«The Mau Mau War Veterans Association, Murang’a, Kenya, 2019», opera esposta alla mostra «Max Pinckers. State of Emergency-Harakati za Mau Mau kwa Haki, Usawa na Ardhi Yetu», a Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, parte del programma di Exposed

© Max Pinckers/MMWVA

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«The Mau Mau War Veterans Association, Murang’a, Kenya, 2019», opera esposta alla mostra «Max Pinckers. State of Emergency-Harakati za Mau Mau kwa Haki, Usawa na Ardhi Yetu», a Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, parte del programma di Exposed

© Max Pinckers/MMWVA

Torino «si candida» a capitale italiana della fotografia

La città fa rete: in maggio un festival, due centri e una fiera

Il tema non è domandarsi se Torino sia diventata la capitale italiana della fotografia o meno. Perché è una realtà di fatto. Nessuna città, nel nostro Paese, ha contemporaneamente due centri espositivi (Camera e Gallerie d’Italia), un festival internazionale (il nuovissimo Exposed Torino Foto Festival) e una fiera (The Phair) dedicati all’arte che si fa scrivendo con la luce. Dalla sua il capoluogo piemontese ha anche il fatto di conservare quella che Roland Barthes ha usato come la più alta metafora per spiegare la magia della fotografia: «Forse che non si può dire di lei [la fotografia] quello che dicevano i Bizantini dell’immagine di Cristo di cui la Sindone di Torino è impregnata, e cioè che non era fatta da mano d’uomo?». Verrebbe da dire che la città sabauda ha la fotografia nel suo Dna. Non è poco. Ma l’interrogativo giusto da porsi oggi è: «Che tipo di capitale vuole essere?». Le basta aver scalzato le tre città «sorelle», Parma-Reggio-Modena, o aver bagnato il naso alla Milano delle occasioni perse? Quali sono le sue ambizioni?

Il modo migliore per capire dove davvero si può arrivare è rimettere a fuoco la strada percorsa per giungere al presente. E la consacrazione definitiva è venuta grazie alla nascita di Exposed, manifestazione promossa da Città di Torino, Regione Piemonte, Camera di commercio di Torino, Intesa Sanpaolo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea Crt. Come si vede, all’appello non manca nessuno. Tutti i decision maker della città sono coinvolti. Anche le sedi espositive e museali sono in prima fila: Camera, Gallerie d’Italia, Castello di Rivoli, Museo Nazionale del Cinema, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Gam, Ogr. Non si sono tirate indietro neanche realtà cosiddette indipendenti: l’editore Witty Books e Mucho Mas!. Tutti sembrano aver creduto nel progetto e in una capacità di fare sistema che in Italia è sconosciuta. Sulla carta tutto è perfetto. Non ci sono motivi per pensare che la prima edizione di Exposed («New Landscapes», 2 maggio-2 giugno), diretta da Menno Liauw e Salvatore Vitale, non sarà un successo. Ma il risultato vero si vedrà nel medio-lungo periodo, quando si potrà misurare la qualità dell’impegno dei promotori e dei partecipanti. 

Le maggiori istituzioni cittadine votate alla fotografia, in questo senso, hanno optato per una programmazione mista tra progetti pensati ad hoc per il festival e mostre concepite in autonomia e in anticipo rispetto alla programmazione della kermesse. Gallerie d’Italia ospiterà per l’occasione il film «Beauty and The Beep» della giovane designer svizzera Simone Niquille, in concomitanza con la mostra principale «Cristina Mittermeier. La grande saggezza». Nonostante la grande fama dell’artista canadese, forse Mitch Epstein sarebbe stato un nome di maggior richiamo per il pubblico del festival, ma la sua mostra alle Gallerie è programmata da ottobre 2024 a marzo 2025. Camera, invece, in occasione del festival accoglierà «Heatwave», il progetto dell’artista sudcoreano Dongkyun Vak. Tuttavia i visitatori troveranno anche «Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra», inaugurata nel mese di febbraio. 

Certo, Exposed ha avuto tempi di incubazione brevi, che hanno forse avuto effetti sulla potenzialità di una programmazione del tutto sincronizzata tra le istituzioni della città. La sensazione è che, in futuro, però, il successo del festival dipenderà anche dall’impegno di Gallerie d’Italia e di Camera, veri barometri di questo sistema fotografia, ma anche di Sandretto, Merz, Gam, Rivoli, a proporre progetti attrattivi e di qualità (binomio per nulla scontato). 

Ai tempi d’oro di Frieze, la fiera più d’avanguardia di inizio millennio, Londra si vestiva a festa e le grandi istituzioni (Tate Modern, Royal Academy e l’arcipelago di supergallerie private) inauguravano nei giorni in cui in città arrivano collezionisti e operatori del settore da tutto il mondo. O meglio, il mondo dell’arte arrivava sulle rive del Tamigi perché in quei giorni si poteva vedere il meglio. Lo stesso vale, nel campo della fotografia, per Paris Photo. Se Torino vuole davvero diventare «the place to be», questo è il modello da seguire. 

Un altro capitolo è quello di The Phair, la fiera torinese del 3-5 maggio alle Ogr. Il mercato della fotografia d’arte in Italia è ancora molto acerbo. E il nostro Paese non ha bisogno di un’altra fiera di fotografia di medio livello. E qui Torino non può fare moltissimo da sola. Non basta che partecipino le grandi gallerie sabaude. Fino a che Galleria Continua, Massimo Minini, Lia Rumma, Massimo De Carlo non scenderanno in campo provando a vendere a Torino, nello stesso contesto, i capolavori di fotografia che hanno in pancia, non ci sarà alcuna svolta. 

Su questo gli organizzatori di Artissima dovrebbero interrogarsi, perché avrebbero gli strumenti per far prendere il volo a The Phair. Anche loro sono un player importante sulle rive del Po. E fino a che il mondo della fotografia si concepirà a prescindere dal mondo dell’arte contemporanea (come dinamiche di mercato e come linguaggio), la più giovane delle arti, col passare del tempo, rischia di diventare quella con più acciacchi. Le sfide sono molte per chi ha ambizioni elevate. Ma la buona notizia resta: l’Italia ha una capitale della fotografia che prima non c’era. Le premesse perché diventi una storia di successo ci sono eccome.

Tutto il programma a portata di mappa

Si parte con Camera-Centro Italiano per la Fotografia (via delle Rosine 18) che presenta l’1 maggio il lavoro del giovane artista coreano Dongkyun Vak nella personale «Heatwave». Al Castello di Rivoli dal 20 aprile è protagonista «Paolo Pellion di Persano-La semplice storia di un fotografo» mentre dal 2 maggio «Expanded With», una delle tre parti di cui si compone il progetto dedicato alla Collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea Crt, in collaborazione con la Gam e le Ogr. Alle Ogr (corso Castelfidardo 22) anche il group show «A View From Above» sul concetto di «prospettiva verticale» di Hito Steyerlo.

Al Cinema Massimo-Museo Nazionale del Cinema (via Giuseppe Verdi 18) dal 2 maggio Kalina Pulit, Michele Sibiloni e Wild Alchemy Lab animano il programma «Screenings», con proiezioni e incontri e dal 2 maggio a Palazzo Birago (via Carlo Alberto 16) Kalina Pulit porta in dialogo l’installazione foto-audio «Tender Loving Care».

Fondazione Merz (via Limone 24) presenta la collettiva «Sacro è» con opere di Tiphaine Calmettes, Matilde Cassani, Giuseppe Di Liberto, Quýnh Lâm, Tommy Malekoff, Lorenzo Montinaro, Gian Marco Porru e Lena Kuzmich, mentre sono quattro le mostre proposte dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Nella sede torinese (via Modane 16) Diana Anselmo con «Je vous aime» e la collettiva di opere fotografiche dalla collezione Sandretto «When We Were Old» insieme a The Otolith Group con «What the Owl Knowsa». Nella sede di Guarene (Cn), invece, il 18 maggio inaugura la mostra conclusiva della 18ma edizione del «Young Curators Residency Programme».

Il Mao Museo d’Arte Orientale (via San Domenico 11) ospiterà l’11 maggio alle 16 una conversazione tra il direttore Davide Quadrio e gli artisti e attivisti Shahidul Alam e Yasmine Eid-Sabbagh, «Il cono d’ombra: dove termina la democrazia e inizia la censura».

Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica (piazza Castello) ospita dal 9 aprile Max Pinckers con «State of Emergency-Harakati za Mau Mau kwa Haki, Usawa na Ardhi Yetu».

Gallerie d’Italia-Torino (piazza San Carlo 156) propone la mostra di Simone C. Niquille «Beauty and The Beep», dal 2 maggio, un film virtuale che segue le peripezie della sedia Bertil.

Al Museo Regionale di Scienze Naturali (via Accademia Albertina 15), Erin O’Keefe, architetta e fotografa, dal 2 maggio in «Non fiction» continua la sua indagine sulla natura della percezione spaziale attraverso la distorsione fotografica.

Nelle cucine storiche di Palazzo Carignano (via Accademia delle Scienze 5) dal 2 maggio Lebong Kganye in «Shall you return everything, but the burden».

Nella Pista 500 della Pinacoteca Agnelli (via Nizza 230), arriva il 2 maggio il progetto «Untitled» di Félix González-Torres (1957-96).

Dal 2 maggio vive anche al Polo del ’900 (piazzetta Antonicelli) l’opera di Mónica de Miranda, «As if the world had no West», che guarda alla terra come luogo di cura e liberazione reciproca.

A Villa della Regina (Strada Comunale Santa Margherita 79) con la mostra «True Colors» Mathieu Asselin dal 2 maggio mette in discussione la narrazione ecologica ingannevole dell’industria contemporanea.

All’Ex Galoppatoio della Cavallerizza Reale-Paratissima (via Giuseppe Verdi 5) dal 2 maggio è di scena Fin Serck-Hanssen con «Queer Icons», risultato di incontri tra il fotografo e gli autori Bjørn Hatterud e Caroline Ugelstad Elnæs con personalità queer.

Lo spazio Cripta747 (via Catania 15f) inaugura il 16 maggio l’installazione dell’artista inglese Graeme Arnfield «Cosmic Radiation», che nasce dal lavoro di ricerca sviluppato per produrre il film tecno-strobico «The Phantom Menace». 

Nello spazio Mucho Mas! (corso Brescia 89) dal 2 maggio l’artista vietnamita Hiê`n Hoàng racconta in «Across the Ocean» la discriminazione che sottende il concetto di «immigrato buono».

Da Witty Books (via Galliari 16a) Fabio Barile in «Works for a Cosmic Feeling» mostra un lavoro fotografico che si ispira a quel «sentimento oceanico» identificato da Romain Rolland nel riferirsi alla sensazione di unione con l’universo. 
 

Luca Fiore, 26 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

Torino «si candida» a capitale italiana della fotografia | Luca Fiore

Torino «si candida» a capitale italiana della fotografia | Luca Fiore