Julia Halperin
Leggi i suoi articoliTra il 1915 e il 1970 sei milioni di afroamericani presero il treno per trasferirsi dal Sud rurale degli Stati Uniti alla volta delle città del Nord, in cerca di una vita migliore. La Grande Migrazione, una delle più significative rivoluzioni demografiche nella storia degli Usa, avrebbe influenzato ogni aspetto della cultura americana, ma resta «una delle storie meno raccontate del XX secolo», come ha ricordato la storica Isabel Wilkerson nel suo libro The Warmth of Other Suns del 2010. I racconti migliori di quanto avvenne sono quelli di artisti, musicisti e poeti. Per celebrare il centesimo anniversario della Grande Migrazione, il MoMA presenta dal 3 aprile al 7 settembre una selezione del loro lavoro. La maggiore attrazione sono i 60 pannelli della serie «Migration» dipinti nel 1940-41 dall’afroamericano Jacob Lawrence. Lawrence aveva 23 anni quando realizzò queste ambiziose immagini, immediatamente salutate come una magistrale reinvenzione moderna della pittura storica. Il MoMA e il collezionista Duncan Philips acquistarono ciascuno 30 pannelli. Lawrence utilizzò una struttura apparentemente semplice: 60 piccoli dipinti a tempera, ognuno con la sua didascalia, per affrontare soggetti politici complessi, dai pregiudizi nell’esercizio della giustizia agli scontri razziali di St Louis. Il risultato è che molte di quelle opere, alla luce delle recenti tensioni fra comunità afroamericana e polizia, sono oggi particolarmente attuali. La mostra, sponsorizzata dalla Ford Foundation, ha richiesto più di due anni di organizzazione, ma i lavori sono partiti subito dopo la morte di Trayvon, ucciso da un vigilante in Florida nel 2012, e la decisione della suprema corte di ridimensionare l’ambito di azione del Voting Rights Act, la legge che, promossa da Martin Luther King, proibisce discriminazioni razziali sul diritto di voto. Per offrire ai visitatori la percezione dell’ambiente sociale di Lawrence, la mostra comprende anche altre opere di quel periodo, come poesie di Claude McKay, musica di Billie Holiday e quadri di Romare Bearden. «È importante raccontare la storia della propria gente, spiega la curatrice Leah Dickerman. È questo il messaggio che Lawrence voleva trasmettere». La serie «Migration», afferma la Dickerman «ha un tipo di montaggio con un effetto molto cinematografico, una forte spinta narrativa e un senso continuo di movimento». Nel 2016 la mostra si trasferirà alla Phillips Collection di Washington.
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