro fenomeno di massa, ma quando Warhol realizza nel 1981 la serie di tele della serie «Miti», da Topolino alla Strega del Mago di Oz, fino a Howdy Doody, curiosamente non contempla il suo ritratto.

È dunque grazie all’opera del 1986 ispirata da BillyBoy* che Barbie si trasforma da giocattolo di massa in icona globale e opera d’arte fuori dal tempo, l’ultima icona americana ritratta da Warhol prima della sua morte, avvenuta un anno più tardi a New York. 

Massimiliano Capella, 25 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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