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Letizia Battaglia, Palermo, Quartiere La Cala, 1980, La bambina con il pallone

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Letizia Battaglia, Palermo, Quartiere La Cala, 1980, La bambina con il pallone

Battaglia per le donne

Al Museo Civico di Castelbuono i ritratti femminili della fotografa palermitana

Chiara Coronelli

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Castelbuono (Palermo). Fotoreporter di cronaca per “L’Ora” di Palermo fin dal 1969; fondatrice nel 1974 dell’agenzia Informazione Fotografica, con il compagno e collega Franco Zecchin; prima donna europea a ricevere lo Eugene Smith Award, nel 1985 ex aequo con Donna Ferrato; Assessore alla Vivibilità nella prima giunta di Leoluca Orlando; direttore tra il 2000 e il 2003 di “Mezzocielo”, rivista nata da una sua idea nel 1991: per raccontare Letizia Battaglia non basta definirla “fotografa della mafia e dei morti ammazzati”, per quanto quella violenza tragica sia il terreno dove si è sviluppata la sua opera, oltre che la sua immediata riconoscibilità. La sua è una vita densa, ottant’anni di coinvolgimento, dal volontariato al giornalismo, dagli incontri importanti come quello con Pasolini alla testimonianza dei giorni più bui della sua Palermo, dallo sdegno per quello che vede alla passione per il suo lavoro, per la sua città, per la giustizia. La profonda attenzione che nutre tutta la sua fotografia non ha cedimenti, e le immagini di “Qualcosa di mio”, la personale da poco inaugurata al Museo Civico di Castelbuono (fino al 6 marzo), ne sono una prova ulteriore. Con la stessa forza con cui ha ripreso i delitti di mafia e le piaghe riflesse nel circostante tessuto sociale, Letizia Battaglia ha fotografato donne e bambine, vittime silenziose di un mondo malato, con cui lei ha sempre avuto un rapporto “di rabbia e di dolcissima disperazione”. Nei loro volti, raccolti nella rassegna curata da Alberto Stabile e Laura Barreca, si ritrova anche il senso delle sue parole: “La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e come tanto altro ancora. L’ho vissuta come acqua dentro la quale mi sono immersa, mi sono lavata e purificata. L’ho vissuta come salvezza e come verità”.

Letizia Battaglia si rivolge a loro anche per ritrovare una dimensione diversa da quella della tragedia, andando a scovare il loro “sguardo grave, profondo, quello dei sogni delle bambine”, come racconta della ragazzina fotografata con il pallone in mano, forse il più famoso di questi ritratti. Inquadra questa metà del cielo portando alla luce incertezze e speranze, la paura di un’ostilità che arriva dalla propria terra come il coraggio, appunto, dei sogni. “Le donne sono capaci di esprimere qualcosa che gli uomini non sono capaci di esprimere. Un altro modo di vivere, di esistere, di amare, di procedere nel mondo”.

Letizia Battaglia, Marta, 2009

Uno scatto di Letizia Battaglia nella mostra «Qualcosa di mio»

Letizia Battaglia, Monreale, 1979, La bambina non è andata a scuola

Letizia Battaglia, Palermo, Quartiere La Cala, 1980, La bambina con il pallone

Chiara Coronelli, 06 dicembre 2015 | © Riproduzione riservata

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Battaglia per le donne | Chiara Coronelli

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