In occasione della Buchmesse 2024, dedicata all’Italia, dal 10 ottobre al 12 gennaio lo Städel Museum dedica ai maestri del disegno barocco italiano la mostra «Fantasia e passione: disegni dai Carracci a Bernini». Per gli artisti del Seicento italiano il disegno fu componente tanto centrale della loro poetica da dargli dignità di medium artistico autonomo. Eseguiti a penna e pennello o a gesso nero o rosso, i 90 fogli barocchi italiani esposti dalla collezione museale (schizzi, studi o singoli lavori indipendenti) mostrano ampia composizione, movimento e dinamicità, chiaroscuri drammatici, eccezionale espressività.
La mostra è concepita come un Grand Tour nei principali centri italiani del Barocco in Italia: Bologna e Roma sono presenti con molte opere, seguite da Firenze, mentre meno numerosi ma non minori sono gli esempi da Genova, Marche e Napoli (Venezia fu già in mostra nel 2006-07). Fra i disegni esposti, accanto al «Ritratto maschile di tre quarti verso destra» (1635 ca) di Gian Lorenzo Bernini, spiccano quelli bolognesi. A Bologna (con Roma il più importante centro del Barocco italiano) Annibale Carracci (1560-1609), il fratello Agostino (1557-1602) e il cugino Ludovico (1555-1619) crearono con l’Accademia degli Incamminati una vera riforma dell’arte del secondo Cinquecento centrata sull’aderenza al vero e lo studio della natura, a contrasto del Manierismo diffuso. Negli «Studi di san Girolamo» di Agostino Carracci (1600-02) si coglie l’attenta ricerca della soluzione compositiva ideale a mostrare il corpo vigoroso del santo in tre diverse pose devozionali, mentre in «Amore che suona il flauto con Sileno in Arcadia» (1597-1600 ca) di Annibale Carracci, luce calda del meriggio e refrigerio dell’ombra sono resi in modo perfino palpabile. La delicatezza espressiva di Giovanni Francesco Barbieri il Guercino (1591-1666), insieme ai Carracci fra i pittori bolognesi più prolifici di disegni, è presente in collezione con molti fogli, seppur non tutti di certa attribuzione ma solo di cerchia, e fra i primi spicca la «Cena in Emmaus» (1619 ca). Ancora da Bologna, ma cent’anni dopo,
Giovan Gioseffo dal Sole (1654-1719) con l’intimista, soave «Madonna col Bambino» (1700 ca). Da Firenze, invece, vengono Andrea Sacchi (1599-1661), Carlo Maratti (1625-1713) e il suo allievo Giuseppe Passeri (1654-1714), di cui «Angelo incorona sant’Andrea e un santo Cavaliere» stupisce per la frenesia pittorica, esaltata dalla colorazione rossa della carta e dall’esecuzione a pennello, e poi Cristofano Allori (1577-1621): suo lo «Studio di ragazzo con cappello» (1600 ca), dallo sguardo obliquo e ammiccante, e Stefano della Bella (1610-64) con la travolgente «Caccia al Cervo» del 1654. Da Genova, la cui arte conobbe scambi vivaci col resto d’Europa, le opere di Giovanni Benedetto Castiglione il Grechetto (1609-64) portano la tecnica non convenzionale del pennello inumidito in olio di lino prima di immergerlo nel pigmento, così da ottenere pennellate umbratili la cui diversa trasparenza o opacità crea una rarefatta profondità.