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L'immaginario gabinetto erotico del marchese De Sade

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L'immaginario gabinetto erotico del marchese De Sade

Tragico, erotico, illuminato: il Settecento secondo le Gallerie degli Uffizi

Fino al 28 novembre 2025 la mostra «Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi» racconta l'anima sfaccettata di un secolo cruciale per il Vecchio Continente

Sono l'autorevolezza dell'istituzione e la curiosità verso il nuovo ad accompagnare la prima mostra di Simone Verde come direttore delle Gallerie degli Uffizi. Un'atmosfera che si respira insieme ai primi profumi d'estate attraversando piazza della Signoria, la Loggia dei Lanzi e i portici che conducono al Museo. Passaggi in cui il visitatore può giustamente domandarsi: cosa aspettarsi da una mostra sul Settecento nella culla del Rinascimento? La risposta matura immediatamente varcata la soglia di «Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi» e non finisce di guadagnare strati mano a mano che ci si lascia alle spalle le sale che la compongono. 

Recuperando circa 150 opere invisibili da oltre un decennio a causa dei lavori di ampliamento del percorso espositivo, gli Uffizi allestiscono una profonda indagine sulle varie anime del XVIII secolo, anni in cui l'Europa, Firenze e il Museo stesso vissero momenti cruciali per la loro evoluzione. La coda dell'anciet regime, la fine apocalittica dei Medici, il dispotismo illuminato dei Lorena e l'Europa illuminista solo per citare alcune delle sezioni esposte, rappresentative degli scari epocali di cui il Settecento è stato protagonista. Al loro interno, capolavori di Goya, Tiepolo, Canaletto, Le Brun, Liotard, Mengs e tanti altri maestri restituiscono plasticamente gli scarti estetici avvenuti nella pittura, scultura e nelle arti decorative, riflesso di mutamenti storici e culturali di cui la creatività si è fatta interprete. E lo fanno con una teatralità che le aspettative non avevano previsto.

Un'immagine dell'esposizione con l'«Erezione della statua di un imperatore» di Gianbattista Tiepolo che sovrasta l'allestimento

Si parte dalla fine (dei Medici), con Cosimo III, il Gran Principe Ferdinando e Gian Gastone che al tramonto del loro regno provano a legittimare il proprio ruolo commissionando ritratti ipertrofici (in mostra un grande dipinto che Joan Richter ha dedicato a Gian Gastone) o ammiccanti (verso la Chiesa) opere religiose che avevano lo scopo di rinsaldare gli ultimi legami politici di valore a disposizione della casata. Opere come «Inginocchiatoio degli appartamenti reali» di Giovan Battista Foggini e «Crocifissione» di Sebastiano Ricci sono riunite in una sala studiata come una cappella, dove idealmente vediamo i Medici esprimere le loro ultime preghiere. E se immaginiamo gli uomini struggersi per insperati ribaltamenti bellici, sappiamo che l'ultima discendente dei Medici, Anna Maria Luisa, certificando nel 1737 la fine della dinastia, ne vincolò lo sterminato giacimento di opere a Firenze "per ornamento dello Stato". Fu il primo passo nella trasformazione degli Uffizi da scrigno dinastico di collezioni reali in museo moderno.

Un processo proseguito dai Lorena, con Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, che nel 1769 consentì ai cittadini, nel giorno della festa del santo Patrono di Firenze, San Giovanni (24 giugno) di visitare liberamente il museo. Se da una parte i nuovi regnanti non rinunciano ad auto celebrarsi, dall'altra parte aprono a un'arte meno canonizzata, sempre più volta alla restituzione del reale piuttosto che dell'ideale. E così alle opere dei grandi artisti europei, impegnati nel tentativo di allargare soggetti, autori e stili della pittura ufficiale. Una donna può essere ritratta durante la sua passeggiata a cavallo (Goya), così come una donna può dipingere, e può addirittura autoritrarsi (Anna Bancherini Piattoli), prefigurando l'epoca dei lumi in cui la ragione inizia a prevalere sulla tradizione e la singolarità dell'individuo, insieme alle sue particolarità, iniziano ad essere accettate e incentivate. Ne è un esempio la ricostruzione dell'immaginario gabinetto erotico che il marchese De Sade sul finire del XVIII secolo, dopo una visita agli Uffizi descrisse nel suo romanzo «Juliette», sintesi efficace della seduzione carnale che i marmi classici esercitavano sull’immaginario dei suoi contemporanei.

Anton Domenico Gabbiani, «Gloria di Santa Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli»

Una sala che emblematica dell'audacia e del senso teatrale con cui la mostra è stata pensata e realizzata. Pensiamo poi all'«Erezione della statua di un imperatore» di Gianbattista Tiepolo, posizionata sopra le teste dei visitatori, inclinata verso di loro a immergerli nella composizione, retta da una struttura che scompare dietro la monumentalità dell'opera. O anche al bozzetto, esposto nella sezione dedicata alle "prove", che Anton Domenico Gabbiani realizzò pensando alla cupola della chiesa fiorentina di San Frediano in Cestello. Raffigurante la «Gloria di Santa Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli», l'opera del 1701 è inserita in una cupolina ricavata nella struttura temporanea della mostra, che nel buio che si crea tutt'intorno sembra proiettarsi verso il cielo come tipico degli sfondati prospettici meglio riusciti. 

E ancora al cantiere di restauro ‘live’ del «Matrimonio mistico di Santa Caterina de' Ricci» di Pierre Subleyras, recente acquisizione delle Gallerie degli Uffizi. Troviamo il capolavoro Settecentesco poggiato su un grande cavalletto, con una luce chiara che lo rischiara. Accanto ad esso la restauratrice, con camice, occhiali e strumenti del mestiere, che ricuce le trame lievemente danneggiare del dipinto. Operazione uguale e contraria a quella condotta dai curatori della mostra Simone Verde e Alessandra Griffo (responsabile della Pittura del Settecento del Museo), che le trame del Settecento le hanno sbrogliate, restituendo al pubblico la visione estetica di un secolo sfaccettato, dove arte, politica e società si sono fatte interpreti di cambiamenti strutturali che avrebbero cambiato l'Europa per sempre.

Il restauro ‘live’ del «Matrimonio mistico di Santa Caterina de' Ricci» di Pierre Subleyras

Davide Landoni, 28 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Tragico, erotico, illuminato: il Settecento secondo le Gallerie degli Uffizi | Davide Landoni

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