David Tremlett davanti ai silos dell’ex Caffarri a Reggio Emilia

Foto: Piergiorgio Casotti

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David Tremlett davanti ai silos dell’ex Caffarri a Reggio Emilia

Foto: Piergiorgio Casotti

Tremlett ha fatto «suonare» i silos di Reggio Emilia

Doppio appuntamento con l’artista britannico: un intervento permanente sull’ex mangimificio Caffarri e una mostra con 70 opere nei Chiostri di San Pietro

«Nel mio sopralluogo iniziale a Reggio Emilia presso l’ex mangimificio Caffarri, spiega David Tremlett, ricordo che la prima idea riguardava più che altro la facciata dell’edificio ristrutturato. Ma poi, osservando questi grandi silos, ho iniziato a sognare un po’ e ho pensato: “Questo è un oggetto immenso che quasi oscura la facciata. Che cosa farne? Come artista, posso trasformare un oggetto funzionale abbandonato e inutilizzato in qualcosa che durerà per molto tempo ancora e che potrebbe diventare l’emblema della zona, il suo logo? Dunque concettualmente da oggetto funzionale a emblema aspirazionale?”. Quindi i silos sono stati trasformati in una partitura musicale. Questa è la conclusione a cui sono giunto: colore e ritmo si congiungono. Naturalmente non si sente alcun suono, ma in quello che ho cercato di realizzare c’è musicalità». 

L’artista britannico (Dartford, Regno Unito, 1945) illustra in questi termini il suo nuovo intervento permanente «The Organ Pipes» (Le canne dell’organo), nato da una proposta di Marina Dacci, che dall’11 ottobre è visibile presso l’ex Caffarri, un esempio di archeologia industriale riqualificato per ospitare la Fondazione Reggio Children, il Centro di Riciclaggio Creativo Remida, The Lego Foundation, il Centro Teatrale MaMiMò e una palestra. Un luogo dalle molteplici funzioni culturali, che allarga l’offerta pubblica di arte contemporanea pensata per vari siti reggiani (nel 2003-06 sono stati collocati lavori di Sol LeWitt, Robert Morris, Luciano Fabro, Eliseo Mattiacci e nel 2022 di Joan Fontcuberta) all’attuale opera di grandi dimensioni: l’artista della Cornovaglia ha operato sui 13 silos, con facciata di 100 metri quadrati e altezza di oltre 11 metri, presenti in un’area dalla superficie di oltre 50mila metri quadrati (più di cento i litri di colore acrilico utilizzati). 

In occasione del nuovo lavoro dall’11 ottobre al 9 febbraio 2025 viene inaugurata anche la rassegna «Another Step», curata da Marina Dacci ai Chiostri di San Pietro. «La mostra è un omaggio alla ricerca di Tremlett e abbraccia un periodo molto esteso della sua produzione, dagli anni Settanta ad oggi, spiega Dacci. Concepita non come percorso cronologico né tantomeno come un’antologica, si  sviluppa su alcuni elementi chiave che da sempre hanno segnato il suo lavoro: lo stretto legame sinestesico corpo-spazio che l’artista impiega durante il viaggio alla scoperta dei luoghi; le cadenze sonore e linguistiche che accompagnano la sua esplorazione dello spazio e la sua modalità di stringere relazioni; il rapporto con la natura e quello specifico con l’architettura, mosso da uno spirito che coniuga esperienza fisica ed elaborazione mentale per restituire manufatti che possano donare al visitatore nuove visioni dei luoghi che frequenta o in cui vive». 

La rassegna si compone di una settantina di opere, molte mai esposte prima, tra disegni e composizioni in vari materiali prestati dall’artista e da collezionisti privati, realizzati tra il 1969 (i primissimi «La Porte dans arrière» e il collage fotografico «Studies for a Movement») e il 2023 (pastello su carta «Sketch for a wall (cut)»), presenti lungo il percorso ai Chiostri suddiviso in otto sezioni, una delle quali è dedicata al disegno preparatorio, allo statement e a un video informativo di «The Organ Pipes». «Tremlett ama definirsi scultore: come porta all’interno dell’opera, fatta di segni e colori connessi alla bidimensionalità del supporto, il gesto scultoreo? Anche con la mano che non diventa solo mezzo, ma collante sensuale, ponte tra fisico e mentale. Una mano che produce partiture segniche, che genera passaggi di energia: dal fuori al dentro e poi di nuovo fuori nella produzione dell’opera. I disegni realizzati con grafite, inchiostri e pastelli su carta, i collage presenti in mostra ci portano dentro, ci immergono in uno spazio, riattivando in chi guarda una dimensione esperienziale e immaginativa a tutto tondo», conclude Marina Dacci. Il catalogo (Gli Ori) documenta sia l’installazione permanente sia la mostra con i testi della curatrice e di Luca Massimo Barbero

«Plan for a Wall #3» (2022) di David Tremlett

Stefano Luppi, 09 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Tremlett ha fatto «suonare» i silos di Reggio Emilia | Stefano Luppi

Tremlett ha fatto «suonare» i silos di Reggio Emilia | Stefano Luppi