Edek Osser
Leggi i suoi articoliRoma. Oltre cinquanta giornalisti, una ventina di telecamere, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e addirittura il presidente del Consiglio Matteo Renzi: questo ieri pomeriggio nella vasta sala della biblioteca del Ministero per la presentazione alla stampa dei venti direttori dei maggiori musei italiani, dei quali 7 stranieri, vincitori del concorso internazionale lanciato dal Ministero nel settembre 2014, da poco nominati ma non ancora insediati.
Non c’è stato tempo per una vera conferenza stampa. Cinque domande in tutto a Renzi e Franceschini; i neodirettori non hanno parlato: per loro si è trattato soltanto di una spettacolare foto di gruppo. Soltanto alla fine alcuni di loro hanno fatto brevi dichiarazioni.
Nella sua premessa, Franceschini ha detto che queste nomine segnano soltanto l’inizio di un percorso: non soltanto per adempiere al dettato dell’art. 9 della Costituzione, ma per dare una svolta al turismo culturale e al progresso del Paese.
Ha poi contestato quelli che esaltano i numeri dei visitatori dei grandi musei stranieri, Louvre, National Gallery, Metropolitan ecc. confrontandoli con quelli degli Uffizi, o del Colosseo o di Pompei. Paragoni improponibili, ha spiegato Franceschini, facendo notare che «nel 2014 i musei statali italiani hanno superato, nell’insieme, i 40 milioni di visitatori, più della somma dei 5 maggiori musei del mondo». Con la riforma del Ministero, ha detto anche Franceschini, si è voluto separare tutela e valorizzazione, due aspetti dello stesso problema: «Abbiamo dato ai 20 grandi musei un’autonomia che è anche contabile e amministrativa. Colmiamo così il grave ritardo che ci separava da molti Paesi».
Ancora più ad ampio raggio il breve discorso del presidente del Consiglio: «La cultura, ha affermato Renzi, è la ragion d’essere della convivenza in questa fase di crisi della Comunità europea. Abbiamo un’emergenza, nel momento in cui l’idea stessa dell’appartenenza è messa in discussione».
Renzi ha parlato poi della necessità di affermare un modello di museo di tipo anglosassone, più capace di innovare, con meno burocrazia, non più destinato a una élite ma fatto per i cittadini. La nostra idea, ha concluso, è che «dobbiamo tutti tornare a credere nel futuro, a pensare che questo non è un paese “finito”».
I 20 direttori nominati non sono ancora insediati. Lo saranno man mano: gli ultimi dovrebbero essere operativi entro dicembre. Franceschini ha poi promesso a chi aveva chiesto trasparenza sulle procedure seguite per le nomine dei venti direttori, che tutto sarà chiarito al momento degli incarichi, compresa l’indicazione della terna di candidati tra i quali la commissione presieduta da Paolo Baratta ha fatto la sua scelta.
A chi chiede più personale, che oggi manca anche per tenere aperti i musei e farli funzionare, Franceschini ha risposto chiarendo che, oltre al blocco, resta la norma che vieta nuove assunzioni prima di aver esaurito il personale delle provincie abolite e che per questo si faranno scelte mirate. Ha anche detto che comunque verrà superato il principio secondo il quale l’organico dei custodi viene ancora misurato in base al numero di sale di ogni museo.
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