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È stato rivelato che più di 6.000 reperti, forse saccheggiati dai musei della Crimea, erano stati sequestrati dall’ufficio di un ex politico nella regione. Foto Genya Savilov/AFP tramite Getty Images

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È stato rivelato che più di 6.000 reperti, forse saccheggiati dai musei della Crimea, erano stati sequestrati dall’ufficio di un ex politico nella regione. Foto Genya Savilov/AFP tramite Getty Images

Traffico illecito dall’Ucraina all’Occidente

L’Icom con l’Interpol ha creato una Lista Rossa d’emergenza per il patrimonio minacciato, con le pattuglie di frontiera in «massima allerta» per sequestrare le opere d’arte rubate dai musei ucraini. Ma è troppo tardi?

Sophia Kishkovsky

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A pochi giorni dall’invasione russa di febbraio, i lavoratori dei musei ucraini già sapevano qual era la posta in gioco. All’inizio di marzo, Taras Voznyak, direttore della Galleria Nazionale d’Arte di Lviv, ha dichiarato: «Putin sa che senza arte, senza la nostra storia, l’Ucraina avrà un’identità più debole». La distruzione deliberata del patrimonio di un Paese è considerata dall’Unesco un crimine di guerra. Il Governo ucraino sostiene che, all’inizio di maggio, le forze russa avevano strategicamente saccheggiato più di 2mila oggetti, tra cui l’antico oro scita e sarmatico, dai siti del patrimonio nelle città occupate e in gran parte distrutte di Mariupol e Melitopol. Queste affermazioni non sono state verificate in modo indipendente.

Ora, mentre il conflitto armato continua a infuriare nell’Est dell’Ucraina, gli operatori culturali della porzione occidentale sono impegnati in una guerra culturale molto concreta: il difficile compito di impedire che i manufatti culturali ucraini finiscano nelle collezioni russe o entrino nel mercato nero internazionale.
Non appena è iniziata l’invasione, i funzionari dell’International Council of Museums (Icom) hanno iniziato a lavorare con i partner ucraini per redigere una Lista Rossa d’emergenza del patrimonio culturale a rischio, un documento compilato dagli operatori museali nelle zone di conflitto a cui possono accedere le autorità preposte all’applicazione della legge che possono potenzialmente entrare in contatto con i manufatti ucraini mentre vengono spostati illegalmente attraverso i confini nazionali.

Mentre la guerra sta per raggiungere gli otto mesi dal suo inizio, la lotta a favore del patrimonio artistico locale è stata sostenuta dalla pubblicazione di una lista specificamente dedicata all’Ucraina. «Il lavoro sulla Lista Rossa è iniziato all’inizio di aprile, spiega via email Anastasiia Cherednychenko, vicepresidente di Icom Ucraina. Abbiamo agito subito dopo che le truppe russe si sono ritirate dai sobborghi di Kyiv e dalla regione, a seguito delle azioni difensive delle Forze armate dell’Ucraina. Le collezioni museali nei territori occupati di Donetsk e Luhansk sono in grave pericolo dal 2014, quando la Russia ha invaso per la prima volta il territorio, continua Cherednychenko. Ora la situazione è diventata catastrofica. Oltre a singoli casi di saccheggio da parte dell’esercito russo, ci sono prove di furti di massa delle collezioni dei musei ucraini».

La Lista Rossa è opera di un vasto gruppo di musei provenienti espressione dell’intera società ucraina. Il Museo Nazionale delle Arti Bohdan e Varvara Khanenko, il Museo Nazionale Memoriale degli Eroi dei Cento Celesti e della Rivoluzione della Dignità (Museo Maidan) di Kyiv e il Museo Statale di Storia Naturale dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Lviv sono fortemente impegnati in questo sforzo.

Ma è ormai troppo tardi? A seconda del punto di vista, questa Lista Rossa può essere vista come una creazione rapida o una produzione lenta. Per fare un paragone, la Lista rossa della Siria dell’Icom è stata pubblicata nel 2013, più di due anni dopo lo scoppio della guerra civile nel 2011, mentre la Lista rossa dell’Afghanistan è stata creata nel 2006, cinque anni dopo lo scoppio della guerra alla fine del 2001.

L’anno scorso, l’Icom ha pubblicato una Lista Rossa incentrata su 45 musei in 10 Paesi dell’Europa sudorientale, tra cui Albania, Romania, Bulgaria, Serbia e Moldavia, che confina con l’Ucraina. Ma l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e la conseguente «guerra ibrida» in Ucraina avrebbero dovuto spingere l’Icom a creare con benmaggiore rapidità una Lista rossa ucraina, dicono gli addetti ai lavori.

Una lista per l’Ucraina in quel momento «sarebbe stata una progressione naturale, dice Ted Oakes, coordinatore della protezione del patrimonio culturale dell’Icom con sede a Parigi. La guerra in Ucraina ha solo accelerato il processo». Questa nuova Lista Rossa porta in evidenzia 50 oggetti provenienti da tutto il Paese, tra cui, dice Oakes, «icone religiose, arte popolare del XX secolo, tre dipinti del Realismo socialista, gioielli antichi e manufatti sciti».

Le Liste rosse non si concentrano sulle opere che sono già state rubate. Al contrario, elencano le tipologie di oggetti più a rischio. L’elenco viene distribuito in versioni che possono essere scaricate dai funzionari delle forze dell’ordine e della sicurezza delle frontiere che potrebbero imbattersi in oggetti culturali, ma che potrebbero non avere molta dimestichezza con l’arte.

Per raggiungere questo obiettivo, l’Icom ha avviato una stretta collaborazione con l’Interpol, che raccomanda che «le autorità di controllo delle frontiere rimangano in allerta per qualsiasi oggetto di valore che esca dall’Ucraina e che gli oggetti di sospetta provenienza siano controllati nel database delle opere d’arte rubate compilato dall’Interpol». «In Ucraina, la questione del traffico illecito di beni culturali è sempre stata al centro dell’attenzione, ci spiega un funzionario dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane (Omd). Tanto da essere parte integrante del curriculum di formazione nazionale per i funzionari doganali da diversi anni».

La protezione di Kyiv
Tutto questo si riflette nel Rapporto sul traffico illecito dell’Omd. «L’Ucraina è uno dei principali collaboratori quando si tratta di condividere informazioni sul numero di sequestri di beni culturali, afferma ancora il funzionario. L’annessione della Crimea, la guerra nel Donbas e la guerra attuale, in corso dal febbraio 2022, hanno solo esacerbato alcuni fattori e aggiunto nuove tendenze e modelli nel traffico che potrebbero non essere esistiti prima».

In giugno, la Procura Generale dell’Ucraina ha annunciato di aver scoperto a Kyiv un deposito di oltre 6mila oggetti antichi del valore di milioni di dollari, probabilmente saccheggiati dai musei della Crimea. Il ritrovamento è stato collegato al riciclaggio di denaro sporco nella regione separatista del Donetsk. Tra gli oggetti c’erano pugnali «akinakes» sciti e ceramiche tripliane, trovati nell’ufficio di Valery Horbatov, un ex parlamentare ucraino che era stato un alto funzionario in Crimea nei primi anni Duemila. 

Samuel Andrew Hardy, criminologo dei beni culturali e ricercatore in Patrimonio culturale e conflitti presso l’Istituto Norvegese di Roma, ha seguito da vicino l’Ucraina. Il suo lavoro in questo campo, definito «conflict antiquities», potrebbe essere il soggetto per un nuovo film di Indiana Jones. In agosto, Hardy ha condiviso il lavoro dell’archeologo Paul Barford, britannico ma residente a Varsavia, che aveva notato che su eBay un venditore con sede in Alabama offriva antichità Khazar provenienti dalla «regione sudorientale dell’odierna Russia europea», il che potrebbe essere un riferimento all’Ucraina.

Per le reti criminali transnazionali si tratta dei soliti affari. «Alcuni agenti delle forze dell’ordine russe non solo sono corrotti e prendono tangenti, ma sono attivamente coinvolti nel saccheggio e nel traffico, afferma Hardy. Ci sono saccheggiatori di antichità tra le forze di invasione». Hardy ha rintracciato nomi, email e indirizzi attraverso una ricerca open source. Non ha ancora trovato prove che i manufatti siano stati saccheggiati su ordine del Cremlino, e quindi del presidente Vladimir Putin, come sostiene il Governo ucraino. Hardy nota però che «la retorica nazionalistica russa» sostiene spesso che la Russia «è un custode del patrimonio culturale migliore dell’Ucraina» e che quindi meriterebbe di possederne i manufatti.

«Sappiamo che la gente in Russia ha acquistato oggetti saccheggiati in Ucraina», afferma Hardy. Gli oggetti sono arrivati in Spagna, Regno Unito e Austria attraverso percorsi tortuosi. «Alcune persone in Russia hanno reti commerciali che puntano a ovest». Prima della guerra, Hardy ha condotto sessioni di formazione con le forze dell’ordine ucraine. Ma il Governo non ha adottato le misure ufficiali per combattere il traffico, dice. «Gli attivisti del patrimonio culturale si sono impegnati a fondo, molto più dei colleghi di altri Paesi, per mettere in sicurezza il patrimonio del loro Paese, spiega Hardy. Si sono impegnati a combattere i saccheggi con un’attenzione “forense” che non ho trovato in nessun altro Paese».
 

È stato rivelato che più di 6.000 reperti, forse saccheggiati dai musei della Crimea, erano stati sequestrati dall’ufficio di un ex politico nella regione. Foto Genya Savilov/AFP tramite Getty Images

Sophia Kishkovsky, 26 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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