Alessio Vigni
Leggi i suoi articoliLo scorso venerdì 19 marzo è stato presentato l’ultimo lavoro di JR, artista che ci sorprende regolarmente con opere di grande impatto visivo in luoghi e contesti sempre diversi. «La Ferita», è questo il titolo della sua ultima opera site specific che è stata installata sulla facciata di Palazzo Strozzi a Firenze.
Si tratta di un collage fotografico in bianco e nero tipico dello stile dell’artista, costruito e pensato come uno squarcio visivo del bugnato murario del Palazzo, in modo da creare un gioco illusionistico in cui spazi interni e ambienti immaginari si aprono verso l’esterno. Il messaggio dell’opera è chiaro e immediato: denunciare e riflettere sull’accessibilità negata non solo a Palazzo Strozzi ma a tutti i luoghi della cultura nell’epoca del Covid-19.
Il carattere estetico dell’opera e il suo fascino illusionistico hanno fatto passare in secondo piano una peculiarità dell’opera stessa: la sua natura di opera d’arte urbana. Ciò che nasceva come azione di strada non autorizzata, lontano dalle istituzioni quanto dal sistema dell’arte, assume adesso la dimensione di un avvenimento artistico legittimo, sostenuto da grandi organizzazioni culturali.
L’arte urbana da sempre ha basato la sua essenza sul postulato che il mondo esterno fosse un enorme spazio museale, uno spazio espositivo libero e fruibile da tutti. La recente operazione artistica di JR ha «utilizzato» il linguaggio tipico dell’arte urbana per ricondurre il pubblico agli spazi ufficiali della cultura, pur mantenendo la sua natura di arte outdoor: l’opera viene assunta dal sistema ufficiale come «strumento» per veicolare un messaggio importante.
In un momento in cui la cryptoarte e le opere digitali fanno il loro rumoroso ingresso nel mercato dell’arte è interessante osservare che sono ancora le azioni artistiche realizzate nel mondo reale e urbano ad affascinare la maggioranza del pubblico.
Tornando in conclusione all’opera di JR si apre nuovamente una riflessione importante tra arte urbana e i luoghi ufficiali della cultura, due mondi che all’apparenza sembrano distanti e lontani. Durante questo anno di chiusura e di difficoltà si è compresa l’importanza dei luoghi e degli spazi che si dedicano ogni giorno alla cultura, come gli enti museali, le fondazioni, le biblioteche, i teatri, le gallerie d’arte e ci siamo resi conto del servizio pubblico che svolgono all’interno della comunità.
L’azione artistica di JR ricorda un passo dell’opera di Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal. Nel XII capitolo, il personaggio Anselmo Paleari, durante uno spettacolo di marionette a Roma, che rappresenta un adattamento della tragedia Elettra di Sofocle, pone un ragionamento fondamentale: se la marionetta di Oreste, nel momento in cui sta per uccidere la madre, venisse sorpreso da uno strappo nel cielo di carta che fa da sfondo al teatrino, come potrebbe reagire? Quella «ferita» dello sfondo, su cui fino a quel momento si era sviluppata l’intera scena, porterebbe il personaggio di Oreste a ripensare alle proprie certezze su cui basa il suo agire?
Lo «strappo» artistico, così come nell’opera di Luigi Pirandello, anche adesso dovrebbe essere in grado di riempirci di dubbi. Il gesto di JR potrebbe essere una di quelle azioni capaci di mostrarci la realtà per quel che è veramente. L’arte urbana e i grandi luoghi ufficiali dell’arte non offrono forse lo stesso servizio alla comunità? Lo «squarcio» tra questi due mondi, che sono sempre stati visti come due entità contrapposte, sarà stato forse necessario per comprendere che non siano altro che due facce della stessa medaglia?
«Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.
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