Ermanno Rivetti
Leggi i suoi articoliNel 1995 la collezionista Patrizia Sandretto Re Rebaudengo istituiva la sua Fondazione: «In Italia pensiamo solo alla conservazione del patrimonio culturale, che però non esisterebbe se in passato non ci fossero state persone che credevano nell’arte del proprio tempo»
Lo scorso novembre, durante Artissima, un consistente gruppo di personalità di spicco del mondo internazionale dell’arte si è dato convegno a una cena offerta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo presso lo spazio espositivo temporaneo della sua Fondazione a Rivoli. Occorre dire che molte persone di questo ben introdotto gruppo di curatori, collezionisti, artisti e altri professionisti del mondo dell’arte dovevano conoscere molto bene le attività della Sandretto, visto che si trattava essenzialmente di una celebrazione del primo ventennale della Fondazione. Eppure, per molti di loro, ciò che hanno visto a Rivoli è stata una grossa sorpresa: una selezione di pezzi eccezionali, in gran parte degli inizi delle carriere di artisti quali Richard Deacon, Urs Fischer, Philippe Parreno, Damien Hirst, Anish Kapoor e Fischli & Weiss. E questi rappresentano solo una piccola parte di una collezione di arte contemporanea, oltre mille opere, che la Sandretto iniziò a riunire nel 1992. È stata una potente tattica: possiamo avere solo 20 anni, sembrava dire, ma questa non è che la punta dell’iceberg. L’evidente passione della Sandretto nel collezionare e condividere arte contemporanea, oltre alla sua abilità nel circondarsi delle persone giuste, hanno aiutato la fondazione senza fini di lucro ad attirare su di sé un’attenzione di livello internazionale. Dispone di un programma di mostre di artisti giovani ed emergenti in continua evoluzione, un programma didattico di ampio respiro e collabora con istituzioni straniere, come per la prossima mostra dell’americano Avery K. Singer, aperta dal 12 febbraio al 12 aprile, che è stata curata da Beatrix Ruf e proposta in precedenza presso la Kunsthalle di Zurigo.
Collezionare arte contemporanea non è stata una scelta scontata per Patrizia Sandretto, figlia di un ricco industriale torinese, cresciuta in mezzo alla collezione materna di porcellane Meissen. Sebbene l’arte abbia sempre fatto parte della sua vita (dagli antichi maestri all’Arte povera), è stato dopo il suo viaggio a Londra nel 1992 e l’incontro con Nicholas Logsdail della Lisson Gallery e con un giovane Jay Jopling che è scoppiato il suo amore per l’arte contemporanea e ha iniziato a collezionare. Ha cominciato con l’arte inglese, e in particolare con la nuova scultura britannica degli anni Ottanta. Dice che le visite agli studi, tra gli altri, di Anish Kapoor, Julian Opie e Grenville Davey, le hanno cambiato la vita, facendola orientare verso l’allora emergente scena degli Yba. Nonostante l’energia della Londra di quell’epoca, il mercato dell’arte attraversava un periodo nero. «Mi compiaccio di essere stata attenta, ma mi sono anche trovata nel posto giusto al momento giusto, afferma la collezionista. I galleristi offrivano con disinvoltura le loro opere migliori in un periodo in cui a Londra esplodeva questa nuova generazione di artisti». Ha fatto crescere la sua collezione acquistando sul mercato primario, direttamente dagli artisti se questi non avevano un agente, o commissionando opere lei stessa (regole che segue ancora oggi). «È un modo per essere parte del processo, spiega. Ho comprato all’asta solo una volta o due». E quell’attenzione agli artisti emergenti è diventata da allora il metodo del suo approccio al collezionismo. «È stata determinante per la carriera di molti artisti divenuti celebri solo in seguito», afferma Ossian Ward, attuale responsabile dei contenuti della Lisson Gallery. La Fondazione ha preso avvio a Torino nel 1995 come mix tra una Kunsthalle, che ospita esclusivamente mostre temporanee, e i Fonds Regionaux d’Art Contemporain francesi (Frac, fondazioni regionali d’arte contemporanea che dispongono di una collezione propria). «All’epoca era una novità, continua la Sandretto. In Italia non c’erano fondazioni, solo la Fondazione Prada, che venne istituita all’incirca nello stesso periodo».
Successivamente, nel 1997, ha aperto un secondo spazio nel Palazzo Re Rebaudengo del XVIII secolo, proprietà di famiglia, a Guarene d’Alba. Sebbene la sua collezione sia in prestito alla Fondazione, l’istituzione non è stata creata per esporla. Gioca invece un ruolo in un programma culturale molto più complesso ideato dal critico e curatore Francesco Bonami, che è stato direttore artistico dell’istituzione dal suo primo anno di attività. Una mostra annuale promuove giovani e poco noti artisti italiani, mentre opere dalla collezione sono regolarmente inviate all’estero per mostre presso istituzioni quali la Whitechapel Gallery di Londra (2013) e il Centro de Arte Contemporáneo di Malaga (2014), e la Fondazione finanzia regolarmente la produzione di opere per le sue mostre e per eventi come la Biennale di Venezia, compresi pezzi per Maurizio Cattelan (2001), Steve McQueen (2007), Goshka Macuga (2009), Meris Angioletti (2011) e Ragnar Kjartansson (2013). Solo il 18% del budget operativo annuale di 2 milioni di euro della Fondazione proviene da fondi pubblici (regionali). «In Italia si è trattato del primo esempio di istituzione privata con una missione pubblica, con esposizioni innovative e programmi didattici», aggiunge Bonami. La Fondazione ha stabilito un programma annuale di quattro mesi di residenza per il quale tre curatori stranieri, selezionati presso le principali scuole internazionali, sono invitati a recensire gallerie d’arte contemporanea e studi di artisti italiani, attività che culmina nell’allestimento di una mostra di artisti italiani presso la sede torinese. La Fondazione forma anche «mediatori», studenti d’arte e giovani professionisti, a discutere (gratuitamente) ogni aspetto di una mostra in corso con i visitatori. Più recentemente, nel 2013, ha collaborato con la Serpentine Gallery di Londra e con il progetto di ricerca 89plus per istituire i Re Rebaudengo Serpentine Grants per artisti nati a partire dal 1989 e che operino con i video (il premio ha finanziato le nuove opere dei vincitori che dovevano essere esposte a Torino).
Uno dei vincitori della prima edizione è stato l’italiano di nascita, residente a Berlino, Riccardo Paratore. Il condirettore della Serpentine e amico di lunga data della Sandretto, Hans Ulrich Obrist, mette l’accento su come Paratore non fosse mai stato esposto prima in Italia: «Patrizia sta effettivamente portando alcuni artisti italiani in Italia per la prima volta». Questo investimento sulla scena artistica nel suo Paese natale è importante per la Sandretto: «Ho sentito il dovere di lavorare in Italia e di sostenere gli artisti» dice, specialmente perché l’Italia è ancora molto indietro rispetto al Nord Europa, relativamente al sostegno statale all’arte contemporanea. «D’altronde la sfera privata è stata sempre molto importante in Italia». Se il Castello di Rivoli è stato creato nel 1984 con fondi regionali, il primo museo di arte contemporanea in Italia effettivamente sovvenzionato dallo Stato è nato solo nel 2009 con l’ambizioso, ma carente di fondi, MaXXI di Roma. «In Italia pensiamo solo alla conservazione e al patrimonio culturale, ma disponiamo di questo patrimonio solo perché, nei secoli passati, c’era gente che credeva nell’arte del proprio tempo, prosegue la Sandretto. Senza di loro non avremmo Canova, Tintoretto o Michelangelo».
La Sandretto, con Riccardo Rossotto, senior partner di R&P Legal, ha costituito il Comitato promotore per le Fondazioni Italiane d’Arte Contemporanea, cui hanno aderito 15 fondazioni private italiane di arte contemporanea come Fondazione Trussardi, Fondazione Merz, Città dell’arte-Fondazione Pistoletto, Fondazione VOLUME! e Palazzo Grassi di François Pinault, per «creare un’unica voce e usare le nostre relazioni internazionali per lavorare insieme e allargare il nostro pubblico». A un recente meeting presso la sede della Fondazione Sandretto, il ministro Dario Franceschini ha dichiarato di voler collaborare personalmente con il comitato per promuovere l’arte contemporanea a livello nazionale. «Questo è un passo importante per noi perché gli artisti italiani stanno soffrendo, conclude la Sandretto. Noi (la Fondazione) lavoriamo da vent’anni e godiamo ora della credibilità internazionale necessaria per presentare gli artisti italiani all’estero. Questo è il prossimo passo e, con l’aiuto del ministro, potremo compierlo». La Sandretto ha realizzato molto più di tante altre fondazioni d’arte contemporanea. Invece di limitarsi a partecipare alla scena artistica contemporanea italiana, sta contribuendo a definirla.
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