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La copertina del volume

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La grande Bellezza siciliana

Sono ben dieci i siti dell'isola presenti nella lista Unesco del patrimonio dell'umanità

Silvia Mazza

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Non solo le opere frutto dell’artificio dell’uomo, ma anche i monumenti, i palazzi o le ville nel Rinascimento potevano essere mirabili, degni di ammirazione, e persino suscitare meraviglia, se straordinari e fuori dal comune. È nel solco di un particolare genere della letteratura periegetica e di viaggio, i «mirabilia» (famosi i Mirabilia Urbis Romae) che potremmo idealmente inserire anche la collana «leSicilie», della casa editrice siracusana Erreproduzioni, giunta al suo quindicesimo titolo (dopo il primo dedicato al Castello di Donnafugata, si ricordano L’oro di Scicli, Modica di pietra e luce o Il cielo sopra Taormina, fino agli ultimi Siracusa Capitale del teatro e Palermo patrimonio Unesco) con Sicilia sotto il segno dell’Unesco (80 pp., ill. a colori, testi in italiano e inglese, Siracusa 2015, € 32,00) di Aurelio Angelini, direttore della Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia. La prefazione è di Fabio Granata, direttore culturale della collana, che con quest’ennesimo contributo rinnova la sua indefessa iniziativa, ancora oggi trasversalmente riconosciutagli, che si è concretizzata in particolare durante gli anni in cui è stato assessore regionale ai Beni culturali e poi al Turismo (2000-2006), tesa alla valorizzazione della «grande Bellezza» della Sicilia, per usare le sue stesse parole.

In una sapiente calibratura di scritto e documento visivo, gli scatti di Lamberto Rubino, di altissima qualità, accompagnano il testo autorevole e allo stesso tempo essenziale, senza «orpelli», per non deviare in riferimenti eruditi o in vicende critiche il lettore-viaggiatore. Raffinata è, poi, la scelta editoriale, propria della collana, di individuare la sezione centrale al volume riservata al testo principale mediante l’uso di una carta patinata lucida che mette in valore anche i particolari iconografici degli apparati decorativi, introducendo ai vertici formali e stilistici raggiunti dalle arti in Sicilia. Mentre prefazione e postfazione sono in carta usomano che ben si appresta alla riproduzione delle incisioni di Houël.
I siciliani «“inconsapevoli”, scambiavano le cause con gli effetti e, dimenticando, rinnegavano la propria straordinaria Storia e quella sublime stratificazione culturale che aveva fatto della Sicilia la chiave di tutto. Ma, ancora una volta, con una straordinaria potenza evocatrice, fu Dioniso a indicare la strada perduta determinando una nuova attenzione e un “ritorno alla Terra”»: la prefazione di Granata è un forte richiamo all’identità e al suo autentico significato, non in contraddizione con i valori universalistici riconosciuti a questo eccezionale patrimonio. E l’importanza del valore identitario viene riconosciuta pure da Angelini, quando ricorda che tutelare il patrimonio culturale significa «anche rafforzare la coesione sociale, ampliare l’offerta culturale e ricreativa con nuove iniziative, facendo dei territori Unesco i poli di attrazione e mettendo a profitto la vocazione di questi luoghi. Restaurare il paesaggio, infatti, non deve per forza voler dire congelare un’identità o una situazione: in questo caso deve tradursi in interventi che s’innestano e seguono una dinamica d’inarrestabile mutamento». Perché il patrimonio non è un dato metafisico, fissato una volta per tutte, ma un universo multiforme, che trova la sua dimensione viva nella «partecipazione»; ogni atto partecipativo implementa la cultura di nuovi significati e allo stesso tempo consente alla collettività di maturare quella consapevolezza culturale che rappresenta la condizione migliore per un approccio molteplice al patrimonio.

E quello siciliano è davvero notevole, possedendo il più alto numero di riconoscimenti dall’Unesco, ben dieci, tra patrimonio materiale e immateriale: i sette siti inseriti nella World Heritage List (Whl) - la Valle dei Templi, la Villa Romana del Casale, le Isole Eolie, il Val di Noto, Siracusa e Pantalica, l’Etna, Palermo arabo normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale (del luglio di quest’anno) - insieme a «L’Opera dei Pupi» e «La vite ad alberello di Pantelleria», nel patrimonio immateriale (Ihl), oltre al fatto che la Regione può vantare «la propria centralità nel rappresentare il bene immateriale transnazionale: “La dieta mediterranea”», ricorda, infine, Angelini. E laddove si conclude il «viaggio» di quest’ultimo nella storia di ciascun sito designato nella Lista, col monito a che la valorizzazione del patrimonio non debba «intendersi solo come il recupero del passato, ma significa dare un senso e un futuro alla sua storia, alla cultura di accoglienza, di convivenza e di meticciato, che in questa terra ha assunto le sembianze di una filosofia, rappresentando una vera e propria koinè del Mediterraneo», attacca l’altro «viaggio», quello di una delle più alte voci del Grand Tour: Jean-Pierre Houël col suo Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari, alle cui pagine affidò la memoria del suo lungo passaggio in Sicilia tra il 1776 e il 1779. Parole antiche, senza tempo, che consegnano ai posteri queste «meraviglie» dell’Umanità.

Duomo di Monreale

Mosaici della sala di re Ruggero, Palazzo Reale, Palermo

La copertina del volume

Balcone Ventimiglia a Caltagirone

Silvia Mazza, 16 novembre 2015 | © Riproduzione riservata

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