Giovanni Curatola e Marco Spallanzani
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Il 7 giugno, dopo una chiusura di oltre dieci mesi, riapre la Sala Islamica del Bargello, museo la cui collezione di opere d’arte islamica è per qualità una delle più importanti in Italia. Già nel XV secolo esponenti di casa Medici, quali Piero dei Medici e Lorenzo il Magnifico, raccolsero notevoli esemplari di oggetti provenienti da Oriente. Questo anche in virtù dei rapporti commerciali e politici che Firenze aveva nel Rinascimento con le potenze musulmane d’oltremare (i Mamelucchi in Egitto e gli Ottomani in Turchia). Lo testimoniano, in questa sala, sei opere in metallo (due bruciaprofumi, una brocchetta, una scatola emisferica, una ciotola con versatoio e una «coppa rituale») tutte di provenienza granducale, alcune delle quali furono esposte fra i tesori più preziosi nella Sala della Tribuna agli Uffizi. Non solo metalli; anche la lastra in marmo che proviene da una moschea dell’Alto Egitto, un’ascia cerimoniale e la giacca da parata, opera unica al mondo, hanno la medesima origine.
Sono poi state le grandi donazioni di collezionisti a fine Ottocento e agli inizi del Novecento a rendere possibile una sezione islamica del Museo. L’antiquario e collezionista francese Louis Carrand ha lasciato in eredità al Bargello capolavori assoluti. La vetrina con gli avori cofanetto (Spagna, X secolo), l’elefantino scacco (Iraq, X secolo), le placchette figurate (Egitto, XI-XII secolo), presenta opere molto rare e fra le più famose al mondo. La parte più consistente della collezione è quella dei metalli. Qui sono numerosi i capolavori, come l’imponente brocca (Egitto o Siria 1363-77), il vaso da Mosul, Siria (1259), la coppa siriana con decorazione astrologica (XIII-XIV secolo), il bruciaprofumi sferico (1317-35). La donazione di Giulio Franchetti (1909) di ben 642 tessuti di straordinario pregio integra e completa quella del Carrand; solo una minima selezione può essere esposta a rotazione.
Anche le ceramiche, in particolar modo le mattonelle di rivestimento parietale, sono ben rappresentate. Spiccano quelle a «lustro metallico», di provenienza persiana (XIII secolo) e quelle in vivace policromia di ambito ottomano (XVI secolo). Alle pareti un grande tappeto (cosiddetto «Lotto») di provenienza anatolica e una rarissima coppia di «mamelucchi» dall’Egitto (XVI secolo) questi ultimi di recente acquisizione dello Stato e destinati a questo museo. Le arti decorative islamiche tutto sono tranne che «minori». Sono opere rappresentative di una cultura molto estesa geograficamente (dalla Spagna alla Cina) e con un’ampia cronologia: qui dal X al XVII secolo. Questi ornati estremamente raffinati hanno sempre affascinato la cultura occidentale. L’epigrafia, non necessariamente religiosa, in vari stili di scrittura, è dappertutto e si alterna a decorazioni geometriche e floreali: i tipici arabeschi. Non mancano le immagini figurative, perché la rappresentazione umana non è proibita, bensì limitata all’ambito privato. Il Museo Nazionale del Bargello fu fondato nel 1865. La Sala Islamica è stata creata nei primi anni ’90 del secolo scorso con la consulenza scientifica degli scriventi, che hanno curato anche questa nuova disposizione. L’allestimento (vetrine Goppion) è dello studio Guicciardini & Magni di Firenze. Il coordinamento è stato di Ilaria Ciseri.