Luana De Micco
Leggi i suoi articoliL’inchiesta sul presunto traffico di antichità che coinvolge Jean-Luc Martinez imbarazza Parigi. L’ex presidente direttore del Louvre, che nel 2015 era stato l’autore di un rapporto ufficiale sulla protezione del patrimonio culturale nelle zone di conflitto, dopo le distruzioni in Siria e Iraq, è oggi sospettato di aver «partecipato direttamente al funzionamento di un traffico internazionale» di antichità, secondo l’Ocbc, l’Ufficio centrale contro il traffico di beni culturali.
Il 26 maggio Martinez è stato indagato per riciclaggio e associazione a delinquere, accusato di aver permesso nel 2016 l’acquisizione illecita di reperti egizi destinati al Louvre Abu Dhabi, per un totale di 15,2 milioni di euro, tra cui una stele funeraria di granito rosa della XVIII dinastia, con il sigillo di Tutankhamon. Il Louvre e il Louvre Abu Dhabi si sono costituiti parte civile.
Il Ministero della Cultura, con una decisione senza precedenti, ha annunciato la creazione di una «missione di controllo» delle procedure di acquisizione dei beni culturali, le cui conclusioni sono attese per quest’estate. Il 3 giugno ha anche sospeso una parte delle funzioni che Martinez ricopriva come ambasciatore speciale dell’Aliph, l’Alleanza internazionale per la protezione del patrimonio nelle zone di conflitto, fondata a Ginevra nel 2017 su iniziativa dell’ex presidente François Hollande e dello sceicco di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed Al Nahyan. L’attuale direttrice del Louvre, Laurence des Cars, ha confermato, in un comunicato, «il solido partenariato» che lega i due musei.
Per Parigi il caso è delicato anche sul piano diplomatico. La Francia, tramite il Louvre, è legata ad Abu Dhabi da un fruttuoso accordo di collaborazione culturale firmato nel 2007, che ha portato all’apertura, nel 2017, del Louvre Abu Dhabi. «Se Parigi si preoccupa di garantire buone relazioni con Abu Dhabi, ha scritto il giornale online «Mediapart» in un’inchiesta pubblicata il 3 giugno, è anche perché gli Emirati Arabi sono uno dei suoi principali clienti in materia di vendita di armi».
«Mediapart» ricorda che lo scorso dicembre, quando la cooperazione per il Louvre Abu Dhabi è stata prolungata di dieci anni, fino al 2047, Parigi aveva annunciato poco dopo la vendita agli Emirati di 80 aerei da guerra Rafale, un contratto da 16 miliardi di euro. «Cultura e armi sono intrecciate. Se uno dei due pilastri cede, si chiede il giornale, anche l’altro vacilla?».
Jean-Luc Martinez, archeologo, è stato alla testa del Louvre dall’aprile 2013 all’agosto 2021. È stato anche presidente del Consiglio scientifico dell’Agence France Muséum (Afm), un ente creato ad hoc incaricato di coordinare i prestiti dei musei francesi ad Abu Dhabi e la politica di acquisizioni del nuovo museo. Secondo l’Ocbc, che indaga dal 2018, l’Afm era diventata un «formidabile strumento a disposizione dei trafficanti». Gli inquirenti ne hanno messo in evidenza le numerose «negligenze professionali». Martinez, da parte sua, ha negato ogni responsabilità. Per i suoi avvocati, è stato «vittima dei trafficanti».
L’inchiesta non coinvolge solo il Louvre. Nel 2020, il giudice Jean-Michel Gentil aveva accusato di riciclaggio e associazione a delinquere anche Christophe Kunicki, esperto in egittologia della casa d’aste Pierre Bergé & Associés che, per diversi milioni di euro, aveva venduto antichità, munite di falsi certificati, al Metropolitan di New York. È da Kunicki che il Louvre Abu Dhabi ha acquistato nel 2016, per 8,5 milioni di euro, la stele col nome di Tutankhamon. Il quotidiano «Libération» ha rivelato che lo stesso oggetto era già stato proposto al Louvre nel 2001 e che all’epoca era sorto il dubbio che fosse frutto di saccheggi.
Anche nel 2017 l’egittologo Marc Gabolde aveva sollevato dubbi sull’origine della stele e ne aveva parlato tra l’altro con Vincent Rondot, direttore del Dipartimento delle Antichità egizie del Louvre (anche lui interrogato dai magistrati). Secondo l’Ocbc, l’ex direttore del Louvre «ha trasgredito le regole deontologiche, non ha rispettato il principio di precauzione e ha sfruttato la sua posizione dominante per portare a termine le acquisizioni per il Louvre Abu Dhabi».
Il giornale web «Mediapart» ha sollevato interrogativi anche in merito ad altre decisioni assunte da Martinez e che hanno permesso un uso del marchio «Louvre» a fini commerciali, ben al di là di quelli legati alle attività del museo: per esempio per un progetto immobiliare ad Abu Dhabi denominato «Louvre Residences» e composta da centinaia di appartamenti di lusso con vista sul museo.
Altre questioni riguardano poi la politica di acquisizioni portata avanti dall’ex direttore per il museo parigino. Viene ricordato l’acquisto, nel 2020, di un grande dipinto di Tiepolo, «Giunone fra le nuvole», del 1735 circa. La rivista online «La Tribune de l’Art» e altri media specializzati avevano criticato «lo stato mediocre» dell’opera, poi confermato dal C2Rmf, il Centro di ricerca e restauro dei musei di Francia, e sottolineato che l’acquisto era avvenuto senza l’accordo del direttore del Dipartimento dei Dipinti del Louvre, Sébastien Allard. Malgrado lo stato di conservazione, l’opera era stata acquistata per 4,5 milioni di euro da un mercante italiano, Pier Franco Grosso, di base a Monaco.
Nella storia del dipinto inoltre c’è una fase oscura: s’ignora a chi sia appartenuto tra gli anni ’30 e ’40, ma si sa che più tardi era entrato nella collezione di un senatore vicino a Mussolini. Un conservatore del museo, anonimo, sentito da «Mediapart», non esclude che l’opera possa essere stata trafugata. Se così fosse, dovrebbe essere restituita. Nel caso delle antichità egizie, gli inquirenti dell’Ocbc dovranno chiarire come è avvenuta la loro esportazione dall’Egitto: potrebbe dunque porsi la questione di un’eventuale restituzione. Le opere potrebbero essere state trafugate nel 2011 durante il caos delle Primavere arabe.
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