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A sinistra un’illustrazione di Peter Crowther e a destra l’opera di Jason Seiler per la copertina del numero del 29 dicembre 2025 del «Time» con, da sinistra, Mark Zuckerberg, Lisa Su, Elon Musk, Jen-Hsun Huang, Sam Altman, Demis Hassabis, Dario Amodei e Fei-Fei Li

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A sinistra un’illustrazione di Peter Crowther e a destra l’opera di Jason Seiler per la copertina del numero del 29 dicembre 2025 del «Time» con, da sinistra, Mark Zuckerberg, Lisa Su, Elon Musk, Jen-Hsun Huang, Sam Altman, Demis Hassabis, Dario Amodei e Fei-Fei Li

Un demiurgo freddo che produce realtà parallele: il «Time» incorona l’IA e i suoi architetti «Persona dell’anno»

La scelta della rivista statunitense giunge in un momento di estrema delicatezza, dove il potenziale di efficienza promesso dall’Intelligenza Artificiale si scontra con le sue pesanti ombre etiche e sociali. L’IA è una tecnologia che promette un mondo senza attriti, problemi e ribellioni, dove ogni critica può essere digerita e riproposta come un innocuo contenuto

Mauro Zanchi

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L’elezione dell’Intelligenza Artificiale, o meglio degli Architetti dell’Intelligenza Artificiale, a «Persona dell’Anno 2025» da parte della rivista statunitense «Time» è un evento che sottolinea un cambiamento epocale e segnala una forte presenza alternativa alla fotografia indessicale, ovvero quell’immagine che, per sua natura, contiene un legame fisico (un «indice») con ciò che rappresenta, alla traccia prelevata dalla vita stessa e dagli accadimenti storici. 

La fotografia, intesa come medium documentario o registrazione di un evento accaduto in un preciso istante, è stata messa in crisi dalla generazione di immagini che non sono più impronte lasciate dal reale, ma proiezioni probabilistiche di un desideratum umano o algoritmico, immagini fotorealistiche provenienti da spazi latenti, che agiscono per mezzo di dinamiche vettoriali e statistiche. La rivista statunitense ha implicitamente dichiarato l’IA come il nuovo standard di produzione di immaginari e di dati memoriali alternativi. 

Una versione della copertina di «Time Magazine» cita l’iconica «Lunch atop a Skyscraper» del 1932, dove gli operai sono stati sostituiti dai Ceo del futuro digitale (Mark Zuckerberg, Lisa Su, Elon Musk, Jen-Hsun Huang, Sam Altman, Demis Hassabis, Dario Amodei e Fei-Fei Li), intesi come architetti di un nuovo cantiere globale, sospesi su una trave d’acciaio, sopra la metropoli americana e pronti a gestire la nuova economia dell’immaginario. Questa messa in scena celebra la costruzione attuale, ma denuncia anche l’altezza vertiginosa e l’isolamento decisionale. La loro posizione ribadisce che la forza algoritmica non neutrale e piena di «bias» è il risultato di scelte economiche progettate più di un decennio fa, che concentrano potere e responsabilità etica in una ristretta oligarchia, in grado di controllare ogni dettaglio, dall’analisi di big data all’automazione dei processi complessi, capaci di mettere in scacco il tessuto della libertà individuale e collettiva. Coloro che forgiano il nuovo mondo, replicando l’audacia degli operai del ’29 ma senza la loro funzione democratica di base, sono collocati pericolosamente al di sopra delle masse che lo abiteranno. Essi sono i detentori del codice, i nuovi demiurghi, il cui arbitrio riflette intenzioni, interessi e modelli culturali ben poco neutri. 

La seconda versione della copertina raffigura gli stessi Ceo dare ordini a collaboratori e a operai sottoposti, entro una struttura a forma delle lettere A e I, avvolta come in un cantiere edile da ponteggi e impalcature temporanee, per sottolineare la transizione da un potere fisico a un potere basato su scaffalature di dati e architetture algoritmiche. Essi sono i nuovi padroni del cantiere globale dell’IA, un’architettura in costruzione che, come il boom edilizio di New York, genera ricchezze sproporzionate per pochi, mentre ridefinisce la vita per tutti gli altri. L’IA è l’esito diretto e calcolato di decisioni umane, che concentrano potere e responsabilità in una nuova élite del codice. Nel 2025, l’ascesa di Nvidia a leader globale, la prima a superare i 5mila miliardi di dollari di capitalizzazione, cristallizza il trasferimento di sovranità economica dal capitale industriale tradizionale a quello computazionale.

L’onnipresenza algoritmica, enfatizzata dalla diffusione di strumenti come Meta AI nei principali social network, o di ChatGPT o di Gemini, è l’evidenza che l’IA è una vera e propria infrastruttura operativa di controllo cognitivo, già pienamente integrata, capace di esercitare un impatto strutturale simultaneo su economia, governance e molti altri settori produttivi. Già a ottobre, il Future of Life Institute ha lanciato un allarme globale, chiedendo un divieto sullo sviluppo della superintelligenza artificiale, finché non ne sia garantita la completa controllabilità. 

Parallelamente, un’inchiesta del «Financial Times» ha quantificato la minaccia economica e ha svelato come l’IA stia alimentando truffe online basate sulla creazione rapidissima di contenuti visivi realistici, con stime di frodi nel solo settore finanziario che potrebbero toccare i 40 miliardi di dollari entro il 2027. Sul fronte economico, la sostituzione della manodopera con sistemi algoritmici è un dato di fatto: i massicci licenziamenti negli Stati Uniti nel 2025 (un aumento del 175% rispetto all’anno precedente) confermano la logica intrinseca dell’automazione, con previsioni allarmanti, che stimano la disoccupazione al 20% nei prossimi anni.

L’incoronazione da parte della rivista «Time» di un demiurgo freddo che produce realtà parallele, minando la distinzione tra accaduto e simulato, giunge in un momento di estrema delicatezza, dove il potenziale di efficienza promesso dall’IA si scontra con le sue pesanti ombre etiche e sociali. Il dibattito non dovrebbe limitarsi all’innovazione fine a sé stessa, ma interrogarsi sull’assenza di un quadro normativo adeguato a fronte di una velocità di adozione che distrugge il tempo necessario alla riflessione. L’IA riflette gli interessi e i modelli culturali di chi la progetta e il prezzo di questa efficienza si manifesta in una progressiva delega decisionale che mina l’autonomia individuale. Per quanto riguarda le questioni relative alle immagini e ai Visual Studies, il fulcro della critica si sposta sulla crisi della referenzialità visiva. L’IA, grazie alla sua capacità di creare contenuti fake e deepfake con velocità e realismo inauditi ha disattivato la nostra fiducia nella veridicità delle immagini. La fotografia contemporanea, intrappolata tra la nostalgia della referenzialità perduta e l’inevitabilità della sintesi, si trova ora a dover elaborare strategie di resistenza non contro la macchina, ma contro la delega di giudizio e l’annullamento della sua funzione documentaria a favore di una funzionale fabbricazione del consenso ottico.

Forse il segno più ambiguo della nuova era è la capacità dell’IA di neutralizzare il conflitto culturale. L’esempio di Spotify, dove le band che boicottavano la piattaforma sono state sostituite da una generazione algoritmica capace di imitarne suono e testi, rivela un sistema che non solo assorbe il dissenso ma lo rende superfluo attraverso la simulazione perfetta. L’IA è una tecnologia che promette un mondo senza attriti, problemi e ribellioni, dove ogni critica può essere digerita e riproposta come un innocuo contenuto.

Ora che l’IA può assurgere al ruolo di infrastruttura operativa, fungere come un vero e proprio sistema nervoso che incide con pervasività strutturale su ogni dominio della realtà contemporanea (dall’economia del lavoro alla ricerca scientifica, dalla genesi dell’informazione alla produzione culturale), la vera sfida non è ovviamente fermare l’innovazione, ma garantire la sovranità decisionale umana sul codice, impedendo che l’efficienza algoritmica diventi pervasivamente la gabbia dorata della nostra presunta e ingannevole libertà.

Le ragioni della scelta

Di seguito pubblichiamo le motivazioni del riconoscimento riportate dal «Time».

«“Person of the Year” è un modo efficace per focalizzare l’attenzione del mondo sulle persone che influenzano le nostre vite. E quest’anno nessuno ha avuto un impatto maggiore delle persone che hanno immaginato, progettato e realizzato l’Intelligenza Artificiale. Sarà l’umanità a determinare il futuro dell’Intelligenza Artificiale e ognuno di noi può contribuire a definirne la struttura e il futuro. Il nostro lavoro l’ha addestrata e sostenuta, e ora ci troviamo a muoverci in un mondo sempre più definito da essa. Anche se la crescita di questi modelli si basa su percorsi neurali che sembrano copiare i nostri (imparano, parlano, discutono, persuadono e, sì, la loro capacità di fare queste cose può essere tanto spaventosa quanto sorprendente) sappiamo che c’è una differenza tra noi e la nostra creazione. Per questi motivi, riconosciamo una forza che ha dominato i titoli dei giornali dell’anno, nel bene e nel male. Per aver portato l’era delle macchine pensanti, per aver stupito e preoccupato l’umanità, per aver trasformato il presente e trasceso il possibile, gli Architetti dell’IA sono la “Person of the Year 2025” del “Time”».

Mauro Zanchi, 17 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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