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Arabella Cifani
Leggi i suoi articoliL’occasione della grande mostra su Orazio Gentileschi (Pisa, 1563-Londra, 1639) che si apre a Torino, nelle Sale Chiablese dei Musei Reali dall’8 novembre al 14 aprile 2026, ha portato frutti nuovi e una giusta e doverosa ricalibratura della figura di questo illustre maestro, ultimamente troppo spesso offuscato dalla sua ingombrante figlia. Sono riapparsi quadri nuovi di Orazio, fra cui un bellissimo «Cristo benedicente», destinato a divenire un caposaldo della sua pittura, che sarà esposto in mostra e a cui Stefano Causa ha dedicato un libro piccolo ma succoso e colorato come una pesca nettarina.
Il Cristo, rosa e oro e colorato con tonalità dove prevale un rosa carico, quasi cosmetico, è «radioso come un surfista» e benedice con ampio gesto. Dal capo si irradia una raggiera di luce quale nemmeno la Torch Lady, che sorregge la fiaccola della Columbia Pictures, potrebbe emanare, e dove, in controluce, si legge la scritta «PAX IN VIRTUTE», tratta dal Salmo 122 di Davide: un augurio prezioso. Causa, con una scrittura sincopata e originale (una sorta di balletto intellettuale fra lui e Gentileschi che merita lettura), stende una tessitura sapiente di riferimenti e legami che vanno da Caravaggio a Pomarancio, ai riferimenti ai «pittori senza tempo» di fine Cinquecento romano come Giuseppe Valeriano, Scipione Pulzone, Cesare Nebbia.
Il fondamentale Longhi del 1916, Gentileschi padre e figlia, fa da basso continuo in queste meditazioni anche nei rapporti che lancia fra il pisano, Vermeer e gli olandesi di metà Seicento e cui aveva già accennato anche Longhi, che riteneva Orazio addirittura come l’anello mancante fra Caravaggio e Vermeer e ne ipotizzava un passaggio in Olanda dove avrebbe imparato a gustare certi «gialli luminosi e gli azzurri cerulei» prima dell’approdo finale in Inghilterra dove andrà a morire.
Nel nome del Padre. Orazio Gentileschi tra Caravaggio e Vermeer
di Stefano Causa, ita./ing., 48 pp., ill., Paparo, Napoli 2025, € 15
La copertina del volume
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