Gianluigi Ricuperati
Leggi i suoi articoliDall’8 al 15 marzo Torino ospiterà le Special Olympics invernali, una manifestazione straordinaria, che offre agli atleti con disabilità mentali la chance di gareggiare in discipline sportive, proprio come accade alle Paraolimpiadi per gli atleti con disabilità fisiche e alle Olimpiadi per i «normoatleti». Il comitato organizzatore, la Fondazione «Comitato Organizzatore dei Giochi Mondiali Invernali Special Olympics 2025», su impulso della presidente Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, ha proposto di associare alle attività sportive un programma culturale che metta in luce la città dei musei e delle arti, la cui responsabilità è stata affidata a Luigi Cerutti. Da parte mia, come scrittore e narratore, sono felice e onorato di contribuire raccontando il programma di attività culturali che Special Olympics dedica alla magnifica comunità viaggiante di atleti, accompagnatori e famiglie. Al di là delle rispettive cornici editoriali, tutte le principali testate giornalistiche del territorio ospiteranno interventi e narrazioni che, mettendo in luce i vari appuntamenti del programma culturale, offriranno punti di vista sempre diversi, per dare spazio alla straordinarietà dei protagonisti delle Special Olympics.
Il desiderio è che «la Torino dei musei e delle culture» si faccia guardare dalle persone più speciali del mondo e dimostri di essere così speciale che la scelta di Torino per le Special Olympics appaia come la cosa più naturale. La parola «specie» deriva dal latino «specĭes», che ha il significato di aspetto, apparenza, forma o tipo. Il termine latino trae origine a sua volta dal verbo «specĕre», che significa «guardare» o «osservare». Nei musei in generale ci sono oggetti, storie e forme che sono così speciali da essere nel contempo perfetti rappresentanti della propria categoria e insieme trascenderla, quella categoria. Scriveva nella prima metà del ’900 il teologo e scienziato Pierre Teilhard de Chardin: «Everything that rises must converge». Special Olympics organizzerà eventi e «guided visits» che intratterranno e faranno scoprire a nuovi e preziosi sguardi il tesoro dei nostri teatri, dei nostri musei e delle nostre iniziative culturali: una danza delle convergenze per presentarsi con tutta l’attenzione che merita al cosmo delle neurodivergenze e delle disabilità intellettive. Perché ogni volta che si comunica e si facilita la comunicazione con queste menti che sono mondi straordinari, si solleva un velo di separazione e isolamento e si permette a una creatura di alzarsi e partire come ai blocchi di partenza di una gara.
Questi momenti che quotidianamente si offriranno al termine della giornata di gare sportive si tramuteranno poi in racconti, storie e immagini che sveleranno alla comunità di chi legge e pensa questo mondo affascinante, solo in apparenza laterale, ma in verità portatore di linguaggi e punti di vista diversi, potenti, illuminanti. Un altro aspetto fondamentale delle Special Olympics è il loro carattere «unificante», cioè il fatto che, a differenza delle altre competizioni olimpiche, ad alcune discipline prendono parte sia atleti con disabilità sia normoatleti. Le Special Olympics sono una confederazione di differenze e diritti, denominatori comuni e singolarità straordinarie. C’è poi un aspetto «tecnico», se così vogliamo chiamarlo, a collegare in modo particolare il cosmo delle arti contemporanee e quello delle Special Olympics: il fatto che oggi una parte significativa della ricerca artistica ha un portato concettuale e mentale che travalica e sublima il mero mezzo espressivo adottato da questo o da quell’artista.
Come ci insegna la bellissima mostra torinese di Salvo, in corso alla Pinacoteca Agnelli fino al 25 maggio, si può «raffigurare» senza perdere un millimetro di abbrivio concettuale. Intitolando i capitoli principali del suo capolavoro Auto da fé «Il mondo senza testa» e «La testa senza mondo», il grande scrittore Elias Canetti rivela che ogni atto artistico moderno, oltre che un atto di linguaggio verbale visivo o di qualsiasi altro genere, è un atto di pensiero. Allo stesso modo, gli «special athletes» che gareggeranno a Torino sono straordinari artisti concettuali impegnati nel superamento costante dei propri limiti e interpreti di un approccio mentale allo sport, alla competizione e alla cooperazione sportiva. La disabilità in questi mirabili umani è spesso nascosta nel mistero della mente, ancor prima che del corpo, e perciò lo sforzo esemplare che mettono in atto è una vera e propria performance della testa che supera i propri stessi limiti incontrando il mondo. A mio parere la visione che Torino dovrà restituire è di una comunità allargata che apre le porte delle istituzioni culturali a una serie di incontri, grazie ai quali «il museo vivente» si guarda e si fa guardare negli occhi, dai formidabili umani che rendono speciali queste olimpiadi. La nostra specialità sarà essere all’altezza della vostra meravigliosa specialità.
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